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 2012  agosto 10 Venerdì calendario

Le motivazioni del sequestro dell’Ilva di Taranto

• Il tribunale del Riesame presenta le 124 pagine di motivazioni del sequestro senza facoltà d’uso dello stabilimento Ilva di Taranto. Nel documento si legge che l’Ilva deve essere risanata subito. Lo devono fare i custodi nominati dal giudice, con i soldi dei Riva. E saranno i custodi a decidere tempi e modi delle attuazioni delle prescrizioni previste. Lo stabilimento per il momento rimarrà aperto, gli operai resteranno in fabbrica. La chiusura è l’extrema ratio, da evitare a tutti i costi. Se l’Ilva rispetterà alla lettera quello che viene indicato e richiesto, e se quindi si andrà verso una veloce messa a norma, potrà continuare a produrre. In caso contrario, dovrà bloccarsi.
• Sulle motivazioni del riesame Foschini di Rep: «L’Ilva – scrivono i giudici Antonio Morelli (presidente), Rita Romano e Benedetto Ruberto – ha provocato in questi anni “una gravissima contaminazione ambientale tra i territori dei Comuni di Statte e Taranto”. Una contaminazione che “ha creato una situazione di grave pericolo per la salute e la vita di un numero indeterminato di persone”. Un morto ogni tre mesi, il 25 per cento di incremento per i tumori dei bambini, la gente che abita vicino allo stabilimento che si ammala e muore tre volte di più rispetto a quanto dovrebbe. Un avvelenamento continuo che si è “protratto per anni – si legge nelle motivazioni – nonostante le osservazioni e i rilievi mossi al riguardo dalle autorità preposte alla salvaguardia dell’ambiente e della salute”. Secondo il Riesame, la famiglia Riva era perfettamente a conoscenza di quello che accadeva. Da parte loro c’è stata una “costante e reiterata attività inquinante posta in essere con coscienza e volontà, per la deliberata scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti che si sono avvicendati alla guida dell’Ilva, i quali hanno continuato a produrre massicciamente nella inosservanza delle norme di sicurezza dettate dalla legge e di quelle prescritte, nello specifico, dai provvedimenti autorizzativi”. Secondo i giudici, alteravano anche le autocertificazioni e, mentre firmavano accordi con gli enti pubblici, incrementavano la produzione della diossina – come certificato dall’Arpa nel 2007 – dal 32 per cento del 2002 al 90 per cento del totale nazionale nel 2005”». [Giuliano Foschini, Rep. 21/8/2012]