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 2014  ottobre 24 Venerdì calendario

L’addio triste e polemico di Massimo Moratti all’Inter. Lascia l’intera famiglia. Il fastidio per le uscite degli uomini di Thohir e per le critiche di Mazzarri. E poi le polemiche per i conti in rosso, le epurazioni e le strategie lontane. Così finisce un’epoca nerazzurra

Il meglio degli articoli di oggi sull’addio all’Inter di Massimo Moratti e della sua famiglia.

Dopo 19 anni, 8 mesi e 5 giorni, Massimo Moratti lascia l’Inter. Da ieri alle 15.08, non è più presidente onorario della società, carica che ricopriva dal 15 novembre 2013, quando Erick Thohir aveva rilevato il 70% del pacchetto azionario.
 
Andrea Monti sul Cds: «Saluta l’Inter tutta la famiglia Moratti e chi l’ha rappresentata in Consiglio in questi undici mesi (o per 19 anni, come Ghelfi, che ha accompagnato la famiglia in tutta l’avventura nerazzurra con straordinaria competenza), come spiegato in un comunicato, diffuso dalle agenzie di mezzo mondo, ma tenuto nascosto per ore dal sito nerazzurro. Come si usava in Corea del Nord».
 
Questo comunicato ufficiale: «Internazionale Holding srl, società facente capo a Massimo Moratti e ai suoi figli, Angelomario e Giovanni, e titolare di una partecipazione pari al 29,5% di Fc Internazionale Milano spa comunica che Angelomario Moratti, Rinaldo Ghelfi e Alberto Manzonetto hanno rassegnato ciascuno a titolo individuale le proprie dimissioni da consigliere di amministrazione della società Fc Internazionale. Internazionale Holding srl comunica inoltre, che Massimo Moratti ha rinunciato alla carica di presidente onorario di Fc Internazionale spa gentilmente offertagli da Erik Thohir nel novembre 2013».
 
La famiglia Moratti resta per ora proprietaria del 29,5% del pacchetto azionario e procederà alla nomina di tre nuovi consiglieri di amministrazione, mentre è possibile che lasci anche Javier Zanetti, appena nominato vice presidente, anche se con compiti tutt’altro che chiari.
 
Era finita da tempo, almeno dallo scorso giugno, quando Thohir, rilevato il debito di Moratti con le banche e accollandosene uno da 230 milioni, ha iniziato la fase 2 del suo ingresso nel club: portare suoi uomini nella stanza dei bottoni ed estromettere tutti quelli legati a Moratti. Andrea Sorrentino (Rep): «La fine del rapporto tra i due inizia in quei giorni, perché il petroliere non si aspetta una rivoluzione simile, chiaramente orientata a fargli perdere ogni residuo controllo del club e della gestione tecnica. Il dt Branca era stato licenziato già in febbraio, ma in estate cadono le teste del medico sociale Combi, intimo dell’ex presidente, e dei giocatori a lui legati: a nessuno viene rinnovato il contratto in scadenza».
 
Zanetti, che con Moratti al comando un pensiero a un altro anno da giocatore l’aveva fatto, è indotto a lasciare e intanto gli si ritaglia un ruolo da vicepresidente senza poteri, per giunta con un contratto biennale. Mazzarri avalla ogni scelta e Moratti non glielo perdonerà. Vengono licenziati impiegati, funzionari e collaboratori a vario titolo (circa 40 persone), tutti in qualche modo vicini a Moratti, ed entrano manager inglesi e americani. Una vera epurazione [Andrea Sorrentino, Rep].
 
La goccia che ha fatto traboccare il vaso non riguarda tanto la replica di Walter Mazzarri alle critiche sulla sua gestione («Non disperdo energie per quello o quell’altro»), bensì alcune osservazioni sui conti fatte dal l’ad Michael Bolingbroke durante l’ultima assemblea dei soci.
 
«L’appuntamento di lunedì scorso che è terminato con un lungo applauso a Erick Thohir ha chiuso il cerchio. Perché durante la mattinata più volte sono stati fatti dei riferimenti ai debiti ereditati e all’utilizzo della parola “progetto” per rimediare agli sbagli di chi c’era prima. In particolare ha dato molto fastidio una frase di Michael Bolingbroke (scelta caldeggiata peraltro da lui per rendere meno operativo l’attuale direttore generale Fassone) che parlando di fair play finanziario ha dichiarato che “bisogna raddrizzare le perdite accumulate nel passato”» [Laura Bandinelli, Sta].
 
«Il calcio dipende dai risultati, se non arrivano per Mazzarri saranno guai» dice Moratti lunedì uscendo dall’assemblea. «Non ho tempo di pensare a ciò che ha detto Moratti, quindi neppure a disperdere energie per rispondergli», replica stizzito il tecnico toscano, dopo che già un paio di volte in passato aveva dichiarato massima sintonia con Thohir, quasi a volersi distanziare sempre di più dall’ingombrante passato [Luca Pisapia, Fat].
 
Andrea Monti (Cds): «Non è stata la sgradevole risposta di mercoledì di Mazzarri all’(ex) presidente onorario a spingere Moratti a uscire di scena. Questione di classe e se uno non ce l’ha non la può acquistare a 53 anni compiuti. E poi di Mancini, che si era autoesonerato per aver perso con il Liverpool negli ottavi di Champions League, ce n’è uno».
 
Mercoledì Moratti attende una dichiarazione del club in sua difesa, ufficiale o privata, che non arriva: si aspetta che si faccia vivo il ds Piero Ausilio, che lavora nell’Inter da 15 anni e che lui ha assunto poco più che adolescente, ma Ausilio tace: la misura è colma. Dimissioni. Ieri sera diserta San Siro: «Poi capirete perché sono andato via», mormora recandosi al ristorante [Andrea Sorrentino, Rep].
 
Thohir, che in questi mesi ha «usato» Moratti, trasformandolo o in un parafulmine o in una specie di assicurazione per avere credibilità all’esterno, ha rilasciato una gelida dichiarazione all’arrivo a San Siro: «Ho saputo delle dimissioni di Moratti, l’ho incontrato e ci siamo parlati. Questo non cambia il rapporto tra le due famiglie, mi ha detto che continuerà a supportarmi. Io sono il presidente della società e ho il dovere di fare ciò che è meglio per l’Inter. E devo rivedere alcune operazioni fatte dalla società» [Andrea Monti, Cds].
 
Salvatore Riggio sul Mes: «Adesso Thohir camminerà da solo con il fardello di un passivo di bilancio pesantissimo. Vista la delicata situazione, la necessità del magnate indonesiano potrebbe essere quella di cercare un nuovo azionista di minoranza, anche se ci sarebbero accordi precisi secondo i quali Moratti non potrebbe uscire dall’Inter prima del novembre 2015».
 
Beppe Severgnini sul Cds: «L’Inter era in terapia intensiva finanziaria e Thohir è un uomo d’affari, intervenuto quando ha fiutato l’affare: questo è normale. Dovrebbe sapere, quindi, che per guadagnare bisogna ridurre i costi, d’accordo; ma anche investire. È la mancanza di ambizioni che preoccupa. Non tutti i grandi acquisti sono cattivi acquisti: con Ronaldo, Ibrahimovic ed Eto’o l’Inter ha vinto e ha fatto soldi. E noi tifosi ci siamo divertiti. Come si divertono oggi a Madrid con Cristiano Ronaldo, a Barcellona con Messi e Neymar, a Monaco con Robben».
 
«Era stra-amato il presidente Moratti, decine di giornalisti sotto la sede ogni mattina ad attenderlo, e poi ancora prima che rientrasse a casa per pranzare. Volevi vedere il preside? Ore 11,30 del mattino, più o meno, sotto la Saras, poi alle 13,30, poi il ritorno verso le 16, alla sera mai prima delle 19. Moratti passava con una sensibile eleganza, colpi bassi anche dal destino con la scomparsa di Giacinto Facchetti, l’Inter in Europa League, poi fuori anche da quella, aveva in mente qualcosa ma ormai c’era poco tempo e pochi soldi. Non stupisce il suo commento su Mazzarri, aveva esonerato Gigi Simoni il giorno in cui il tecnico prese la Panchina d’oro e dopo aver battuto in Champions 3-1 il Madrid. Aveva esonerato Mancini dopo uno scudetto» [Claudio De Carli, Grn].
 
Luca Pisapia sul Fat: «Nel suo ventennio di presidenza Moratti ha speso oltre 1,2 miliardi provenienti dalla cassaforte di famiglia della Saras – la raffineria costruita cinquant’anni fa dal padre Angelo Moratti a Sarroch, in Sardegna – per regalare ai tifosi, e a se stesso, gioie e dolori. Dalle battaglie con la Juventus cominciate sul campo e finite in Calciopoli alle prime gioie con Roberto Mancini in panchina, da campioni come Djorkaeff, Ronaldo, Vieri e Ibrahimovic a clamorosi bidoni come Sorondo, Gresko, Vampeta e Quaresma, dalla “tragedia” sportiva del 5 maggio 2002 alla gioia del triplete con Mourinho nel 2010. È lì, raggiunta la scomoda ombra del padre e della Grande Inter, che si rompe qualcosa e comincia il lungo addio.
 
L’azienda di famiglia Saras, dopo la quotazione in Borsa del 2006 che frutta ai Moratti 1,7 miliardi colpendo però migliaia di piccoli azionisti, non può più ripianare le perdite, lo sponsor Pirelli non naviga neppure lui in buone acque. Moratti torna ad assumere e licenziare allenatori (Benitez, Gasperini, Ranieri, Stramaccioni) come il più arrogante dei padroni, e presenta bilanci sempre in rosso. I tifosi nostalgici lo vorrebbero in sella a vita, altri per la prima volta cominciano a mostrare insofferenza. La società in crisi di liquidità è affidata al mercato in attesa di acquirenti, che si materializzeranno poi in Erik Thohir. [Luca Pisapia, Fat].
 
Moratti non ha incassato un euro dalla vendita della società, valutata 500 milioni di euro. Thohir ha liberato le fidejussioni bancarie di Moratti (150 milioni), dando in garanzia le attività dell’Inter (per 230 milioni) e versando 70 milioni in conto capitale (15 novembre 2013). Tutto qui. Le sanzioni dell’Uefa, se ci saranno, non saranno così terribili, come vengono dipinte da alti e loquaci dirigenti dal passato bianconero [Andrea Monti, Cds].

(a cura di Luca D’Ammando)