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 2014  ottobre 09 Giovedì calendario

Gli ospedali lavorano male e ogni anno sono costretti a risarcire con un miliardo i pazienti che hanno danneggiato

In caso di malasanità, meglio prevenire i danni o aspettare gli eventi? Sembra una domanda lapalissiana, ma non lo è: troppo spesso, infatti, la prevenzione - intesa sia come riduzione dei rischi evitabili sia come assicurazione contro quelli inevitabili - è trascurata da chi dovrebbe occuparsene, ovvero le Regioni, da cui dipendono le strutture sanitarie pubbliche. Distrazioni di medici o infermieri, errori nella lettura dei referti, scambi di medicinali, sviste in sala operatoria: il campionario della «malpractice», come la chiamano gli esperti, è fin troppo vasto, senza contare i problemi più o meno gravi causati dall’inadeguatezza e dalla disorganizzazione di molte strutture ospedaliere. Mettendo da parte per un momento i danni alla salute - e spesso anche alla vita - dei cittadini, che sono naturalmente il capitolo più doloroso, parliamo soltanto di quelli al portafoglio: i risarcimenti raggiungono ormai cifre da capogiro, a cui bisogna aggiungere i costi giudiziari e quelle per le cure supplementari che si rendono necessarie, a volte anche per lunghi periodi.
E si tratta di tanti soldi: per avere un’idea, la sola Lombardia spende 100 milioni l’anno in risarcimenti, facendo una proporzione sull’intero territorio italiano arriviamo a un miliardo di euro circa. In realtà, di malasanità si parla da almeno vent’anni, ma non c’è ancora una quantificazione del contenzioso a livello nazionale. Anche perché non esiste un modello omogeneo, ogni regione fa a modo suo. Eppure, una valutazione sarebbe il primo passo per risparmiare denaro pubblico, perché consentirebbe un’analisi seria dei rischi, evitabili e non. Non è un’utopia: gli studi condotti sul campo mostrano che oltre il 50% degli eventi avversi sono evitabili utilizzando lo strumento della prevenzione.
Il tema è particolarmente cruciale in questi tempi di spending review, che vedono la sanità più che mai nel mirino: si parla di tagli per tre miliardi. Perché allora non ridurre la spesa per la malasanità, avvantaggiando la salute e il portafoglio dei cittadini? Da qui è nata l’idea del seminario organizzato oggi dall’università Bocconi da quattro colossi del settore assicurativo - Aon, Marsh, Trust Risk Group e Willis - proprio per analizzare l’impatto della malasanità sul bilancio del welfare. E i risultati della ricerca condotta sul territorio nazionale danno da pensare. «Su 21 Regioni interpellate, solo 17 hanno risposto - spiega Luca Franzi, consigliere di amministrazione di Aon - e meno della metà ha fatto un calcolo dei rischi. Il 23% ha deciso per il sistema misto, l’intervento di un assicuratore è richiesto soltanto per gestire i sinistri più gravi, normalmente da 250-500mila euro in su; è il sistema utilizzato in Lombardia, per esempio. Ci sono poi Regioni, come la Toscana, che gestiscono in autoritenzione assicurativa i rischi di responsabilità civile legati alla sanità. In parole povere, si fa a meno dell’assicurazione, considerata un onere sproporzionato al rischio, che si cerca di ridurre il più possibile: se sarà necessario, pensano gli amministratori locali, pagheremo i risarcimenti». Sottinteso: magari toccherà a chi verrà dopo di noi. Una visione miope: tanto più che bisogna considerare anche i rischi non ancora liquidati, di cui cioè sono state presentate le denunce magari dieci anni fa e che pendono come una spada di Damocle sui conti della sanità. E intanto i costi salgono: nel periodo tra il 2004 e il 2012 l’importo medio liquidato per i risarcimenti è stato di 26.220 euro, ma si è arrivati a una punta massima di 5.387.470 euro. «La preoccupazione del bravo amministratore - sottolinea Franzi - deve essere quella di evitare gli errori prevedibili, e qui serve l’analisi dei rischi: per quelli non controllabili, l’assicurazione è l’unica possibilità di stabilire un costo certo, quello del premio, da mettere a bilancio. L’esperienza del passato non è una guida sicura, perché la giurisprudenza è cambiata e a parità di danno il valore del risarcimento è cresciuto: ad esempio, oggi si riconosce il danno biologico in caso di morte anche agli eredi».