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 2014  ottobre 02 Giovedì calendario

Napoli lasciata a se stessa tra delusione e «scuorno»

Giggino ’a manetta sta per diventare Giggino ’a paletta? Ridere del sindaco epuratore – ma c’è sempre qualcuno più puro che ti epura – che adesso, sloggiato, vuole trasformarsi nel sindaco «di strada» e «curerò i giardini» e «ascolterò in mezzo alla gente i bisogni della gente» facendo «resistenza contro i poteri forti» e i «complotti» e le «vendette»? Si potrebbe anche ridere di lui (Totò, Peppino e Giggino) e se lo meriterebbe ma soprattutto di fronte a de Magistris «sindaco di strada» viene alla mente «Il sindaco del rione Sanità» che raccontava un dramma, e pure questo lo è. Anche se Giggino è Giggino e Eduardo è l’immenso De Filippo. 
Una città sospesa. Una città dove la politica, sia pure in versione Masaniello, ha fallito un’altra volta. Una città come Napoli oggi, dove ha fatto flop (Giggino ’a floppa, così lo chiamano da tempo, e il flop lo usano al femminile, chissà perchè) l’ennesima promessa di miracolo. Altri tempi quando - fresco di trionfo elettorale - de Magistris esultava allo stadio per i gol di Cavani, passeggiava beato tra la gente in strada e mangiava la pasta nelle vie della Pignasecca tra gli applausi (come «sindaco di strada» ora non sarà osannato), annunciava perentorio durante la festa di San Gennaro che «se non fossi il primo cittadino di questa città, mi candiderei alla presidenza del consiglio e vincerei» e profetizzava in posa da guappo in salsa Vomero: «Napoli, presto, darà un bel segnale». Adesso lo ha dato, eccome. Il segnale di una ex capitale con l’acqua alla gola. La riprova che di retorica e demagogia una città può morire e ritrovarsi, come capita al sindaco rimasto senza bandana, con un grande futuro dietro alle spalle. I «miracoli laici che ogni giorno la mia giunta compie» non si vedono laggiù. Si vede invece una città diventata nemica, o aliena, a chi la abita. Le sofferenze sono restate quelle. E anche le inconcludenze. 
STRANA DEMOCRAZIA 
Biagio De Giovanni, che è intellettuale assai lucido e fuori da ogni schema e appartenenza, spiega: «Napoli non ha mai vissuto una situazione così particolare e drammatica come quella di questi anni con de Magistris. Qui si è sperimentata la democrazia di strada di Max Weber». E cioè? «A una grande emotività di massa, quella che ha portato all’elezione di de Magistris, c’è stata in questi anni una risposta demagogica-plebiscitaria, senza mediazioni, partiti, razionalità». La Napoli sospesa, che non potrà e non sarà sospesa a lungo perchè proprio non lo merita, è quella che sta ospitando in queste ore il suo italiano più famoso, Giorgio Napolitano. Il presidente trova la sua città in preda - oltre allo sbando sociale, ai cornicioni che cadono nella Galleria Umberto e uccidono un giovane passante, alla scia dell’omicidio del diciassettenne Davide Bifolco al quartiere Traiano e all’assenza di progetti civili e di destini possibili - al tracollo della politica e pure della politica dell’anti-politica. C’è un sindaco ormai ex, privo di una maggioranza stabile, privo di un partito, privo di un movimento, privo di consenso. Un sostituto, il vice-sindaco Sodano, che a sua volta è condannato. Partiti evaporati. E in questi anni Giggino ’o bello guaglione - quello che diceva di sè: «Sono bello, piaccio alle donne, è un fatto che sta lì, oggettivamente lo constato» - ha perso dieci assessori sui dodici della prima giunta «arancione» e otto consiglieri comunali di una maggioranza ormai risicatissima. 
La Napoli sospesa ha una cosa che la fa soffrire. La consapevolezza dell’ennesimo torto che ha compiuto a se stessa, scegliendo a suo tempo l’ennesimo Masaniello. E ora lo guarda mentre va via, credendo di restare, con un misto di delusione e di scuorno.