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 2014  settembre 23 Martedì calendario

Polveriera Medioriente: Erdogan si fa l’atomica

La Turchia sta lavorando in segreto allo sviluppo della bomba atomica. Anzi, si tratta di un segreto di Pulcinella visto che «i servizi di intelligence occidentali sono ampiamente concordi». Lo scrive il quotidiano tedesco Die Welt secondo cui il governo di Ankara guidato fino a ieri dal premier Recep Tayyip Erdogan - appena eletto presidente della Repubblica - avrebbe lasciato una scia di indizi inequivocabili. Il primo è l’impulso che sotto Erdogan è stato dato al nucleare civile. Da anni l’economia turca corre a ritmo spedito e per sostenere lo sforzo, l’esecutivo islamico moderato ha voluto due nuovi reattori: il primo commissionato ai russi di Rosatom per 15 miliardi di euro, il secondo, per 17, a un consorzio nippo-francese. «Particolarmente interessante è ciò che i due contratti non scrivono», si legge sul giornale tedesco. A differenza di quello che succede di norma in questi casi, con il gestore che ritira il combustibile esausto impegnandosi al suo costosissimo stoccaggio, «Ankara ha insistito per un contratto separato. L’intenzione è chiara», prosegue il quotidiano di Berlino, «la leadership turca vuole tenere per sé componenti del programma nucleare essenziali allo sviluppo di un’arma atomica». Il ri-arricchimento delle barre di uranio esausto sarebbe un’operazione relativamente facile da portare a compimento in termini di tempo e di strutture necessarie. Oltre a essere un Paese cardine della Nato, con il secondo esercito più grande dopo quello Usa, la Turchia è anche un membro del Trattato di non proliferazione, strumento del diritto internazionale che vigila sulla non diffusione delle armi atomiche. L’impegno di Ankara in questo senso è chiaro: basti pensare che lo scorso agosto la scienziata turca Nurcan Ozerl è stata nominata alla direzione del Ctbto, organizzazione il cui scopo è impedire i test nucleari. Come si giustifica allora il doppio «buco» nei contratti siglati dai turchi con russi e nippo-francesi? Lo ha spiegato il ministro dell’Energia Taner Yildiz, riprende Die Welt: «Vogliamo capire meglio il ciclo del nucleare». Sarà. I tasselli del puzzle comprendono anche gli stretti legami fra il governo della Sublime Porta con il fisico pachistano Abdul Qadeer Khan, globalmente riconosciuto come il papà degli ordigni nucleari di Islamabad e sospettato di essere anche il padrino dei programmi atomici di Libia, Siria, Iran e Nordcorea. È con il suo aiuto e con centrifughe made in Pakistan, asseriscono i servizi segreti tedeschi ripresi dalla Welt, che Erdogan avrebbe ottenuto la costruzione degli impianti per l’arricchimento dell’uranio. Altro indizio: la Turchia sta sviluppando un programma di missili a medio raggio, che per gittata, tipo di testata e scarsa precisione «sono compatibili con le armi di distruzione di massa». Dulcis in fundo, la geopolitica. La Turchia di Erdogan ha instaurato rapporti pessimi con Israele, della cui bomba atomica tutti sanno ma nessun parla. Peggio ancora, Erdogan, campione degli islamici sunniti, non può tollerare che l’Iran, peso massimo sciita nella regione, sia a un passo dallo sviluppo della propria bomba atomica. Lo aveva chiarito l’anno scorso l’ex presidente della Repubblica, Abdullah Gul: «La Turchia non permetterà a un Paese vicino di sviluppare armi che la Turchia non abbia». Da anni gli esperti dicono a Barack Obama che un Iran nucleare avrebbe scatenato la corsa all’atomica nella regione. Il presidente Usa che ha già chiuso un occhio con Teheran in cambio d’aiuto contro gli estremisti dello Stato islamico, non potrà che chiudere anche l’altro se a volere la bomba è la Turchia, Paese che peraltro ospita già testate nucleari americane nelle sua basi Nato. E la retorica di Obama contro il nucleare che gli è valsa il Nobel per la Pace? Morta anche quella. Fra il nazionalismo russo, quello cinese e il nucleare pachistano, scriveva ieri il New York Times, Obama si è impegnato per rinnovare l’arsenale nucleare americano come non si faceva negli Usa da decenni. La Guerra Fredda è ripresa e con lei la corsa al nucleare.