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 2014  ottobre 01 Mercoledì calendario

La Camera taglia davvero gli stipendi o è una bufala?

Il meglio degli articoli sul taglio ai dipendenti delle Camere scritti oggi da Tommaso Labate (Corriere della Sera), Diodato Pirone (Messaggero), Gianluca Rosselli (il Fatto Quotidino), Mario Giordano (Libero), Tommaso Ciriaco (Repubblica).
 
«Una decisione senza precedenti», scrive Laura Boldrini sulla sua pagina Facebook. Ieri mattina, a Montecitorio, l’ufficio di presidenza della Camera dei deputati ha dato il via libera alla riforma del sistema retributivo del personale. Il piano è stato approvato con 13 sì (tra cui il grosso dei componenti del Pd, di Forza Italia e di Sel), 5 astenuti (tre del Movimento Cinquestelle, uno della Lega Nord e uno di Scelta Civica) e due non partecipanti al voto (uno di Forza Italia, uno di Fratelli d’Italia) [Labate, Cds 1/10/2014].
 
Come sempre in Italia quando si getta un sasso nelle paludi, è partito anche il diluvio delle polemiche. Se infatti il taglio degli stipendi di questa nicchia superprotetta della burocrazia è un fatto epocale, è altrettanto vero che i tagli saranno graduali e saranno completi solo nel 2018. Ma soprattutto il tetto dei 240 mila euro annui che dal primo aprile del 2014 è in vigore per tutti i dirigenti pubblici non verrà rispettato proprio dai massimi funzionari del Parlamento, ovvero dell’Istituzione che ha votato la legge che ha imposto il tetto ai loro colleghi [Pirone, Mess 1/10/2014]
 
Pochi numeri aiutano a capire. Alla Camera (vale la pena ripeterlo: solo alla Camera) ci sono circa 90 persone – quasi tutti consiglieri parlamentari – che guadagnano più del tetto di 240 mila euro. Nei due rami del Parlamento su poco più di 2.000 dipendenti si contano ben 600 stipendi oltre la soglia dei 200.000 euro. Probabilmente si tratta della concentrazione di superstipendi pubblici più imponente d’Europa. La riduzione di questa distorsione evidente (il Capo dello Stato guadagna 240.000 euro) accompagnata dalla sforbiciata anche agli stipendi dei centralinisti, degli archivisti e dei quadri comporterà risparmi notevoli: 97 milioni in quattro anni [Pirone, Mess 1/10/2014]
 
Il nuovo tetto delle retribuzioni di Montecitorio sarà di 240 mila euro per i consiglieri; 166 mila per documentaristi, ragionieri e tecnici; 115 mila per i segretari; 106 mila per collaboratori tecnici; 99 mila per collaboratori e assistenti. Un’operazione che, secondo la Boldrini, porterà a un risparmio in quattro anni di 60,15 milioni a Montecitorio e 36,76 a Palazzo Madama per un totale, appunto, di 97 milioni di euro [Rosselli, Fat 1/10/2014].
 
Non possiamo fare a meno di ricordare che mesi fa era stato annunciato che la Camera nel 2013 avrebbe fatto risparmiare 50 milioni allo Stato. A conti fatti (luglio 2014) l’economista bocconiano Roberto Perotti, diventato consigliere economico di Palazzo Chigi, ha dimostrato che i soldi risparmiati erano solo 4, cioè meno di un decimo di quello annunciato. E che nel frattempo la spesa per i deputati (indennità più pensioni) era aumentata di 10 milioni di euro [Giordano, Lib 1/10/2014].
 
Ma anche in questa riforma c’è l’inghippo. Il tetto dei 240 mila, infatti, non tiene conto degli oneri previdenziali e delle indennità di funzione. Netto invece che lordo, quindi. Se invece vengono compresi, ecco che la cifra sale a 360 mila. Non cambia, poi, l’aumento del 2,5 per cento annuo automatico, che non ha pari in nessun’altra categoria professionale [Rosselli, Fat 1/10/2014].
 
Va detto che per riuscire a far accettare questo piano di lacrime, stenografi e sangue, sono state adottate le dovute cautele. È ovvio, no? Mica si può tagliare lo stipendio di un documentarista a 12.700 euro al mese così di botto. Mica si può imporre al barbiere di tirar la cinghia fino a 7.600 euro al mese senza dargli prima la possibilità di adattarsi, poco a poco. Per accettare la dura realtà ci vuole tempo. Ci vuole un apposito percorso. Ci vuole gradualità. La riforma, infatti, entrerà in vigore il 1 gennaio 2015, ma la riduzione completa degli stipendi scatterà solo dal 2018. Con calma, si capisce [Giordano, Lib 1/10].
 
In parole povere, i 90 alti dirigenti della Camera che oggi superano i 240 mila euro subiranno tagli pesanti ma continueranno a guadagnare più di 240 mila euro anche dopo il 2018. Quindi continueranno a guadagnare più del Capo dello Stato, del Capo della Polizia o del Direttore delle Agenzie delle Entrate. In particolare per il segretario generale della Camera, che oggi viaggia sui 480.000 euro annui, si prevede una riduzione (indennità compresa) a circa 360.000 euro [Pirone, Mess 1/10/2014].
 
Alcuni esempi dei tagli previsti da qui al 2018: chi oggi guadagna 300 mila euro (come alcuni consiglieri parlamentari) ne guadagnerà 12 mila in meno nel 2015, 18 mila in meno nel 2016 fino a 33 mila in meno nel 2018. Chi oggi prende 179.400 euro (documentaristi) guadagnerà 2.680 euro in meno l’anno prossimo fino a un taglio di 7.370 euro nel 2018 [Labate, Cds 1/10/2014].
 
Il tetto di 240 mila euro è «falso», protestano i cinquestelle, mentre il questore di Scelta Civica Stefano Dambruoso, che non ha votato il testo, sostiene che i tagli non soddisfano la «richiesta forte degli elettori che vogliono l’eliminazione degli sperperi» [Ciriaco, Rep 1/10/2014].
 
Contrari ai tagli anche i 21 sindacati dei dipendenti delle Camere. Una rivolta senza precedenti. I dipendenti delle Camere respingono sdegnati la ghigliottina agli stipendi e si preparano a dare battaglia contro il tetto ai salari. Troppo punitivo, sostengono, il “massimo” di 240 mila euro, troppo aggressivi gli altri “sottotetti”. Il più basso dei quali – è utile ricordare – è fissato a 99 mila euro. E così, con un gesto clamoroso 465 lavoratori (su un totale di 1.400) firmano una lettera indirizzata alla Presidenza di Montecitorio, agitando «contenziosi legali» e denunciando atteggiamenti «antisindacali » messi in atto con «assoluta noncuranza dei diritti dei lavoratori» [Ciriaco, Rep 1/10/2014].
 
Del resto i dipendenti di Camera e Senato non erano quelli che dicevano di sentirsi la «Porsche» del Paese? Ma sì, dissero proprio così: erano in una delle loro popolari manifestazioni per la difesa dello stipendio, e lo proclamarono a voce alta: «Che c’è di strano se siamo pagati più degli altri? Anche la Porsche costa di più perché è di lusso…». Ecco: il commesso di Montecitorio è il lusso che dobbiamo permetterci al modico prezzo di 99mila euro l’anno. E pazienza se quel lusso voi lo pagate solo, mentre lo usano altri: mica si può avere tutto dalla vita. Accontentatevi e non brontolate, se no vi dicono che siete demagoghi e populisti [Giordano, Lib 1/10/2014].