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 2014  ottobre 23 Giovedì calendario

I dubbi della Ragioneria dello Stato sulle coperture indicate dal governo Renzi per la manovra economica. Il lungo esame, poi il vertice decisivo per le correzioni. Ecco cosa è successo davvero

Forse, come dice qualcuno al ministero dell’Economia, dipende dal fatto che Pier Carlo Padoan ha scelto di difendere il confine esterno, di coprire il fronte con l’Unione europea. Il ministro, del resto, ha sempre mantenuto distinto il suo ruolo tecnico da quello politico di Matteo Renzi, cui ha lasciato completamente mano libera nella messa a punto della legge di bilancio. Anche se le cose non sono filate in maniera molto liscia.
Il via libera della Ragioneria dello Stato, che deve certificare i numeri della manovra, e verificare la quadratura del bilancio con le nuove entrate e le nuove uscite, è arrivato solo ieri sera, esattamente una settimana dopo l’approvazione formale del governo. Ed è arrivato, sembra, dopo parecchi rimaneggiamenti, in certi casi dovuti alla stima sbagliata del costo di alcune misure, in altri all’incertezza sulle coperture, cioè sulla reale efficacia dei provvedimenti con i quali vengono recuperate le risorse per finanziare il piano di rilancio.
Ieri mattina si sono visti al Tesoro il ministro Padoan, il viceministro Enrico Morando, tutti i sottosegretari, i tecnici del Gabinetto del ministro, e il Ragioniere generale, Daniele Franco, per un’ultima verifica sui numeri. Nell’occasione Franco non ha fatto rimostranze, ma tutti i presenti hanno avvertito il disagio di chi si è trovato davanti all’ultimo minuto — dopo che la manovra era lievitata da 18, a 23, e poi a 35 miliardi nel giro di 24 ore, proprio mentre il ministro Padoan era impegnato in Lussemburgo — dei numeri anche bizzarri.
Come quelli sui costi del bonus bebè di 80 euro alle neo mamme, valido per tre anni, saltato fuori dalla manovra domenica, tre giorni dopo il via libera, con l’annuncio di Matteo Renzi a Canale 5 . A Palazzo Chigi hanno stimato un costo, e provveduto a trovare le relative coperture, per 500 milioni l’anno nel prossimo triennio. Peccato che il bonus, per come è scritta la norma, costi 500 milioni nel 2016, un miliardo nel 2016, uno e mezzo l’anno dopo, poi ancora uno nel 2018 e 500 milioni nel 2018.
A conti fatti sono tre miliardi di differenza, mica pochi. E così, a posteriori, è scattato il tetto, fissato a 90 mila euro di reddito lordo annuo familiare. Problemi analoghi ci sarebbero anche sulla decontribuzione per i nuovi assunti a tempo indeterminato. Lo stanziamento appare esiguo, si dice, rispetto a quanto potrebbe costare effettivamente lo sgravio dei contributi. Altre perplessità ci sarebbero sulle coperture legate al recupero dell’evasione, tanto che fino a ieri non si escludeva di sostituirle con un più classico e affidabile aumento delle accise.
Solo con l’arrivo della manovra alla Camera si capirà esattamente la portata delle modifiche concordate con la Ragioneria rispetto al testo approvato dal governo, anche se gli aggiustamenti sarebbero stati fatti cercando di non rimettere in discussione la portata complessiva della manovra di bilancio. Come è successo con il bonus, che poteva essere cassato, ma è stato mantenuto in vita anche se un po’ ridimensionato.
In questa fase, secondo alcune indiscrezioni, ci sarebbero stati anche problemi di comunicazione tra la Ragioneria e la sua luogotenenza a Palazzo Chigi, che tuttavia nessuno conferma. Anche se è chiaro che stavolta i canali istituzionali attraverso i quali tradizionalmente si sviluppa la messa a punto della legge di bilancio sono andati completamente in corto circuito.