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 2013  dicembre 15 Domenica calendario

I commercianti italiani leggono le cronache americane di questi giorni e, sospirando, esclamano: beati loro!• In che senso? Gli americani, per tradizione antica, comprano i regali da mettere sotto l’albero il quarto venerdì del mese

I commercianti italiani leggono le cronache americane di questi giorni e, sospirando, esclamano: beati loro!

In che senso?
Gli americani, per tradizione antica, comprano i regali da mettere sotto l’albero il quarto venerdì del mese. Il quarto giovedì del mese è il giorno del ringraziamento, si dice “thanks” al buon Dio che ha permesso un ricco raccolto. Digeriti il tacchino e la zucca, i cittadini di quel paese si precipitano per le strade e si dànno a comprare roba come matti. È il cosiddetto “venerdì nero” o “black friday”, nero forse per via degli ingorghi o forse perché i conti dei negozi passano dal rosso al nero, cioè vanno in attivo. Il black friday, cioè gli acquisti di Natale, rappresentano il 40 per cento del fatturato commerciale Usa e per valutare appieno questo dato lei deve pensare che il Pil statunitense è determinato per il 70% dai consumi. Come mai sto facendo questo discorso?  

Non lo so. Ha cominciato sostenendo che i commercianti italiani leggono le cronache americane e crepano d’invidia.
Per forza. Il black friday quest’anno è capitato il 29 novembre. Gli americani hanno inventato anche Cyber Monday, cioè il lunedì cibernetico in cui si ripete l’esperienza del venerdì, solo in rete. Bene tra il Black e il Cyber hanno messo mano al portafoglio 140 milioni di persone, cioè più di un terzo di tutta la popolazione. Fuori dai negozi ci sono file chilometriche e la polizia ha avuto il suo daffare per tenere a bada gente decisa a comprare qualunque cosa a qualunque costo. Tra il 2006 e il 2012 i disordini da shopping hanno provocato, laggiù, quattro morti e 67 feriti. Quest’anno in Florida un uomo è stato arrestato perché pur di entrare da Best Buy aveva lasciato solo in macchina il figlio di due mesi. Una donna nei pressi di Boston è stata accoltellata da un tizio che voleva portarle via il televisore appena comprato da Walmart. Altri guai a Romeoville, vicino a Chicago, la sicurezza di un  magazzino Koth’s ha dovuto chiamare la polizia, un cliente troppo smanioso ha poi sparato agli agenti, che hanno risposto al fuoco eccetera eccetera (niente morti). La media degli smerci è - sono cifre ancora ufficiose - di un iPad al secondo, due milioni di bambole solo da Walmart che ha pure piazzato 300 mila biciclette, due milioni di televisori, due milioni di console da videogame eccetera eccetera. Insomma, una festa.  

Mentre da noi...
Da noi è un mortorio. O almeno: così dicono Confesercenti-Swg, nella loro tradizionale indagine annuale, a cui fa da controcanto, anche qui come ogni anno, quella di qualche associazione di consumatori. La musica in genere è: pianto greco dei commercianti, a cui i consumatori rispondono: vi sbagliate, va molto peggio di come dite voi. Come faccio sempre, incoraggio a prendere i dati con le molle. Anche se, a sensazione, mi pare che quest’anno effettivamente le cose non vadano bene, i negozi mi sembrano tutti ancora piuttosto vuoti.  

Che cosa dicono questi numeri?
C’è la questione che gennaio si annuncia come un mese pieno di incombenze fiscali: saldo dell’Imu sulla seconda casa, saldo della Tares, seconda rata Imu sui terreni agricoli, poi acconto sulla prima rata della Tari. Come vuole che un padre e una madre, prima di mettersi a comprar bambole o videogiochi, non facciano un po’ di conti prudenziali? Secondo Confesercenti-Swg, il budget medio messo a disposizione dalle famiglie per i regali di Natale è inferiore a quello degli anni passati. Per esempio, per i viaggi è cresciuto il numero di quelli che hanno messo in bilancio spese da massimo 250 euro (sono il 42%, +17% rispetto all’anno scorso). Il 36% invece non si muoverà da casa. Quelli che resteranno fuori solo due giorni sono aumentati del 7%. Nel complesso le famiglie che partiranno sono diminuite del 5% (39 contro 44). Il Codacons (consumatori) prevede un pranzo e un cenone di Natale in linea con quelli dell’anno scorso. I prezzi - dicono i consumatori dell’avvocato Rienzi - sono rimasti fermi o sono aumentati poco o addirittura, in qualche caso, diminuiti. Dice però lo stesso Rienzi: «Con il crollo dei consumi registrato nel corso del 2013 sarebbe stato impensabile per i commercianti aumentare i prezzi dei prodotti tipici delle feste. Tuttavia, per il settore alimentare, occorre considerare come i listini siano estremamente variabili e i prezzi del comparto subiscano generalmente forti variazioni a ridosso delle feste».  

Alla fine, forse, la soluzione del busillis sta proprio nei prezzi.
Rifletta solo su questo: negli Stati Uniti, dove adesso si fanno affari d’oro, gli sconti sui prodotti (anche del 50%) si fanno ora. Da noi invece si aspetta che le feste siano finite e che cominci la stagione dei saldi. Secondo lei quale delle due comunità commerciali ha ragione?