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 2014  ottobre 10 Venerdì calendario

Si può essere jihadisti anche da bambini. Lo Stato islamico annuncia la morte di un martire di dieci anni

Il califfo del terrore ha perso il suo “cucciolo”. Lo Stato islamico ha annunciato la morte del suo combattente più giovane, 10 anni secondo alcuni media britannici, ucciso assieme al padre durante un raid dei caccia della coalizione internazionale. Il necrologio del giovane «martire» è stato diffuso su YouTube dall’Isis corredato da un lungo servizio fotografico in cui si vede il bambino nei panni del combattente, in mimetica e con fucile mitragliatore, solo o con accanto il padre-fanatico. Sul volto del bambino un sorriso aperto, nessun impaccio nel mostrarsi minuscola macchina da guerra. «Ci siamo incontrati in vita, e dopo, speriamo, chiediamo a Dio di vederti felice in un luogo senza monotonia. In pardiso». Così lo Stato islamico saluta il suo “cucciolo”.
I piccoli jihadisti sarebbero usati soprattutto per controllare i prigionieri, trasportare armi e donare il sangue per aiutare i combattenti feriti. Inoltre vengono utilizzati per propagandare la morte dei nemici “infedeli”. Finora, per fortuna, nessun riscontro che alcuni di loro sarebbero spinti a compiere attentati-kamikaze. Nel rapporto della Commissione Onu sulla guerra in Siria divulgato a Ginevra a fine agosto veniva denunciato l’utilizzo dei bambini-soldato, anche di 10 anni, da parte dell’Isis. Molti di loro vengono addestrati militarmente in appositi campi. Secondo la Convenzione Onu sull’infanzia l’arruolamento di minori di 15 anni costituisce un crimine di guerra.
Guerra che procede senza sosta intorno e dentro la città curdo-siriana di Kobane, al confine con la Turchia. Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria i jihadisti sono penetrati in città e ora controllano «più di un terzo» di Kobane. Fonti militari curde parlano di circa il 15-20 per cento di territorio ceduto all’Isis da parte delle milizie curde, che resistono ma chiedono a gran voce l’invio dal lato turco di rinforzi di uomini e di armi. In particolare, invocano l’invio di razzi anti-carro per fermare l’avanzata dei blindati dello Stato islamico, razziati durante le cavalcate estive nel nord dell’Iraq e nel nord-est siriano. Da quando l’Isis ha conquistato una settantina di villaggi attorno a Kobane, i profughi della regione sono in tutto 300.000. I raid aerei della coalizione internazionale a guida Usa hanno effettuato moltissimi raid contro le postazioni dell’Isis ma i combattenti curdi continuano a denunciare la loro insufficienza. Nel frattempo l’esercito turco, autorizzato dal Parlamento di Ankara, a sconfinare «in caso di necessità» continua a seguire dal territorio turco che si affaccia su Kobane, la battaglia tra Isis e curdi.
Da Ankara il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha ribadito che l’Alleanza atlantica non ha discusso l’eventualità di stabilire una zona di non sorvolo aereo a nord della Siria. Questa era stata la richiesta turca, che condiziona ogni suo intervento diretto alla creazione di una no-fly zone. «Non è realistico aspettarsi dalla Turchia che conduca da sola un’operazione terrestre» contro l’Isis in Siria, ha chiarito ieri il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu. Ma l’ipotesi di una zona di non sorvolo è stata respinta sia da Damasco che dal suo alleato russo. Da Mosca hanno affermato che ogni decisione in tal senso deve essere prima approvata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu.