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 2014  settembre 11 Giovedì calendario

Biografia di Roberto Chiarini

• Carpenedolo (Brescia) 26 aprile 1943. Storico. Insegna Storia contemporanea e Storia dei partiti alla Facoltà di Scienze politiche dell’università di Milano. Collabora con il Giornale, Il Foglio e diverse riviste (MondOperaio, Il Ponte, Nuova Storia Contemporanea). È presidente del Centro studi e documentazione sul periodo storico della Rsi di Salò e del Comitato storico-scientifico della Fondazione Craxi di Roma. «Per fare storia bisogna anzitutto raccontarla».
• «Non c’è altro leader politico nell’intera storia repubblicana, come Bettino Craxi, la cui memoria sia stata inghiottita in un buco nero che ha annichilito insieme la sua figura e il suo partito. Craxi resta l’icona principe di Tangentopoli a tal punto che la condanna morale ha finito per proiettare a ritroso sulla sua complessiva biografia politica l’ombra di un giudizio liquidatorio. Molto più restia della destra a rivedere il suo giudizio sulla figura e l’opera del leader socialista si è rivelata la sinistra… Innanzitutto, la contrarietà degli orfani di Berlinguer a riconciliarsi con il socialismo democratico. In secondo luogo, il bisogno di trovare un utile alibi per evitare di rimettere in discussione un’identità bocciata dalla storia ma che si vuole a tutti i costi salvaguardare, chiedendo tutt’al più alla morale quel che l’ideologia non può più dare. Ma per questa via l’ostracismo tenuto in vita nei confronti del fautore anzitempo di un riformismo allora osteggiato ha finito per rivelarsi lo specchio della persistente difficoltà a confrontarsi con le nuove sfide del presente» [dal suo intervento al convegno “Il governo Craxi”, 25/9/2013].
• Ultimo libro, Alle origini di una strana Repubblica (Marsilio 2013), dove si interroga sulle promesse mancate della Seconda Repubblica, promesse a suo dire costitutivamente impossibili da realizzare fino a quando non saranno rimossi alcuni limiti “genetici” del nostro sistema politico come gli stridenti contrasti fra paese reale e paese legale e tra anticomunismo e antifascismo, tuttora esistenti: «“State attenti alla Seconda Repubblica, potrebbe essere peggiore della prima” – era l’avvertimento premonitore di Giovanni Sartori al tornante dell’anno 1994, quando cioè eravamo ancora solo agli annunci. Non è facile capire se la sua fosse la previsione ragionata di un consumato studioso delle democrazie o semplicemente la sconsolata aspettativa di chi conosce di che pasta è fatta la politica italiana e di quali delusioni è capace. Certo è che nel paese si respirava tutt’altra aria. C’era la convinzione generalizzata di essere in presenza di una rivoluzione in cammino: dopo la “repubblica dei partiti” sarebbe arrivata finalmente la “repubblica dei cittadini”, dopo la “democrazia bloccata” la “democrazia compiuta”. Quanto al destino complessivo del Paese, nessuno dubitava che, tolta di mezzo una partitocrazia famelica, avida di tangenti miliardarie, l’Italia avrebbe ripreso di slancio la corsa che tra alti e bassi ci aveva accompagnato dal dopoguerra. A vent’anni di distanza scopriamo che la democrazia non si è affatto compiuta, che la corruzione non è stata per nulla debellata, che la crescita si è addirittura rivoltata in recessione. Ce n’è abbastanza per indurci a rivolgere il nostro sguardo all’indietro per cercar di capire cosa non ha funzionato. Se fino a ieri pensavamo di vivere in una fase di transizione, visto che la fantomatica Seconda Repubblica tardava ad arrivare, oggi cominciamo a temere che il nostro sia stato solo un tragico abbaglio» [Grn 18/10/2012].
(a cura di Massimo Zanaria)