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 2014  ottobre 29 Mercoledì calendario

I ciclisti in città ormai sono un pericolo: vanno contromano e sono imprudenti. A Milano una donna è morta travolta da una bici. Per il sindaco Pisapia ora ci vuole «più disciplina», e c’è chi chiede la targa anche per le due ruote

Sono croce e delizia del traffico in città. I ciclisti non inquinano, riducono gli ingorghi e obbligano gli automobilisti a rallentare. Ma sempre più spesso sono oggetto di critiche feroci per comportamenti ritenuti poco o per nulla rispettosi delle regole. Il fatto di cronaca più recente è la tragedia che, domenica scorsa, ha visto un ciclista investire una signora di 88 a Milano. La donna ha perso l’equilibrio ed è morta dopo aver battuto la testa. Un caso su cui non sono ancora state chiarite del tutto le responsabilità, ma che ha comunque dato il via alle polemiche. Per primo è stato il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, a rivolgere un appello direttamente a chi si muove in bicicletta: «Troppi ciclisti oggi pensano di passare col rosso, ma così mettono a rischio la propria incolumità e quella degli altri. Lo vedo tutti i giorni: vanno contromano. Ecco, questo è pericoloso».
In effetti, la crescita esponenziale delle due ruote in città – per la prima volta nel 2011 sono state vendute più bici che auto – ha fatto aumentare anche le occasioni di conflitto. E ingrossato le fila del partito anti-bici, che invoca più sanzioni e forme di controllo per chi pedala. Per esempio, c’è chi chiede di rendere i ciclisti sempre identificabili: «Bisogna obbligarli a munirsi di un contrassegno di identificazione visibile a distanza — ha spiegato Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia — perché ogni mezzo di trasporto deve essere munito di targa quando circola ». Spesso nel mirino finiscono alcuni comportamenti - pedalare sui marciapiedi, passare con il rosso, andare contromano -, e non mancano le polemiche contro le piste ciclabili: da Napoli a Treviso, comitati di residenti e negozianti raccolgono firme per chiedere che non ne siano più costruite. Sempre a Milano, un’insolita alleanza tra tassisti e tranvieri ha chiesto di aumentare i controlli contro i ciclisti che entrano nelle corsie preferenziali per bus e taxi: «Sono un pericolo prima di tutto per se stessi – ha sottolineato Pietro Gagliardi, dell’Unione Artigiani Taxi – dovrebbero essere estromessi dalle corsie preferenziali che sono a scorrimento veloce».
Le critiche arrivano anche dalla rete, dove sempre più spesso blogger e gruppi sui social network si lasciano andare a commenti che scadono nella violenza verbale. Nelle settimane scorse, è saltato fuori il caso del gruppo Facebook che istigava a «investire i ciclisti che non usano la pista ciclabile». La pagina è stata chiusa dopo le polemiche, quando aveva già raggiunto oltre tremila like. Violenza, e non solo verbale, si è vista invece a Catania, dove a metà ottobre un ciclista è stato aggredito da alcuni gestori di camionbar sul lungomare cittadino con calci e pugni, durante la domenica senz’auto voluta dal sindaco Enzo Bianco. Motivo? Attriti tra i ciclisti e una manifestazione di commercianti contrari all’iniziativa pro-bici.
Contro la rabbia e l’emotività scatenati da un incidente come quello di Milano, c’è però anche chi richiama alla calma. E a ragionare con statistiche (reali) alla mano: «Quello di Pisapia è un appello giusto e legittimo – spiega Alberto Fiorillo, promotore della campagna #Salvaiciclisti, nata sul web dall’iniziativa di blogger e associazioni per aumentare la sicurezza dei ciclisti sulle strade italiane – ma mi piacerebbe che i sindaci delle grandi città e i presidenti delle regioni facessero dieci appelli analoghi ogni volta che sulle strade muoiono ciclisti e pedoni a causa di incidenti con le auto. Quello è un bilancio drammatico: ogni anno sulle nostre strade registriamo 4mila morti».