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 2014  aprile 24 Giovedì calendario

Biografia di Francesco Joško Gravner

• Gorizia 11 giugno 1952. Vitivinicoltore. Due stelle Michelin (2001 e 2008). Proprietario dell'azienda agricola Gravner a Oslavia (Gorizia), nel Collio friulano. Noto per aver sostituito le botti con le anfore. «Ero un contadino sconosciuto, nessuno badava a quelli come me. Luigi Veronelli s'informò sulla mia Ribolla, disse di continuare perché quel vitigno aveva mille anni di storia qui. Mi diede la forza di crescere, indicando la strada da seguire, la terra e la natura e non le mode» (a Luca Gardini).
• «Oslavia, due passi dal confine sloveno. Terroir di vino e guerra, un ossario con 60mila morti e i vigneti che sputano ancora proiettili e granate dalla Grande Guerra. La casa di Josko, quasi invalicabile “perché spesso chi viene qui desidera solo vedere da vicino ‘il matto’”, è tra le poche rimaste in piedi dopo il primo conflitto mondiale. Fungeva da infermeria. Josko ha occhi timidi, sguardo vigile e modi antichi. Ha rivoluzionato il mondo del vino, attingendo da biologico e biodinamico senza legarsi a nessuno. Ha seminato come un eretico troppo avanti, persino per se stesso, e il cruccio è non avere eredi. In tanti lo imitano, in pochi gli somigliano, nessuno lo eguaglia» (Andrea Scanzi) [Il vino degli altri, 5/3/2012].
• «Quando, in famiglia, ha assunto il ruolo di viticoltore? “Avevo 14 anni quando mio padre per la prima volta mi permise di travasare da solo il vino. Mi ripeteva sempre: “Joško, il vino non si fa così, ma va bene lo stesso, sei giovane, devi provare.” Mi spiegava di lasciare l’uva con gli acini arricchiti dalla butrite nobile sulla vite, perché è la parte migliore. A scuola invece ci insegnavano di eliminare tutte le parti ‘marce’. Non ebbi l’occasione di confermagli quanto fosse nel giusto, poiché è morto quando avevo appena 25 anni”» (Miha Štamcar e Nina Vogrin) [Dobro Jutro, 2010].
• «Dal Collio goriziano partì per il Caucaso, la culla della vite, la sorgente appunto. Scoprì che in Georgia crescono centinaia di varietà autoctone, molte a bacca bianca, e che è da 5mila anni che si vinifica in recipienti di terracotta interrati fino al collo, un processo di ritrovata osmosi naturale tra terra e uva ma soprattutto “un espediente - ama raccontare -, che rispetta totalmente gli eco-equilibri perché non richiede filtrazioni, chiarifiche, lieviti artificiali, enzimi o trucioli. Solo un po' di zolfo, ma quello sono 2mila anni, dall'epoca romana, che lo usiamo. Nessuno scandalo” (…) Nel suo quartier generale di Oslavia ha realizzato un'anforaia sotterranea con decine di recipienti caucasici. Un sancta sanctorum di grande effetto. A seguito della diraspatura e pigiatura, le uve vengono calate nelle anfore con le bucce. Dopo lunghe macerazioni di durata variabile, in genere 6-7 mesi, il vino passa in botti grandi di legno di Garbellotto per circa 3 anni. In tutto, 48 mesi, “il tempo che ci vuole per fare un adulto”» (Gabriele Zanatta) [Identità Golose].