Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 29 Mercoledì calendario

Mai così pochi bambini nati dal 1861: il Sud rischia la desertificazione secondo il rapporto Svimez. La recessione dura dal 2008, ogni anno emigra un’intera città. La Calabria è la regione più povera

Desertificazione umana e industriale. Parola orribile ma drammaticamente vera per raccontare il Sud del XXI secolo. È un Sud che non lascia alternative: si emigra a città intere ogni anno, solo nel 2013 sono andati via 116mila abitanti, come se tutti gli abitanti di città come Terni, Bolzano o Vicenza avessero deciso di andare altrove. Chi resta non fa figli, e di anno in anno diventa sempre più povero. È la difficile realtà che emerge dalla lettura del Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2014 presentato ieri. E dal governo il ministro per gli Affari Regionali Maria Carmela Lanzetta chiede un’inversione di rotta. «Meno assistenzialismo», migliore uso dei fondi europei e maggiore «determinazione» perché «senza il Sud l’Italia non riparte». E il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio ammette che la strada seguita finora non è quella «giusta» ma assicura: «stiamo lavorando» con la speranza che «il Meridione diventi quello che per la Germania è stata la Germania dell’Est».
Nel 2013 i nati nel Sud hanno toccato il minimo storico, il valore più basso dal 1861. È più frequente morire che nascere in questo Sud che, invece, ha sempre avuto nei figli un valore ed una sua caratteristica rispetto al Nord. È accaduto solo in due casi: nel 1867 e nel 1918, vale a dire alla fine della terza guerra d’Indipendenza e della Prima guerra mondiale ma anche in coincidenza con l’esplosione della pandemia di Spagnola che uccise milioni di persone in Europa. Secondo lo Svimez siamo alla vigilia di uno «stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili, destinato a perdere 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni, arrivando così a pesare per il 27% sul totale nazionale a fronte dell’attuale 34,3%».
La Calabria è la Regione più povera d’Italia con un Pil pro capite che nel 2013 si è fermato a 15.989 euro, meno della metà delle Regioni più ricche come Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Lombardia. Al Sud i più ricchi sono gli abruzzesi con 21.845 euro di Pil. In media le regioni del Sud hanno un Pil pro capite di 16.888 euro, quasi la metà della media del nord di 29.837 euro. Per il Sud è il settimo anno di recessione con un calo dell’1,5% del Pil, mentre al Centro Nord la situazione è stazionaria. E, comunque, lo Svimez non prevede nulla di buono nemmeno per il 2015, quando al Sud dovrebbe esserci ancora un calo dello 0,7% mentre al Centro Nord si dovrebbe tornare in positivo con l’aumento dell’1,3%.
A lavorare è una donna su cinque, il 21,6% delle donne sotto i 34 anni ha un’occupazione mentre sono più di 4 su 10 al Nord e più di 5 su 10 nell’Europa a 27 Stati. E, comunque, anche quando lavorano le donne devono sapersi accontentare. Dal 2008 al 2013 le professioni qualificate femminili sono scese dell’11,7%, mentre sono aumentati del 15% i posti di lavoro nelle professioni poco qualificate.
L’economia è in forte difficoltà. Domanda interna e consumi sono in calo del 2,4%, gli investimenti hanno perso il 5,2% e i posti di lavoro il 3,8%. Tra il 2008 e il 2013 i redditi al Sud sono crollati del 15%. La conseguenza più immediata è l’aumento della povertà. Le famiglie assolutamente povere sono cresciute oltre due volte e mezzo, da 443mila (il 5,8% del totale) a 1 milione 14mila (il 12,5% del totale), cioè il 40% in più solo nell’ultimo anno. E dal 2008 al 2012 sono aumentate del 7% le famiglie in stato di «deprivazione materiale severa», cioè che non riescono a pagare l’affitto o il mutuo o a fare un pasto di carne o pesce ogni due giorni. In Italia oltre due milioni di famiglie si trovavano nel 2013 al di sotto della soglia di povertà assoluta, equamente divise tra Centro-Nord e Sud (1 milione e 14mila famiglie per ripartizione), con un aumento di 1 milione 150mila famiglie rispetto al 2007.
Tra il 2008 e il 2013, 985mila persone hanno perso il posto di lavoro in Italia e più della metà, 583mila, sono residenti nel Mezzogiorno. Nel Sud, pur essendo presente appena il 26% degli occupati italiani si concentra il 60% delle perdite determinate dalla crisi. Nel solo 2013 sono andati persi 478mila posti di lavoro in Italia, di cui 282mila al Sud. Di conseguenza gli occupati del Sud per la prima volta nella storia sono 5,8 milioni, il livello più basso almeno dal 197, anno da cui sono disponibili le serie storiche basi di dati.