Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  febbraio 27 Giovedì calendario

Biografia di Giulio Ferroni

• Roma 14 agosto 1943. Storico e critico letterario. «Sono un critico che, di solito, gli autori di best seller non li ama e verso i quali non coltiva nessun’indulgenza».
• Allievo di Walter Binni, in un primo tempo si dedicò allo studio del teatro del Rinascimento e del Settecento, per poi estendere la sua ricerca alla produzione letteraria contemporanea. Critico, saggista e collaboratore di diverse testate, dall’82 è professore ordinario di Letteratura italiana all’Università di Roma La Sapienza. Tra le sue opere, la Storia della letteratura italiana in 4 volumi, Dopo la fine. Sulla condizione postuma della letteratura e La scuola sospesa editi da Einaudi; La scena intellettuale. Tipi italiani, Passioni del Novecento e Machiavelli, o dell’incertezza pubblicati da Donzelli. Da ultimo, Dopo la fine (Donzelli, 2010), Scritture a perdere (Laterza, 2010), Gli ultimi poeti. Giovanni Giudici e Andrea Zanzotto (Il Saggiatore, 2013). Con lo pseudonimo di Gianmatteo del Brica, ispirato a Machiavelli, ha pubblicato le Lettere a Belfagor.
• «Come critico, Giulio Ferroni sta dalla parte degli “eclettici diffidenti”; come intellettuale che guarda alla politica sta dalla parte dei diffidenti tout court» (Paolo Di Stefano).
• «Studioso di letteratura italiana cui si devono saggi che spaziano da Machiavelli al Novecento, dall’Aretino ai contemporanei, dall’analisi del comico a una Storia della letteratura italiana; saggi che colgono nei testi, con grande acutezza, il volto del mondo e del suo divenire, il rapporto dell’opera e del suo linguaggio con le trasformazioni del costume, dei valori, della politica, della tecnologia» (Claudio Magris).
• «Critico schietto, appassionato, onesto e gran lettore. Sembra che quest’ultimo anno lo abbia trascorso passando in rassegna la narrativa italiana, e gli è venuta la nausea. Siamo all’angoscia della quantità (parole sue). Siamo alla vacuità. Siamo al paradosso che la letteratura, definita da alcuni teorici un corpus di testi speciali, cioè di testi di “ri-uso” (come le leggi e i libri sacri) oggi è viceversa una categoria di ”scritture a perdere”, che dopo sei mesi dalla loro pubblicazione nessuno apre più» (Alfonso Berardinelli) [Fog 8/5/2010].
• Stroncature: quando Come Dio comanda di Niccolò Ammaniti nel 2007 vinse lo Strega, si disse d’accordo con Pietro Citati che aveva lanciato la proposta di abolire per legge i premi letterari, per convogliarne gli importi sui «deprimenti stipendi» degli insegnanti. «Ma attenzione!, concluse, aggiungerei una norma transitoria che vietasse comunque l’acquisto del libro di Ammaniti» («Ammaniti (...) non dice niente dell’Italia che pretende di rappresentare, o meglio dice quello che già si sa leggendo i giornali e guardando la tv»).
• In un saggio contenuto nel libro a più mani Sul banco dei cattivi (Donzelli 2006) accusò Alessandro Baricco di spacciare «il banale per essenziale, la mediocrità per distinzione, il facile per il difficile».
• «Nella cultura contemporanea è in atto un ribaltamento nei canoni di valutazione. Prevale il punto di vista del mercato. Chi vende è considerato un grande scrittore. Persino Faletti, la Mazzantini».
• Lettera aperta di sostegno a Walter Veltroni alla vigilia delle politiche 2008 (però critico con Mussi in quanto ministro dell’Università e, quanto all’appoggio a Veltroni: «Sceglierò il male minore. Ovvero Walter Veltroni. E dico il male minore»).