Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 28 Martedì calendario

Il dialetto abbandonato. Solo il 9 per cento degli italiani lo usa il famiglia, e un altro 9 per cento per chiacchierare con gli amici. A preferire l’italiano sono soprattutto le donne. Spiega il linguista Luca Serianni: «Parlare in dialetto generalmente, fatte salve alcune eccezioni territoriali come il Veneto, è ritenuto di minor prestigio rispetto alla conversazione in italiano. Le donne lo usano meno, perché sono più portate degli uomini a seguire modelli di prestigio sociale, e non parlandolo, non lo comunicano ai figli, dunque alle nuove generazioni»

Modi di dire, frasi tipiche o parole troncate secondo lo stile del luogo, termini usati impropriamente per il vocabolario ma dal chiaro significato – e sapore – locale. L’era delle tante “lingue” che dividevano, in realtà facendole sentire unite, regioni e famiglie, sembra prossima a chiudersi. Gli italiani stanno dimenticando il dialetto. Anche in casa. 
L’ultimo Rapporto Istat sull’uso della lingua italiana, dei dialetti e di altre lingue nel nostro Paese registra, infatti, un sensibile calo nell’utilizzo esclusivo del dialetto perfino tra le mura domestiche e con gli amici. Se nel 1995 il 23,7% degli italiani lo usava per comunicare in casa in modo prevalente o addirittura esclusivo, oggi, secondo i dati 2012, a farlo è il 9%. Ed è solo il 9% a usarlo con gli amici, mentre è addirittura un ridottissimo 1,8% a sceglierlo per parlare con estranei. Il trend colpisce anche l’uso congiunto con l’italiano, sempre meno frequente: il 32,2% lo utilizza in famiglia, il 30,1% con gli amici, il 10,7% con gli estranei.
IN FAMIGLIA
Eletto a lingua delle emozioni, dunque, il dialetto cede il passo all’italiano pure nelle situazioni familiari e intime. Protagoniste di questa rivoluzione della lingua “affettiva” sono le donne: è il 55,2% a prediligere l’italiano, contro il 51% degli uomini. Se si tratta di parlare con gli amici, le percentuali salgono rispettivamente al 60,9% e al 51,7%. Dati significativi, soprattutto guardando al futuro.
«Parlare in dialetto generalmente, fatte salve alcune eccezioni territoriali come il Veneto, è ritenuto di minor prestigio rispetto alla conversazione in italiano – spiega il linguista Luca Serianni - Le donne lo usano meno, perché sono più portate degli uomini a seguire modelli di prestigio sociale, e non parlandolo, non lo comunicano ai figli, dunque alle nuove generazioni». 
I GIOVANI
Sono proprio i giovani infatti ad averlo abbandonato. Il 60,7% dei ragazzi tra 18 e 24 anni usa esclusivamente l’italiano in famiglia, mentre è il 41,6% a farlo tra i 65 e i 74 anni. Appena il 5% dei giovani tra 18 e 34 anni parla solo in dialetto in casa. Tra i 65-74 anni, è il 17,6%. A determinare la distanza tra generazioni è anche il movimento. «L’uso del dialetto è fortemente legato alla stanzialità – prosegue Serianni - Oggi la gente si muove di più e viene a contatto con più persone. I giovani che vanno all’estero per studiare incontrano connazionali di altre regioni. Per comunicare con loro, devono usare la lingua che sono andati ad apprendere o l’italiano».
INTERNET
Incide pure il movimento virtuale. «Nonostante ci siano siti che promuovono i dialetti, internet facilita la diffusione della lingua nazionale». Se l’italiano piace ai ragazzi, ancora di più piace alle ragazze. Poco più del 2% delle donne tra 18 e 34 anni usa prevalentemente il dialetto in famiglia o con gli amici. Per gli uomini, si sale all’8%. A fare la differenza non sono solo l’età, il sesso e la possibilità di spostarsi, ma anche la geografia. Parlare prevalentemente o solo italiano è pratica più diffusa al Centro e nel Nord-Ovest. Al Sud e nelle isole, a vincere è l’uso combinato di dialetto e italiano. «Perdere il dialetto – conclude Serianni – significa perdere un po’ del contatto con le proprie radici, in termini antropologici e culturali, nelle piccole tradizioni di famiglia e territorio».