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 2014  ottobre 31 Venerdì calendario

Luigi De Magistris è di nuovo sindaco di Napoli. Dopo il sì al ricorso, l’ex magistrato esulta: «Che calvario, oggi è ’nu juorno buono». Poi suggerisce a Berlusconi di rivolgersi ai suoi avvocati. Una sceneggiata del diritto

Corriere della Sera
Gli «elettricisti» del Pd hanno un bel dire sugli handicap della sinistra retrò, quella che non sa dove inserire i gettoni dell’iPhone. «Vengo a staccare la spina a de Magistris», aveva promesso Lorenzo Guerini, il vicesegretario di Renzi, quando a ottobre era piombato a Napoli per disarcionare del tutto il sindaco sospeso. Si è visto! Non solo quella spina non è stata mai staccata, non solo l’opposizione si è rivelata incapace di presentare una mozione di sfiducia, ma per assurdo accade che de Magistris possa ora tornare al Comune più motivato di prima. 
La sentenza del Tar Campania, che ha accolto il suo ricorso e che sospende la sospensione decretata in applicazione della legge Severino, lo rimette in sella almeno fino a quando sul suo caso non si esprimerà la Corte costituzionale. Mesi, dunque. Poi arriverà la prescrizione dell’abuso di ufficio per cui de Magistris è stato condannato e a quel punto addio sogni di gloria.
Ma per una partita che si chiude, molte altre si riaprono. Da Napoli arriva infatti un poderosa spallata alla legge Severino, contestata un tempo solo dalla destra e difesa ormai solo da Raffaele Cantone, il presidente dell’Autorità anticorruzione. Sebbene il parallelo tra de Magistris e Berlusconi sia possibile fino a un certo punto, essendo stato l’uno condannato in primo grado e l’altro in via definitiva, il punto che ora si mette in discussione è proprio la retroattività della legge: se fosse applicabile, cioè, per reati commessi prima della sua approvazione. Il Tar Campania ha ritenuto legittime le obiezioni sollevate dalla difesa di de Magistris. Il Parlamento e i giudici che hanno deliberato su Berlusconi non hanno invece avuto dubbi, nonostante le argomentazioni e le insistenze del leader di Forza Italia e dei suoi avvocati. 
Infine, questa vicenda napoletana dimostra quanto strumentali siano, nel dibattito pubblico, le distinzioni tra garantisti e giustizialisti. E quanto pesi invece l’opportunismo del giorno per giorno. Nel caso de Magistris, le parti si sono clamorosamente rovesciate. Il sindaco, di solito giustizialista e convinto che il sospetto di colpevolezza debba prevalere sulla forma, si è appellato al principio della presunzione di innocenza, mentre l’opposizione, Pd in testa, che si vanta di aver recuperato uno spirito garantista, ha approfittato di una legge discutibile per chiedere le dimissioni del sindaco: precedenza assoluta alla sostanza presunta. Come se a decretare il fallimento della giunta de Magistris dovesse essere la Severino e non l’iniziativa politica sul campo. Ora il sindaco ex sospeso cita ispirato De André: vado avanti «in direzione ostinata e contraria». A questo punto, c’è solo da sperare che non torni ad agitare la bandana degli esordi. 
Marco De Marco
 
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la Repubblica
È come se gli avessero ridato la bandana, nuova di zecca. Anche se stavolta Luigi de Magistris non espone la fascia, e la città chiede soluzioni, oltre ogni battaglia personale. «Il sistema politico e affaristico ci aveva piantato le unghie addosso. Ma Napoli non molla, non si piega. Oggi è ‘nu juorno buono», citando Rocco Hunt. Lo sguardo di nuovo acceso, il lampo del vincitore. Poi un boato, braccia in alto in mezzo al suo staff, è il suo goal.
«Perché Berlusconi non si è rivolto ai miei avvocati, per la sua battaglia contro la legge “Severino”? Non lo so, ma certo i miei legali sono bravissimi e per me lavorano gratis, perché ci credono e perché io non ho un euro — ride — mentre quelli dell’ex premier saranno carissimi, non so neanche quanto costano ». Poco dopo, riflettendo, dirà: «Sulla legge Severino poi è necessario che si riapra il dibattito », pur ammettendo che «una parte della ferita è stata sanata dalle istituzioni». Un’esultanza che somiglia a quella della prima elezione. Pura adrenalina (politicamente) ultrà. Così parla, ondeggia, abbraccia e si muove il sindaco non più sospeso, alla sentenza con cui il Tar Campania lo riaccompagna sulla sua poltrona di primo cittadino, a Palazzo San Giacomo. È il suo approdo «dopo il calvario». E dopo che aveva tuonato, con la fascia di sindaco ancora addosso, contro «la melassa putrida di Stato» che avrebbe ordito trame e quella «condanna ingiusta, inaccettabile» a suo danno.
Oggi cita De André. Emozione, progetti, nuove promesse. E vecchi avversari, come gli immancabili e indefiniti nemici dei “poteri forti”. Non disdegna neanche i soliti toni aspri al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, quando qualcuno gli chiede un commento sulla recentissima testimonianza del Capo dello Stato ai magistrati antimafia. «Faccio il sindaco e devo avere rapporti con il Presidente Napolitano. Lui ha la sua storia, io ho la mia che è molto diversa dalla sua. Leggeremo la trascrizione della sua audizione e vedremo se il popolo italiano ha fatto un passo avanti nella sua richiesta ansiosa di verità. Io con il Presidente non devo litigare, ma neanche esprimere sostegno o apprezzamento. Quando facevo il magistrato sono stato molto duro con lui, come sindaco ho tenuto un rapporto istituzionale».
Euforia palpabile. Che, in Comune, diventa subito festa. Per l’occasione torna nella stanza del sindaco anche suo fratello Claudio, manager di eventi e concerti al centro di polemiche per la doppia “conduzione”. «Sono stato per un mese sindaco di strada, mi sento rigenerato, mi ha fatto bene, non ci rinuncio » assicura de Magistris. «Sono stato al centro di una vicenda surreale. Ringrazio mia madre, mia moglie e i miei figli che mi hanno sempre supportato, in questo mio lungo calvario ». Un drink leggero con un comitato civico dell’area est di Napoli, che de Magistris raggiungerà in serata, intanto dal vicino teatro San Carlo arriva a piedi il baritono che aveva cominciato un singolare sciopero della fame, contro la sospensione del sindaco. «Vieni», lo abbraccia lui, in regalo un po’ di cioccolato. Ma il sindaco è atteso a prove non semplici: la maggioranza è fragilissima. E c’è una città da riconquistare: anche su ideali e progetti che sembrano traditi. Come mostrerebbe l’ultima rimozione: quella del docente Ugo Mattei, il prof nominato da de Magistris e dall’ex assessore Alberto Lucarelli al vertice dell’Abc, acronimo che sta per Acqua bene comune, l’azienda che da ieri, invece, offre un altro nome nell’affollata lista dei “defenestrati” — tra gli altri, Raphael Rossi, gli assessori Narducci, Realfonzo, Tommasielli, l’ex dirigente e prefetto Silvana Riccio. Un licenziamento attuato dal vicesindaco Tommaso Sodano, ma con l’avallo del sindaco sospeso. «No, oggi su Mattei e acqua, il sindaco non risponde», precisano dal suo staff. È un giorno di vittoria, il suo goal, lasciategli di nuovo quella bandana.
Concita Sannino
 
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Il Messaggero
Luigi de Magistris torna sindaco di Napoli per decisione del Tar campano, e la legge Severino finisce alla Corte costituzionale. Ieri la pronuncia della prima sezione del Tribunale amministrativo, presieduto da Cesare Mastrocola, sul ricorso presentato dal sindaco sospeso in conseguenza di una condanna in primo grado per fatti risalenti all’inchiesta “Why not”, così come previsto dalla legge anticorruzione: i giudici amministrativi hanno deciso all’unanimità di inviare gli atti alla Consulta per non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 11 del decreto legislativo 235 (sulla sospensione e la decadenza di diritto degli amministratori locali in condizione di incandidabilità) e, in relazione all’articolo 10 (che disciplina i motivi di incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali), «perché la sua applicazione retroattiva si pone in contrasto con gli articoli 2, 4, 51 e 97 della Costituzione», è scritto nelle motivazioni del provvedimento. «Posso dire solo che abbiamo fatto una fatica enorme, considerata la complessità del quesito», ha spiegato Mastrocola che, relatore Paolo Corciulo e giudice a latere Carlo Dell’Olio, ha emesso la sentenza, sospendendo anche l’efficacia del provvedimento con cui il prefetto aveva congelato l’incarico del primo cittadino partenopeo.
Le reazioni
A Palazzo San Giacomo la notizia è stata accolta con un applauso, negli uffici del primo cittadino, ritornato nel pieno delle sue funzioni. «Sono emozionato. Continuerò a fare il sindaco di strada, come in quest’ultimo mese: un’esperienza che mi ha molto rigenerato e che rappresenterà una svolta nel mio modo di fare il sindaco nei prossimi mesi. Meglio stare tra la gente che a palazzo», ha commentato de Magistris che ora immagina di allargare la sua risicata maggioranza, senza però dimenticare «chi ha continuato a chiedere le mie dimissioni», riferendosi prima di tutto al Pd: «La mia decisione di non mollare è scaturita sia dall’affetto che mi ha dimostrato la gente, sia dalla compattezza di tutto il sistema politico che voleva le mie dimissioni. Ora dico al ministro dell’Interno Alfano di darci i soldi che ci spettano per l’approvazione del piano di riequilibrio, almeno con la stessa rapidità con cui è arrivata la mia sospensione». Come pure de Magistris ha sollecitato «che si riapra il dibattito sulla legge Severino».
Gli azzurri
Un punto che sta molto a cuore anche a Forza Italia, per cui la decisione del Tar apre una falla nell’ordinamento. «La legge Severino viene interpretata come un Giano bifronte: sortisce effetti irreversibili se il suo destinatario si chiama Silvio Berlusconi; solleva invece dubbi di costituzionalità se deve essere applicata al sindaco “arancione” di Napoli», ha dichiarato la vicepresidente dei deputati azzurri Mariastella Gelmini, annunciando che i forzisti torneranno «a battersi nelle sedi parlamentari perché sia cancellato quello che consideriamo da sempre un vulnus alla democrazia». Sulla costituzionalità della legge Severino, interviene anche Maurizio Gasparri, sostenendo che, nei confronti di Berlusconi, «è stato commesso un abuso».
Sonia Oranges
 
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Corriere della Sera
«Posso solo dire che abbiamo fatto una fatica enorme, considerata la complessità del quesito», si schermisce a fine giornata Cesare Mastrocola, presidente della prima sezione del Tar di Napoli. Poche neutre parole, quelle del magistrato, ma l’ordinanza che porta in calce la sua firma ieri ha fatto fumare il Vesuvio e mandato in fibrillazione l’intera politica nazionale. 
«Non manifestamente infondata», con appena tre parole, all’interno di una sentenza di 37 pagine, il Tar della Campania riporta Luigi de Magistris sulla poltrona di sindaco di Napoli, sospendendo la sospensione — è andata proprio così — del primo ottobre scorso decisa dal prefetto di Napoli Francesco Musolino e rinviando gli atti alla Corte costituzionale, sollevando un’ombra non da poco sulla legittimità di due articoli della legge Severino, soprattutto sulla questione della retroattività. 
Gli articoli 10 e 11 della legge che prende il nome dal ministro della Giustizia che era in carica nel 2013, durante il governo Monti, regolano l’incandidabilità e la decadenza degli amministratori locali condannati per reati gravi (dall’associazione mafiosa all’abuso di ufficio). De Magistris era stato condannato in primo grado proprio per abuso di ufficio, il mese scorso, dalla seconda sezione del Tribunale di Roma, a un anno e 3 mesi di reclusione nell’ambito del processo Why not. Da qui la sospensione. 
Ma ecco il colpo di scena. Il Tar ieri ha accolto il suo ricorso rilevando «la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale» sollevata dai legali del sindaco in merito agli articoli 10 e 11 e trasmettendo gli atti direttamente alla Consulta, che deciderà solo l’anno prossimo: così, visto che a marzo 2015 scatterà anche la prescrizione, il cammino di de Magistris verso la fine del mandato (maggio 2016) a questo punto appare in discesa. 
La questione posta dal Tar di Napoli, però, s’annuncia esplosiva perché — come nota il giurista Gianluigi Pellegrino — «l’ordinanza che rinvia gli atti alla Consulta fa leva sulle stesse pretese già agitate contro la legge Severino da Silvio Berlusconi per la sua decadenza. Quindi, da de Magistris paradossalmente arriva ora un assist politico a Berlusconi». Lo stesso reintegrato sindaco di Napoli non esita a rilanciare la polemica: «Credo sia necessario che si riapra il dibattito sulla legge Severino». E il centrodestra attacca: «Immagino che questa decisione del Tar non abbia nulla a che vedere con il fatto che de Magistris sia un ex magistrato», insinua il deputato di Forza Italia Francesco Paolo Sisto. «La legge Severino come Giano bifronte — incalza Maria Stella Gelmini —. Per Berlusconi sortisce effetti irreversibili, ma solleva invece dubbi di costituzionalità se deve essere applicata al sindaco arancione». 
La legge Severino, in effetti, è la stessa scattata per decretare la decadenza da senatore di Berlusconi, ma in quell’occasione fu decisa dal Senato in base agli articoli 1 e 3 (dedicati ai parlamentari) e dunque la pronuncia della Consulta sulla vicenda de Magistris non avrà conseguenze dirette sul caso del Cavaliere. Che comunque non avrebbe potuto ricorrere al Tar perché i provvedimenti parlamentari non sono impugnabili di fronte al tribunale amministrativo. 
Il Tar, in sostanza, ha dato ragione al sindaco di Napoli che contestava l’interpretazione retroattiva degli articoli 10 e 11. In particolare, al tempo in cui lui aveva deciso di candidarsi e fino alla proclamazione a sindaco, avvenuta il primo giugno 2011, non figurava tra le cause di incandidabilità e di sospensione l’aver riportato una condanna per abuso d’ufficio, che è diventata invece causa ostativa dal 5 gennaio 2013, con l’entrata in vigore della legge. Ma ora la battaglia torna politica: «Se fossi in Renzi — dice Barbara Matera, eurodeputata del Ppe — valuterei l’opportunità di procedere per decreto al reintegro di Berlusconi». 
Flavio Buffi e Fabrzio Caccia

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Il Messaggero
Sin dal momento in cui il problema si è posto per Silvio Berlusconi, il presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli si è convinto che la legge Severino non fosse irragionevole. Ora che il Tar di Napoli ha sollevato la questione dinanzi alla Consulta e annullato la sospensione da sindaco di De Magistris, Mirabelli non ha cambiato idea.
Per quale motivo, presidente?
«Perché la legge Severino non introduce sanzioni afflittive accessorie per le quali, come nel caso delle norme penali, vige il principio della irretroattività. Qui si tratta di disposizioni sui requisiti di onorabilità ed adeguatezza per accedere a una funzione elettiva. Sono requisiti che valgono anche per il futuro, non essendo ancorati al momento in cui il reato sarebbe stato commesso».
In altre parole, a suo avviso la questione sollevata dal Tar davanti alla Consulta non ha alcuna chance di essere accolta?
«Mi pare che la questione riguardi non tanto la sospensione dall’incarico di sindaco in assenza di una sentenza definitiva di condanna, ma l’intero impianto della legge, quantomeno per gli amministratori locali. Sotto questo profilo della irretroattività, ripeto, non ritengo esserci alcun vulnus. E comunque mi stupisce un fatto di quell’ordinanza del Tar».
Quale?
«Che non sia stato invocato il principio di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione), quello che più comunemente viene sollevato davanti alla Consulta, ma che il Tar abbia fatto riferimento agli articoli 2, 51 e 97 della Carta. Forse si può discutere se per alcuni reati la sospensione o l’incandidabilità sia eccessiva, ma in ogni caso ritengo che la legge Severino non introduca sanzioni accessorie ma norme a tutela della funzione svolta».
Il problema della retroattività della legge era stato già posto da Berlusconi, nel 2013, a seguito della sua condanna in via definitiva per la vicenda Mediaset. Due pesi e due misure rispetto a De Magistris?
«Berlusconi non poteva agire per via amministrativa perché, come è stato nel caso della sua decadenza, i provvedimenti parlamentari non sono impugnabili di fronte al Tar».
Però, il ricorso alla Consulta fatto dal Tar per De Magistris avrebbe potuto farlo a suo tempo il Senato per Berlusconi.
«In quell’occasione si era posto il problema, discutibile e ancora discusso, se la Giunta per le elezioni possa essere considerato o meno un organo giurisdizionale».
Insomma, Berlusconi in futuro potrebbe anche dover dire grazie a De Magistris se la Consulta gli darà ragione?
«Chissà, forse. Ma nel suo caso gli effetti non sarebbero diretti perché la decadenza di Berlusconi da parlamentare è definitiva. Una questione politica, comunque, si porrebbe».

Cristiana Mangani