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 2014  ottobre 24 Venerdì calendario

Il «grande Pd» versione Renzi è un progetto politico ancora in costruzione, che impensierisce alcuni esponenti della minoranza interna. Intanto però i pensionati della Cgil optano per una linea morbida

In questi ultimi giorni ha avuto altro da fare, impegnato com’è in un braccio di ferro con «la banda di funzionari dell’Europa». 
Ma da oggi, pur continuando a tenere un occhio vigile sulla Ue, Matteo Renzi riprenderà a tessere le fila del Partito democratico che verrà, a metà tra il modello di quello statunitense e il Labour Party, forze politiche che sono una sorta di grandi contenitori che riescono a tenere insieme moderati, liberali riformisti e anche esponenti della sinistra radicale. 
La Leopolda, in fondo, è stata e sarà anche questo: uno spazio libero e aperto dove si incontrano per discutere tra di loro e confrontarsi personalità che vengono da tradizioni e culture diverse. 
Certo, stavolta, almeno in apparenza, l’ex stazione di Firenze non avrà le porte spalancate come un tempo. Questioni di sicurezza: il prefetto e le forze dell’ordine del capoluogo toscano preferiscono usare la massima cautela, vista la presenza del presidente del Consiglio e di mezzo governo. Anche perché l’affluenza prevista per la quinta Leopolda è nettamente superiore a quella delle altre edizioni. Per questo motivo a tutti coloro che si sono già registrati viene «gentilmente chiesto di non portare bagagli», «sia per questioni di spazio, che per questioni di sicurezza». 
Ma questi sono dettagli di ordine organizzativo. Il «grande Pd» versione Renzi è invece un progetto politico ancora in costruzione, che impensierisce alcuni esponenti della minoranza interna. Non si tratta, almeno nelle intenzioni del suo ideatore, di un partito «pigliatutto», ma del «partito degli italiani». Che resta lontano anni luce da Susanna Camusso, ma che, invece, è disponibile a dialogare con altre figure di sindacalisti. Si è già detto e scritto dello scambio regolare di sms tra il premier e la leader della Spi Cgil (i pensionati) Carla Cantone, la quale non ha mai negato di trovare «Renzi simpatico», anche se è pronta a contestargli alcune misure, come quella sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori o l’esclusione dal bonus degli 80 euro. 
Ma adesso c’è qualcosa di più, come rivelava l’altro ieri il sito «Lettera 43»: per domani la Spi ha deciso di tenere una linea morbida. In piazza, sì, «ma senza essere il braccio armato di nessuno» e senza «fare opposizioni pregiudiziali, tanto meno al governo Renzi. Se c’è da dialogare, dialoghiamo: la Spi non è la Fiom». 
Una linea, quella del dialogo e della contrarietà ai «no» pregiudiziali che è la stessa adottata dalla neo segretaria della Cisl Annamaria Furlan. Anche per quel sindacato, che pure non ha intenzione di fare sconti a Renzi, la parola concertazione non ha più senso, esattamente come non lo ha più per il presidente del Consiglio. 
C’è quindi un vasto mondo a cui il Pd versione Renzi può guardare. Tant’è che c’è chi sospetta che il premier abbia voluto scientemente spingere Camusso nelle braccia della Fiom, costringendo la leader della Cgil ad adottare la linea dura e pura di Landini. 
Eppure anche nell’area della sinistra più radicale il Pd potrebbe trovare nuovi interlocutori, nonché nuovi elettori, e in questo modo mettere in difficoltà il tandem Camusso-Landini, oltre che la minoranza interna. E non si sta parlando solo degli ex grillini, che ormai al Senato, danno una mano alla maggioranza nei momenti di difficoltà. È in questo quadro che da due giorni, nel Transatlantico di Montecitorio, filtra la notizia che ad andare a dirigere l’Unità potrebbe essere proprio uno dei rappresentanti di spicco di un mondo che finora è stato assai più vicino a Landini che a Renzi. È circolato anche il nome di Michele Santoro, benché non vi sia nessuna conferma. 
Insomma, è proprio un nuovo partito quello che potrebbe nascere, un partito che, come dice il senatore Giorgio Tonini, potrebbe «realizzare il progetto che Veltroni non era riuscito a mandare in porto». 
Un partito che potrebbe persino arrivare non negare la tessera a Marco Pannella. A patto, chiaramente, che il leader radicale non chieda di iscriversi al Pd per provocazione e per continuare la sua guerra quotidiana contro Renzi, a cui non ha perdonato ancora la bocciatura di Emma Bonino alla Farnesina. Ma forse per questo passo clamoroso ci vorrà ancora un po’ di tempo. Quello che serve per rimarginare le ferite e dimenticare i livori del passato.