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 2014  ottobre 31 Venerdì calendario

A 54 anni il numero uno di Apple Tim Cook fa coming out: «Io sono orgoglioso di essere omosessuale, e lo considero uno dei più grandi doni che Dio mi abbia dato». Dal 2008 l’azienda sostiene, anche finanziariamente, la lotta per il matrimonio gay negli Stati Uniti

È dal 2011 che l’amministratore delegato di Apple Tim Cook è stabilmente ai vertici della classifica dei gay più potenti d’America, compilata ogni anno da Out Magazine. Ieri però ha fatto anche pubblicamente coming out, con una lettera al sito Businessweek . Ed era tutt’altro che scontato: «Non ho mai negato la mia sessualità, ma finora non l’ho neanche mai riconosciuta — scrive l’uomo che guida il marchio più famoso al mondo, 54 anni domani —. Permettetemi di essere chiaro: io sono orgoglioso di essere gay, e lo considero uno dei più grandi doni che Dio mi abbia dato». 
Solo sette anni fa un altro ad, l’inglese Lord Browne, aveva dovuto lasciare il suo posto alla Bp dopo che un ex amante aveva rivelato la sua omosessualità. E prima di ritirarsi a vita privata si era limitato a un commento doloroso e stringato: «Ho sempre considerato la mia sessualità un fatto personale». Ieri, rispondendo a Richard Quest, alla Cnn , ha detto di «essere piacevolmente sorpreso» dalla mossa di Tim Cook. Aggiungendo che «in una grande azienda l’esempio dei leader è fondamentale. So di due personaggi noti che potrebbero presto seguire l’esempio di Cook». Anche se le parole di Cook riecheggiano in parte quelle di Browne, il tono non potrebbe essere più diverso: «Nel corso della mia vita personale ho cercato di mantenere un livello minimo di privacy. Ho origini umili e non cerco di attirare l’attenzione su di me», spiega l’amministratore delegato di Apple all’inizio della lettera. Ma poi prosegue: «Allo stesso tempo, credo profondamente nelle parole di Martin Luther King: “La domanda più importante nella vita è: cosa stai facendo per gli altri?”. Mi sono reso conto che il desiderio di tutelare la mia privacy personale mi ha trattenuto dal fare qualcosa di importante». Cook cita un altro eroe dei diritti civili americani, Robert F. Kennedy, come per inserirsi nel solco di quelle battaglie: «Non mi considero un attivista, ma sono consapevole di quanto devo al sacrificio degli altri. Quindi se sentire che l’ad di Apple è gay può aiutare qualcuno che fa fatica ad accettare quello o quella che è, o portare un po’ di conforto a qualcuno che si sente solo, oppure ispirare le persone a lottare per la loro uguaglianza, allora sarà valso aver rinunciato alla mia privacy». 
Dal 2008 Apple sostiene, anche finanziariamente, la lotta per il matrimonio gay negli Stati Uniti. Ma il coming out di Cook è stato salutato come un passaggio ancora più importante. «È un momento storico per il movimento Lgbt (Lesbico, gay, bisessuale e trans, ndr ) internazionale — dice al Corriere David Mixner, attivista gay ed ex consulente di Bill Clinton —. Il coming out è l’atto politico più importante: spinge anche le persone che ti conoscono a lottare per la tua eguaglianza». 
Solo a giugno scorso il New York Times , proprio per l’uscita del libro in cui Lord Browne racconta gli anni in cui si nascondeva, ha lamentato l’assenza di gay dichiarati ai vertici delle 500 maggiori società americane. In realtà non mancano i manager e gli imprenditori che non fanno mistero di essere gay, dal magnate dei media Jann Wenner (proprietario di Us Weekly e Rolling Stone ), alla presidente della casa di moda J. Crew Jenna Lyons, al fondatore di PayPal Peter Thiel, il co-fondatore di Facebook Chris R. Huges, il guru della statistica Nate Silver, la ex vicepresidente di Google Megan Smith, ora prestata all’amministrazione Obama. Nessuno però lo aveva detto con la chiarezza (e la fama) di Tim Cook.