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 2014  ottobre 01 Mercoledì calendario

L’uomo che abbassò la pistola per impugnare la penna

Scelse la strada della ragione ed evitò quella della vendetta. Ad appena 17 anni poteva iniziare una carriera da killer, invece abbassò la vecchia pistola del nonno e risparmiò la vita all’assassino di suo padre. Partì così il 26 marzo del 1966 in via Buonriposo a Palermo il lungo e faticoso cammino che avrebbe portato Francesco Viviano a diventare uno dei migliori cronisti italiani degli ultimi anni.
Chi nasce in alcuni quartieri di Palermo a un certo punto della vita rischia di trovarsi di fronte alla scelta tra stare dalla parte della mafia o della legalità. Viviano aveva tutte le carte in regola per seguire i mammasantissima. Era sveglio e coraggioso e quando aveva pochi mesi gli avevano ammazzato il padre, un muratore con una doppia vita nei borseggi e nei furti, abitudine molto pericolosa se la vittima è protetta da una cosca. A fargli piegare quel giorno la mano fu l’onestà e la fierezza che gli aveva inculcato la madre, una donna rimasta vedova a soli 19 anni che per farlo mangiare e studiare lavorava a servizio. A lei è dedicato il volume.
«Eravamo poveri, poverissimi ma dignitosi», «crescendo cominciai a rendermi conto che esistevano i cosiddetti “uomini d’onore”» e che «insieme alla povera gente» nelle case popolari del quartiere di Palermo vivevano «personaggi legati a diverse famiglie mafiose», era quella la «crema di Cosa nostra», scrive Viviano che da giovane sognava un futuro da capitano di navi mercantili e che invece, anni dopo, avrebbe incontrato molti di quei personaggi nel suo lavoro di giornalista. Quando la madre non ebbe più i soldi per fargli frequentare l’istituto nautico, Viviano cominciò a deviare verso i piccoli furti finché capì definitivamente che quella non poteva essere la sua vita e rifiutò di partecipare a una rapina. Fu la sua salvezza: quelli che dovevano essere i suoi complici furono tutti arrestati il giorno stesso.
Io, killer mancato (Chiarelettere, pagine 160, e 14) non è solo l’autobiografia di un uomo che ha evitato la mafia quando forse sarebbe stato più facile entrare in una cosca che starne fuori. È la testimonianza della vicenda umana incredibile di chi ha salito uno ad uno tutti i gradini — cameriere, marmista, pellicciaio, muratore, commesso — per diventare prima fattorino nella sede di Palermo dell’agenzia di stampa Ansa dove sua madre faceva le pulizie, poi telescriventista e infine giornalista per passare come inviato a «Repubblica». Nella sua carriera non si è occupato solo di mafia firmando alcuni degli scoop più clamorosi di cui nel libro racconta i retroscena, senza però violare il segreto sulle sue fonti. Ha visto da vicino le guerre in Iraq e in Afghanistan e ha condiviso le angosce e le paure dei disperati che attraversano il Mediterraneo sulle carrette del mare. Viviano è un cronista che ha fame di notizie e non si sazia finché la storia che sta seguendo non ha più nulla da offrirgli. Lavoro sulle fonti, memoria, un pizzico di fortuna, lealtà e generosità sono le sue armi.