Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  maggio 24 Martedì calendario

A parte il fatto che, dopo le amministrative di domenica scorso, Zapatero e i socialisti sembrano finiti, la Spagna è interessante in questo momento per il movimento 15M (15 maggio) meglio conosciuto come movimento degli “Indignados”, parola che da noi non ha bisogno di traduzione

A parte il fatto che, dopo le amministrative di domenica scorso, Zapatero e i socialisti sembrano finiti, la Spagna è interessante in questo momento per il movimento 15M (15 maggio) meglio conosciuto come movimento degli “Indignados”, parola che da noi non ha bisogno di traduzione. Gli Indignados sembrano oltre tutto molto vicini ai nostri Indignati, sono giovani senza futuro, precari, costretti a raccattare lavoretti da quattro soldi, nemici di tutti i partiti, eccetera eccetera. Occupano dal 15 maggio la Plaza del Sol di Madrid e un altro centinaio di piazze in tutta la Spagna. Hanno rizzato tende, messo in piedi infermerie, si portano dietro i figli, ricevono dalla popolazione cibo e comprensione, rifiutano contributi in denaro, non fanno cortei e non esercitano alcuna forma di violenza, si limitano a fare discorsi e appelli in cui chiedono una società nuova. Le elezioni spagnole di domenica scorsa hanno fatto perdere i socialisti e vincere i conservatori, cioè il Partito popolare di Mariano Rajoy, che presumibilmente tra nove mesi sarà nuovamente al potere. La cosa, agli Indignados, non interessa minimamente perché non tifano per nessuno. Ieri, a urne chiuse, hanno annunciato che continueranno a presidiare la piazza per un’altra settimana, indifferenti al fatto che i commercianti là intorno cominciano ad averne le scatole piene e dicono che i loro fatturati sono calati del 40%.

• Da dove sbucano fuori?
Lo sa anche lei da dove sbucano fuori: dalla crisi. Che in Spagna è molto peggiore che da noi. Il loro sistema bancario è sull’orlo del fallimento e per scucire un prestito bisogna sputare sangue. Hanno chilometri e chilometri di case vuote che nessuno vuole comprare. Poche manifatture, poche esportazioni, un Paese che ha sbagliato gli indirizzi del suo sviluppo e oggi si ritrova in mano poco o niente. Zapatero, per evitare la fine di Grecia Irlanda e Portogallo (la Spagna è la “s” dell’acronimo Pigs), ha tagliato ferocemente i conti pubblici, ha addirittura ritirato dopo dodici mesi le indennità di disoccupazione concesse a fine 2009 perché non se le poteva permettere. Così, ecco gli Indignados: i quali sanno che nessuno dei soggetti politici esistenti – né i partiti né i sindacati – ha la soluzione del loro problema. Che è semplicemente questo: hanno la sensazione di essere un puro costo da tagliare, hanno l’impressione di non servire a niente, cominciano a credere che passeranno il resto della vita a chiedere l’elemosina di un qualche lavoretto a trecento euro, essendo magari laureati in legge o in filologia romanza.

• Come da noi?Loro stanno peggio. Gli under 35 senza lavoro sono più del 40 per cento. Noi abbiamo casomai il problema che i nostri 20-35 anni, iperprotetti dalle famiglie, non vanno più neanche in piazza. I dati dell’Istat di ieri mostrano che i Neet (né lavorare né studiare, «not in education, employment or training») sono in aumento: 2,1 milioni nel 2010, cioè 134 mila in più rispetto al 2009. La filosofia dei Neet è «Non ce ne frega di niente e di nessuno, lasciateci vivere in pace». Mangiano e dormono grazie ai genitori, eccetera. Gli spagnoli, almeno quelli che hanno eretto le tende in piazza, non sono Neet e vorrebbero rendersi utili e vivere una vita dignitosa. Sono talmente simpatici e buoni che tutti li corteggiano, la polizia li lascia stare, intellettuali e mamme gli dànno ragione…

• Cos’hanno che non va?
Beh, il livello di rabbia non sembra ancora sufficiente. Hanno scritto che il loro movimento somiglia a quello che in Egitto e in Tunisia ha rovesciato Mubarak e Ben Ali. È un parallelo superficiale. Gli Indignados sono casomai la rappresentazione fisica della forza e della debolezza di Internet: attraverso la rete si sono convocati a decine di migliaia in tutte le piazze di Spagna; come nella rete non hanno però leader né sanno bene che cosa vogliono. Il loro programma è penoso.

• In che consiste?
Dal loro manifesto: «Crediamo in una società nuova che dia la priorità alla vita prima che agli interessi economici. Invochiamo un cambiamento nella società e nella coscienza sociale». Chiedendo in giro, ci si sente dire che ci vuole «una rivoluzione etica», la fine della «dittatura dei partiti» e la «democrazia diretta», «facilitare la partecipazione dei cittadini attraverso i canali diretti», «l’uscita dal capitalismo attraverso il sociale». Se non fossero belle frasi, si potrebbe dire che sono scemenze.

• Perché?
Guardando a quello che è successo in passato si vede che i movimenti che nascono da sé sulla spinta di bisogni incoercibili trovano poi leader ambiziosi che li sanno convincere e orientare, dànno loro un programma concreto e raggiungibile e li adoperano come massa di manovra. Fino a che non c’è questo, fino a che non c’è organizzazione e spinta in una direzione chiara, sono fenomeni interessanti solo per i giornalisti e i sociologi.