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 2014  settembre 29 Lunedì calendario

Ieri tutti a guardare il matrimonio di George Clooney a Venezia, mentre il vero matrimonio da guardare era quello di Marco Carrai a San Miniato a Monte

Ieri tutti a guardare il matrimonio di George Clooney a Venezia, mentre il vero matrimonio da guardare era quello di Marco Carrai a San Miniato a Monte...

E chi è Marco Carrai?
Un carissimo amico di Renzi, finanziere di professione, a cui il presidente del Consiglio e la moglie Agnese hanno fatto da testimoni di nozze. Il premier lo voleva al governo, Carrai ha risposto che preferiva continuare a fare il suo mestiere. È lui che raccoglie i denari per le campagne di Renzi (fondazione Open) ed è lui che gli ha pagato per quasi tre anni l’affitto dell’appartamento al quinto piano di via degli Alfani 8, dietro Palazzo Vecchio (fascicolo aperto in Procura, finora niente da segnalare). Renzi ha messo Carrai anche a capo degli Aeroporti Firenze, mentre alla fidanzata sposata ieri, Francesca Campana Comparini, di anni 26, è stata affidata l’organizzazione di una mostra su Pollock da 375 mila euro, anche qui con una messe di polemiche, articoli del Fatto e annuncio di inchieste giudiziarie (dopo l’annuncio, tuttavia, niente).  

Beh, e il matrimonio?
Ieri. Spettacolare. Sulla cima della città. La lista degli invitati è l’elenco del cosiddetto nuovo potere, quello che si coagula intorno al nuovo uomo forte della politica italiana. Niente di male, non può che essere così. C’erano Paolo Fresco e Oscar Farinetti, Paolo Mieli e Alessandro Baricco, un mucchio di renziani (ma non la Boschi), Tronchetti Provera, Franco Bernabè col figlio, Marco Morelli di Merryl Lynch/Bank of America, Davide Serra da Londra (Fondo Algebris), Mike Leeden arrivato apposta dall’America, Chicco Testa eccetera eccetera. Non c’era l’ex amico Della Valle padrone della Fiorentina, non c’era Bersani, non c’era il presidente del partito Cuperlo, non c’era D’Alema. Del resto era il matrimonio di Carrai e non il matrimonio di Renzi, quindi è lecito spettegolare fino a un certo punto. Però, mentre andava al matrimonio in treno da Roma, dove era appena sbarcato dagli Stati Uniti, Renzi ha trovato il tempo di dare una lunga intervista a Repubblica. Senza sapere che, nel frattempo, D’Alema stava dando una lunga intervista, contro di lui, al Corriere della Sera.  

Accidenti. Sentiamo.
Renzi è sotto attacco: De Bortoli sul Corriere di qualche giorno fa ha dichiarato che il premier non lo convince e ha insinuato che sia addirittura in odore di massoneria. Bersani ha dichiarato che si fa dettare l’agenda da Verdini. I vescovi italiani, per bocca di monsignor Galantino, hanno intimato al governo di cambiare agenda dando priorità a famiglia, lavoro, scuola (si dice che monsignor Bagnasco si sia irritato perché alla richiesta di un colloquio Renzi lo avrebbe dirottato sul suo braccio destro, il silenzioso Luca Lotti). Della Valle lo ha definito un «sòla» e vuole andare da Napolitano con una sua lista di «ministri competenti». I sindacati sono pronti allo sciopero generale, e sia pure tra un mese. Tutti questi possono essere definiti «poteri forti» e Renzi, nell’intervista a Repubblica, ha voluto precisare che lui dei poteri forti non ha paura, ben venga Della Valle, i vescovi restano amici, io non sono massone, non intendo mediare sull’articolo 18, qui resto e insisto nel voler cambiare verso all’Italia.  

E non aveva ancora letto l’intervista di D’Alema.
Il quale dice che Renzi ha difficoltà serie in Europa e «sull’articolo 18 è in atto un’operazione politico-ideologica  che non corrisponde a nessuna urgenza [...] Se si toglie al lavoratore persino la garanzia del reintegro in caso di grave illegittimità si ristabilisce all’interno del luogo di lavoro un rapporto gerarchico basato su paura e subalternità. Una forza di sinistra non può accettarlo». D’Alema ha anche ripreso, appesantendola, l’accusa di Bersani: «L’unica vecchia guardia con cui Renzi interloquisce è quella rappresentata dal centro-destra di Berlusconi e Verdini. Al Pd vengono poi imposte, con il metodo del centralismo democratico, le scelte maturate in quegli incontri privati. Gramsci nei Quaderni
scriveva che i giovani devono inevitabilmente confrontarsi con la generazione più adulta, ma può capitare che i giovani di una parte si facciano istruire dagli anziani della parte avversa».  

Oggi c’è il confronto in Direzione su Jobs Act e articolo 18.
Renzi, in Direzione, ha i numeri per vincere senza problemi. Ma D’Alema, nell’intervista di ieri, ha anche detto: «Spero che Renzi si renda conto che una frattura del maggior partito di governo non sarebbe un messaggio rassicurante».