Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 30 Giovedì calendario

La Ferrari scorporata dal gruppo Fca, così si spiega la guerra di Maranello tra Marchionne e Montezemolo. Ora gli Agnelli puntano sul Cavallino

Gli storici consigliano di lasciar trascorrere un po’ di tempo per comprendere meglio le ragioni delle guerre. Il principio vale anche per lo scontro che si è consumato all’inizio di settembre tra i vertici del Lingotto e Luca di Montezemolo. La guerra tra Torino e Maranello ha ora una spiegazione in più.
«Con questo disegno in testa è evidente perché Torino aveva tanta fretta di sostituire il presidente», dicevano ieri gli amici di Montezemolo commentando le notizie provenienti da Londra. Ma non era proprio la difesa dell’autonomia di Ferrari uno dei cavalli di battaglia dell’ex presidente, una delle ragioni del dissidio che lo aveva spinto a dichiarare: «Vogliono trasformarci in un’azienda americana»? E che cosa c’è di più autonomo dello scorporo della Rossa da Fca? Marchionne ha ripetuto ancora ieri: «Preserveremo l’italianità della Ferrari».
Le cose potrebbero essere meno semplici. Montezemolo non sarebbe stato contrario allo scorporo ma al fatto che la nuova società venisse quotata a New York, come Fca, con tutti gli obblighi di trasparenza che impone la Borsa americana e che potrebbero andare stretti a una società di Formula1. L’altro motivo del dissidio potrebbe essere nel disegno complessivo che sta al termine della partita aperta ieri. Con lo scorporo del Cavallino, Sergio Marchionne diventa il trait d’union tra le tre società nate dalla vecchia Fiat: Fca, di cui è amministratore delegato, Cnhi, di cui è presidente, e Ferrari. Con l’operazione annunciata ieri il manager ha dimostrato di voler utilizzare Ferrari come una leva per estrarre valore e utilizzarlo al servizio dell’ambizioso piano di rilancio di Fca illustrato a maggio a Detroit. Di quel piano fa parte anche la rinascita di Alfa Romeo. Ma la vendita del 10 per cento potrebbe essere solo il primo passo di un progetto più ampio.
Cedendo il 10 per cento del 90 che possiede attualmente e distribuendo il rimanente 80 per cento in quota parte agli azionisti, Exor (che possiede il 30 per cento di Fca) si ritroverà in mano il 24 per cento delle nuove azioni Ferrari. Unendo quella partecipazione al 10 per cento in mano a Piero Ferrari, si creerebbe un pacchetto di controllo del Cavallino intorno al 33-34 per cento. Ieri non era ancora chiaro se le nuove azioni Ferrari avranno i diritti di voto doppi come quelle di lungo corso di Fca. In quel caso infatti Exor e Piero Ferrari controllerebbero agevolmente la società senza timori di scalate. Addirittura, acquistando un altro piccolo pacchetto, la finanziaria degli Agnelli potrebbe controllare da sola la società. E trasformare con il tempo questa partecipazione nel principale asset della finanziaria torinese nell’auto, se negli anni prossimi Fca realizzerà quella fusione strategica con un altro costruttore di cui aveva parlato Marchionne nelle scorse settimane. Diluirsi (alleandosi) in Fca e rafforzarsi in Ferrari potrebbe dunque essere la strategia degli Agnelli nel medio- lungo periodo.
Nel breve invece urge portare a compimento il piano modelli di Fca. Per farlo, la vendita del 10 per cento del Cavallino è indispensabile. Ma quanto vale quel pacchetto? Facendo una simulazione in base al calcolo annunciato ieri da Marchionne («convertendo e quotazione Ferrari ci consentiranno di portare a casa circa 4 miliardi») potrebbe valere intorno agli 1,2 miliardi. Ma nel conto l’ad considera anche i proventi di un dividendo straordinario che la società di Maranello pagherebbe ai soci prima della quotazione. In sostanza il valore complessivo di Ferrari potrebbe aggirarsi intorno ai 10 miliardi. Il valore di tutta Fca, in base alla quotazione di ieri, è di poco superiore agli 11 miliardi. E’ immaginabile che il mercato finisca per attribuire al Cavallino un valore inferiore ai 10 miliardi così come si può prevedere che con l’arrivo dei nuovi modelli e la generazione di cassa legata alle vendite, il valore di Fca possa salire in modo significativo. Ma è un fatto che attualmente Ferrari rappresenta ben più della metà del valore di Fca. Si capisce perché gli Agnelli vogliano tenersela ben stretta.