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 2014  novembre 04 Martedì calendario

Brittany Maynard s’è tolta la vita, «presumibilmente» sabato scorso, in casa sua, sdraiata sul letto, musica a tutto volume, al fianco il marito, la madre, il patrigno e il suo amico medico, inghiottendo le pillole letali che aveva comprato in farmacia molti giorni prima tramite regolare ricetta

Brittany Maynard s’è tolta la vita, «presumibilmente» sabato scorso, in casa sua, sdraiata sul letto, musica a tutto volume, al fianco il marito, la madre, il patrigno e il suo amico medico, inghiottendo le pillole letali che aveva comprato in farmacia molti giorni prima tramite regolare ricetta. Non si hanno dettagli, non si sa nulla dei funerali, al momento non ci sono neanche dichiarazioni e il «probabilmente» tra virgolette della prima riga è stato pronunciato da Sean Crowley, dell’associazione Compassion & Choice, il quale ha anche detto: «Brittany è morta, ma il suo amore per la vita e la natura, la sua passione e il suo spirito continuano a vivere».

È la ragazza col cancro al cervello, vero?
Sì, cancro diagnosticato a gennaio. Brittany, 29 anni, una qualunque ragazza di San Francisco, giovane e sorridente, appena laureata in Psicologia a Berkeley, sposata da poco, destinata a vivere una vita felice col marito Dan e a fare tanti figli (questo nei suoi propositi), soffriva di mal di testa sempre più atroci, e andò dai medici, e i medici, fatte le lastre e le altre analisi, le dissero del tumore in testa. Però, aggiunsero, si poteva operare, si poteva ridurre, forse si potevano avere ancora dieci anni di vita buoni. Brittany ci credette, andò sotto i ferri e invece ad aprile il tumore aveva ripreso a gonfiarsi, in una forma ancora più aggressiva. Globlastoma di quarto livello. «Quanto posso vivere?». «Sei mesi». Brittany decise che era meglio non aspettare.  

E lo fece sapere a tutti.
Convocò la famiglia, spiegò che il suo amore per la vita era tale che non avrebbe accettato di farsi mangiare dal cancro, di farsi devastare il corpo. Si trasferirono tutti in Oregon, uno dei cinque stati che ammette il suicidio assistito, espletò le pratiche, anche in queste cose c’è parecchia burocrazia, ebbe quindi la ricetta per comprare in farmacia i veleni necessari. Non so che cosa le abbiano dato, gli americani che giustiziano i condannati a morte con la siringa adoperano triopenthal di sodio, bromuro di pancuronio e cloruro di potassio. Costa 70 dollari, garantirebbe una morte dolce.  

Come si spiega la decisione di far sapere a tutti che si sarebbe uccisa il 1° novembre? Perché fin dalla prima uscita lei indicò questa data: «1° novembre».
Posso confessarle che ho sempre avuto il sospetto che fosse una truffatrice? Una matta a cui piaceva apparire sui giornali? Lunedì scorso il video in cui racconta la sua storia e spiega quello che vuole fare è stato visto da nove milioni e mezzo di persone. Come mi sono sbagliato! Come ho sottovalutato la capacità di controllo dell’informazione in America! Perché la scelta di Brittany aveva un importante contenuto politico, incoraggiare gli stati americani che non ammettono ancora il suicidio assistito a introdurlo nella loro legislazione. E quindi, da quando è cominciata la battaglia, le stanno vicini quelli di Compassion & Choice, il cosiddetto “Partito dell’eutanasia” che si batte per l’introduzione della dolce morte ovunque. Ha detto Brittany: «Decido solo io. Avere in tasca il farmaco col quale posso togliermi la vita mi dà un po’ di libertà: non dipendo più totalmente dalla malattia che mi devasta. Amo la vita ma proprio per questo non voglio ridurmi in condizioni miserabili. Voglio morire con dignità».  

In America ci sono state polemiche a non finire. I difensori della vita hanno accusato il partito dell’eutanasia di aver manovrato Brittany come una marionetta. Le copertine sarebbero state ritoccate per farla apparire più bella, insomma una gigantesca e imbarazzante operazione mediatica.
Sì, ha suscitato forti emozioni specialmente la lettera di Kara Tippets, 36 anni, malata terminale di cancro al seno. «Ti hanno imbrogliata. La morte non è così terribile, è una parte della nostra vita che può avere un grande valore spirituale». Un altro medico, Ira Boyck, specialista nelle cure palliative, ha sostenuto che oggi le cure palliative ti consentono di morire con dignità senza ricorrere al suicidio. Ho visitato il centro di Cuneo dove si accolgono i malati che non hanno una speranza di vita superiore ai due mesi, devo dire che ne ho ricavato un’impressione enorme di umanità, dignità, spiritualità, un piccolo gruppo di uomini e donne (parlo dei medici e degli infermieri), di cui non si occupa nessuno e che non so se definire santi o eroi.  

Quindi Brittany ha torto.
Ma figuriamoci se mi permetto di giudicare una simile tragedia. La Chiesa condanna, chi crede condanna, ma io domando: qualcuno è capace di sostenere che Dio si permetterà di mandare quella poveretta all’inferno?