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 2014  ottobre 09 Giovedì calendario

Andrew Wylie, il più grande agente letterario del mondo, racconta la sua lotta contro Amazon, «un camionista digitale» che rischia di ammazzare autori ed editori

«Amazon amica del lettore? Macché, vuole distruggere il libro, rovinare i veri scrittori, mettere sul lastrico gli autori di qualità. Dobbiamo fermarla». A guidare la rivolta degli scrittori contro il gigante del commercio digitale è Andrew Wylie, l’agente letterario più famoso e più potente del mondo. Ovvero “l’agente dei Nobel”, come lo hanno battezzato per l’impressionante elenco degli autori che fanno parte della sua scuderia: Philip Roth, Salman Rushdie, Milan Kundera, V. S. Naipaul. È Wylie ad avere mobilitato 300 di questi scrittori – insieme con gli eredi di Saul Bellow, Allen Ginsberg, Norman Mailer, Arthur Miller – organizzando la coalizione anti-Amazon che si chiama Authors United.Il casus belli è il ricatto con cui Amazon cerca di piegare il gruppo Hachette e altri editori, rendendo introvabili i loro titoli online. In questa intervista esclusiva, Wylie spiega perché il conflitto è ben più vasto, e in gioco c’è la sopravvivenza della cultura del libro.Secondo lei questa è una lotta per la vita o la morte del libro?«Le tattiche di combattimento di Amazon rendono insostenibile il mestiere di chi pubblica libri. L’industria editoriale deve poter mantenere gli scrittori di qualità. I romanzieri, salvo rare eccezioni, non nascono ricchi. Si mantengono grazie agli anticipi degli editori. L’equazione economica che Amazon vorrebbe imporre, minaccia tutti: editori e autori».Lei rappresenta centinaia di autori e la stragrande maggioranza aderiscono all’appello contro Amazon. Tuttavia, qui in America ormai dal colosso digitale di Jeff Bezos passa il 50% di tutte le vendite di libri. Gli editori non finiranno per cedere alle sue richieste?«Finora tutti i grandi tengono duro. Con Hachette, malgrado il sabotaggio delle sue vendite, Amazon non la sta spuntando. Simon & Schuster gli ha risposto no. HarperCollins idem. Ora Amazon aprirà le trattative con il gruppo MacMillan e con Penguin- Random che rappresenta il 27% del mercato. Io sono fiducioso che non molleranno».Se non ci sono defezioni, se il fronte degli editori resta unito, a quel punto secondo lei cosa accadrà?«Prima ipotesi: Amazon diventa più ragionevole. Ne dubito. Seconda ipotesi: tutti i grandi editori a quel punto ritirano i propri libri da Amazon e si cer- cano dei canali di distribuzione alternativi, anche su Internet. Parliamoci chiaro, Amazon non è altro che un camionista digitale, una grande ditta di logistica, trasporto e consegne. Se pretende di accaparrarsi una percentuale spropositata dei profitti, bisogna dirgli di no».Jeff Bezos ha ben altra stima di sé. Fra le tante vocazioni di Amazon, vede anche il mestiere di editore. Saltando l’intermediazione degli editori tradizionali, storici, propone agli autori di pubblicarli direttamente lui in versione digitale.«È una pretesa ridicola. Nonostante i mezzi enormi di cui dispone, e gli sforzi che ha profuso in questa direzione, Amazon è riuscita a conquistarsi solo un ruolo nel cosiddetto self-publishing, l’editoria fai-da-te. Lusinga i semianalfabeti che sono convinti di essere dei geni e di meritare il successo. Sono l’equivalente dei cantanti sotto la doccia che pensano di essere dei talenti musicali incompresi».Torniamo al suo monito iniziale: davvero Amazon può uccidere il libro? Come?«Non sto inventando nulla, è una storia già accaduta di recente. Amazon copia il modello di Apple che ha portato alla distruzione dell’industria musicale. Io come agente rappresento anche alcuni musicisti, da Bob Dylan a David Bowie. Neppure questi grandi nomi ormai guadagnano dalle vendite di cd. Quel mercato è stato distrutto da Apple con iTunes. Amazon vuol fare lo stesso con gli scrittori. C’è un’aggravante. Bob Dylan ha l’alternativa dei concerti dal vivo. Gli scrittori, anche i più bravi e famosi, non possono mantenersi con letture pubbliche dal vivo riempiendo il Madison Square Garden. Per questo bisogna fermare Amazon prima che sia troppo tardi. Che si limiti a vendere online gli elettrodomestici, dove non può fare gran danno».Elettrodomestici o vestiti, dvd o fotocopiatrici: il fatto è che Amazon già vende proprio tutto, sta diventando un grande magazzino online. Il suo obiettivo è sostituire gli ipermercati Walmart. Occupa il 50% del mercato dei libri ma questi ultimi rappresentano appena il 7% del suo fatturato. I libri sono serviti a Bezos per impadronirsi di notizie essenziali su noi consumatori, il nostro potere d’acquisto, i nostri gusti e le nostre abitudini; poi ci vende tutto il resto. Come può pensare che la lotta contro un simile Moloch la vinciate voi?«Questa battaglia si conduce su diversi terreni. C’è un’azione legale per spingere il Dipartimento di Giustizia americano ad intervenire ai sensi della normativa antitrust. Se convinciamo il Dipartimento di Giustizia, allora Amazon può essere bloccata e regolata, costretta ad accettare condizioni più eque».In passato lei ha citato la Feltrinelli come un modello alternativo: l’editore si crea una rete di librerie. Sarebbe il modo per liberarsi dall’abbraccio mortale della Piovra, come hanno definito Amazon qui negli Usa. Feltrinelli resta un caso raro: pensa che altri editori seguiranno questo esempio?«Feltrinelli potrebbe diventare un modello. Certo è difficile replicarlo su scala americana, con un mercato cosi` vasto. Penguin però ha lanciato un’iniziativa interessante in Inghilterra: il lettore può ordinare il libro su Internet, poi la consegna avviene presso il suo libraio di fiducia e al libraio viene riconosciuta la sua percentuale. È un modo per salvare anche le librerie indipendenti. Dovremo inventarci ogni sorta di canali alternativi, se Amazon continua a costruire la sua “diga”, lo sbarramento che sta edificando tra gli scrittori e i lettori. Di una cosa sono certo: i bravi autori non smetteranno tutti di scrivere. Né si arrenderanno in massa all’editore unico che Amazon vorrebbe diventare. Che Amazon continui pure a pubblicare quelli che cantano sotto la doccia, per me va benissimo… ».Oltre alla minaccia Amazon c’è una rivoluzione tecnologica che trasforma le abitudini di lettura. L’e-book sostituirà la carta?«No. Il libro digitale su tablet va bene per delle letture usa e getta, di rapido consumo. Non mi riferisco soltanto ai romanzetti- spazzatura, o ai thriller da viaggio. Ci sono anche dei saggi di attualità, politica, storia, che si prestano alla consultazione rapida. Ma per un romanzo di qualità, o per un serio saggio di economia, che vuoi rileggere in varie epoche della tua vita, il libro di carta resta imbattibile. Io a casa voglio essere circondato dai miei libri, inclusi tanti capolavori classici. Non li butterò mai. Trovo risibile anche l’obiezione che i libri di carta sono pesanti, ingombranti. Io faccio tanti viaggi intercontinentali, mi porto appresso almeno un paio di libroni, e non mi hanno spezzato la schiena. Sono tassativo: la lettura seria resterà di carta, non digitale».Posso concordare con lei, ciò non toglie che noi apparteniamo a generazioni diverse dai ventenni o dagli adolescenti che sono “nativi digitali”. Non ci sarà una cesura generazionale nelle abitudini di lettura, che condannerà la carta?«Ho informazioni diverse. Ci sono tanti ragazzi che tuttora, quando vogliono dedicarsi a una lettura seria e importante, si trovano a loro agio con la carta. È diverso per le informazioni, è vero che le nuove generazioni preferiscono consumare le notizie in formato digitale. E tuttavia non è detto che abbiano ragione. Al termine di una giornata in cui io mi sono letto il New York Times e il Wall Street Journal su carta, mentre i miei collaboratori trentenni li hanno letti su tablet, spesso sono io ad avere un quadro più preciso degli eventi, della gerarchia d’importanza delle notizie. Il digitale non è una cultura della profondità, è ideale per spaziare in superficie. E non sono favorevole a incoraggiare la superficialità. Attenzione alle conseguenze, quando s’incoraggia la superficialità. Voi italiani ne sapete qualcosa, dopo essere passati attraverso un’orgia di talk-show ridicoli e di veline seminude in tv. Dante si rivolta nella sua tomba. Si pagano dei prezzi, per questi errori».