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 2014  settembre 18 Giovedì calendario

Scozia, se vincono i sì pronto un piano salva-sterlina

Il pound s’apprezza sulla scorta di una flebile fiducia sulla tenuta dell’Unione, recuperando il terreno perduto nelle ore immediatamente successive al sondaggio di YouGov che, dieci giorni fa, suonò la sveglia al mondo intero annunciando la possibile vittoria dei secessionisti nella consultazione di oggi, quando 4,3 milioni di scozzesi decideranno del loro destino. E non solo del loro come ripete il Fondo monetario, esplicito nel warning al pianeta «per l’incertezza che provocherà tremori sui mercati». Conseguenza inevitabile, sul breve termine, di un "Sì" alla separazione.
Per questo motivo oggi il governatore della Banca d’Inghilterra (BoE) Mark Carney è al posto di comando nella City, in rientro dall’Australia dove ha abbandonato la riunione del G20. «La Bank of England - spiega Lucrezia Reichlin docente alla London business school, ex chief economist della Banca centrale europea - ha già un piano pronto per garantire liquidità in caso di fuga di capitali inevitabile, immediata conseguenza di un voto favorevole alla separazione. Le banche centrali hanno dimostrato con la crisi del 2008 di riuscire a intervenire in modo efficace per gestire situazioni in cui è richiesta emergency liquidity assistance. Altro problema è l’assetto finale delle due realtà statali che potrebbero nascere dalla divisione della Gran Bretagna».
Diciotto mesi di trattative per decidere, fra l’altro, le quote di debito pubblico da intestare alle due capitali; le quote di riserve petrolifere del Mare del Nord e quel che più conta l’assetto valutario di due Stati che, secondo i nazionalisti, dovrebbero vivere separati, ma in comunione monetaria. Scenario inaccettabile per Mark Carney, netto nel dire che la condivisione del pound è inconciliabile con il principio di piena sovranità.
È attorno a questa prevalente incertezza che si gioca una partita difficile da immaginare sul medio lungo periodo, ma piuttosto prevedibile sul brevissimo. Le banche stanno riempiendo i cash dispenser scozzesi con banconote trasferite da Sud a Nord per evitare il ripetersi del caso Northern Rock nel 2007, fronteggiando la caccia di contante che scatterà domani mattina qualora dovesse essere annunciata la secessione. Operazione coordinata dalla BoE, per far i conti con l’inevitabile isteria di un passaggio storico che non considera la realtà dei fatti: fino al 2016, ovvero fino alla conclusione delle trattative di "divorzio", Edimburgo e Londra saranno entrambe britanniche.
Il flusso di capitali, in realtà, sarà nella direzione opposta, da Nord a Sud. Gli asset finanziari "domiciliati in Scozia" ammontano a 10 volte il prodotto interno lordo di Edimburgo e la tentazione di muoverli verso lidi più tranquilli è stata confermata da Royal Bank of Scotland e Bank of Scotland, ma anche dai grandi Trust che gestiscono 23 miliardi di sterline. Alliance Trust (2,5 miliardi di sterline), secondo Reuters, sarebbe già pronto a fare le metaforiche valigie.
Uno "Yes" anche di misura potrebbe spingere la sterlina a perdere fra il 3 e il 10% e scatenerà la vendita di titoli di stato britannici. Secondo i maggiori operatori di fixed income il gilt decennale vedrà schizzare i rendimenti dal 2,54% di oggi al 2,75-3 per cento. Per alcuni è ipotesi fin troppo ottimista visto che in gennaio lo yield per il decennale già superava il 3 per cento. L’effetto in Borsa s’è già visto con i titoli finanziari colpiti in modo deciso, mentre una "corsetta" all’oro è in pieno svolgimento. La vendita di lingotti, in base alle rivelazioni del broker GoldCore nell’ultimo mese è cresciuta del 60% rispetto alla media trimestrale. Nel 2008, in piena crisi Lehman, fuori da gold dealers di Londra c’era la coda di cittadini pronti a cambiare cash per oro.
Se questo è lo scenario del D-Day nel segno di una volatilità elevatissima, evidente in queste giornate pre-referendum, l’aria che si respira ora sui mercati è vagamente diversa. Il rimbalzo, ieri, del pound fino ai livelli del 5 settembre, prima del sondaggio di YouGov, è figlio della crescente convinzione che la spunterà il "No". Opinione tanto radicata da aver convinto la società di scommesse Betfair ad "anticipare", prima dello scrutinio, la liquidazione di 100mila sterline a chi ha puntato sulla vittoria degli unionisti. Trovata a evidente scopo pubblicitario, ma utile per capire l’umore che scuote un Paese di giocatori d’azzardo, pronti a vivere una giornata campale. Nelle banche s’"affilano" i terminali. Stanotte quando si aprono le urne dalle Lowlands alle Shetlands le trading rooms saranno a ranghi doppi per coprire gli ultimi scambi in Asia e i primi nella City. Con le dita ben incrociate.