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 2014  gennaio 08 Mercoledì calendario

Biografia di Francesco La Licata

• Palermo 22 settembre 1947. Giornalista. Della Stampa. Libri: Storia di Giovanni Falcone (Rizzoli, 1993); Pizzini, veleni e cicoria. La mafia prima e dopo Provenzano (Feltrinelli, 2008), scritto con Pietro Grasso; Don Vito (Feltrinelli, 2010), con Massimo Ciancimino.
• «(...) Principe del giornalismo di mafia (...) era amico personale di Falcone, uno dei pochi (...) Falcone doveva essere davvero un grand’uomo per meritarsi un giornalista così» (Massimo Gramellini) [Sta 24/5/2008].
• Detto Ciccio, «nel ’70 entra all’Ora di Vittorio Nisticò, settore cronaca giudiziaria. A piazzale Ungheria si fa un giornale del pomeriggio: “Ci si alzava prima dell’alba e si girava per ospedali per sapere se fosse stato commesso qualche omicidio o fatto di cronaca rilevante – ricorda La Licata – Alle 9 dovevi aver già fatto il pezzo, con tanto di fotografie: era un incubo”. Ma, l’Ora, come gli altri quotidiani pomeridiani, è destinata al modernariato. Nel ’76 La Licata passa al Giornale di Sicilia e inizia a collaborare con l’Espresso ed Epoca. Alla Stampa nell’86, nel giro di tre anni lascia Palermo, senza smettere di occuparsi di Palermo. Con Lucio Galluzzo e Saverio Lodato ottiene una lunga intervista dal giudice Giovanni Falcone. Ne verrà fuori un libro, Falcone Vive (Flaccovio). (...) Sono gli anni eroici di Gian Carlo Caselli a capo della procura di Palermo e ormai non c’è sospiro di pentito che La Licata non possa riportare ai lettori. Per il segugio della Stampa i verbali sono quasi un impiccio: gli altri si attardano a spulciarli, lui incontra i pentiti per strada. Una sera, per caso, si imbatte nel pentito Gioacchino Pennino, il “Buscetta della politica”, a un casello dell’autostrada. Non c’è da meravigliarsi: dopo trent’anni, Ciccio La Licata è un’autorità indiscussa, che non disdegna flirt con la tv (Mixer, Blu notte). Dal 2007, torna in libreria con Sbirri (Rizzoli) e Pizzini, veleni e cicoria (Feltrinelli), libro-intervista al procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso su Bernardo Provenzano. A inizio 2008 riceve una visita alla redazione romana della Stampa. È Massimo Ciancimino, figlio cadetto dell’ex sindaco mafioso di Palermo. “Aveva tanta voglia di parlare dei suoi guai giudiziari – ricorda La Licata – noncurante del mio scetticismo sulle sue reali motivazioni ‘collaborative’, cominciò a raccontarmi la sua vita spericolata accanto al padre. Non nascondo che riuscì ad accendere un lampo nella mia testa. La sua storia era di per sé un romanzo. Gli spiegai che, prima di pensare a un libro, sarebbe stato corretto ‘liberarsi’ di tanto fardello nella sede giusta: la magistratura”. “Massimuccio” aveva già cercato di ingolosire Enrico Mentana, Maurizio Belpietro e qualche vecchio collega di La Licata. Ma sarà il decano del giornalismo antimafia a concedersi: La Licata lavora il materiale grezzo di “Massimuccio” e ne ricava Don Vito (Feltrinelli), una biografia che si stempera nel romanzo, lanciata da una puntata intera di Annozero. La storia di don Vito apre a Ciancimino Jr. il circuito giusto delle presentazioni dei libri che non si possono non leggere. La Licata è il suo Virgilio, raddoppiato, a volte, da Sandro Ruotolo. Gli spalanca persino le porte del Festival del giornalismo di Perugia. In molti accorrono ad ascoltare l’“icona dell’antimafia” che hanno visto in tv. Con Don Vito si scrive il grande riscatto di Ciancimino Jr.: la presentazione del libro all’aula magna dell’Università di Palermo, dove “Massimuccio” viene benedetto da Salvatore Borsellino, fratello di Paolo. A un occhio attento non sfuggirebbe che, per dirne una, nel documento riportato a pagina 228 si vedono le elisioni lasciate dalla fotocopiatrice. Ma il libro piace, “Massimuccio” firma dediche, niente lo può fermare. A parte le minacce al figlio, da cui riparte più amato di prima. E poi sì, c’è anche l’arresto, il 21 aprile (2011, ndr), quando la scientifica scopre che le carte dei Ciancimino sono gran patacche» (Marco Pedersini) [Fog 18/5/2011].