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 2013  luglio 10 Mercoledì calendario

Morte di un pilota

Sette, venerdì 27 aprile 2013
Gara «Fermate questa fottuta gara» (Gherard Berger, pilota Ferrari, durante il Gp di Imola del 1° maggio 1994).

Incidente Ayrton Senna, di anni 34, pilota di Formula Uno, tre volte campione del mondo, alle 14.17 del 1° maggio 1994 era in testa al Gp di San Marino, quando, alla curva del Tamburello, il piantone dello sterzo cedette di schianto l’auto, incontrollabile, sbatté contro il muretto, un braccetto della sospensione si infilò nel casco ferendo il pilota che perse i sensi e non li riprese mai più. Dichiarato morto alle 18.40 di quello stesso giorno.

Piantone Il piantone dello sterzo, che Senna aveva chiesto di modificare per migliorare la visibilità della strumentazione, era «malamente saldato a circa un terzo della distanza dal volante» e «non poteva resistere alle sollecitazioni della corsa» (il professor Enrico Lorenzini, dell'università di Bologna, alla guida dell'équipe di otto periti incaricata dell'inchiesta)

 

Autopsia Secondo l’autopsia si è trattata di una morte cerebrale causata dalla «frattura del cranio e tante piccole altre fratture intorno ad un punto d'impatto ben visibile, sulla destra della fronte. L'ha provocato una pressione spaventosa, forse dello stesso casco, trasformatosi in un mezzo di trasmissione della potenza dell'urto, restando tuttavia quasi intatto».

Foto Angelo Orsi, fotografo: «Ho sentito dell’incidente e sono corso, con il motorino che usiamo all'autodromo. Ayrton era ancora là. Ho fotografato, fotografato. Ma quelle foto adesso non usciranno da un cassetto. Non si riconosce, Ayrton, che veniva a casa mia a San Lazzaro e che io andavo a trovare in Brasile».

Partenza «Prima della partenza, era strano, diverso. Di solito, lui scherza con i meccanici, parla, ride. Ieri no. Se c'è una cosa che mi ha colpito è questa immagine che io ho davanti agli occhi. Lui che se ne stava fermo, con le mani appoggiate sull'alettone posteriore, lo sguardo perso sulla macchina, come se l'accarezzasse, senza dire una parola, per tre, quattro minuti. È arrivato uno, gli ha chiesto un autografo, e lui ha fatto un cenno per dire di no. Sembrava che sentisse qualcosa, che temesse qualcosa» (Celso Fratini, brasiliano, amico e collaboratore nella società del campione)

Weekend Nei due giorni che precedettero il Gp di Imola ci furono altri due incidenti: Rubens Barrichello, che alla variante bassa si sollevò da terra andando a colpire le reti di protezione sopra i cordoli ribaltandosi più volte, vivo per miracolo grazie al pronto intervento dei commissari (il venerdì); Roland Ratzenberger, cui cedette l’alettone della sua Simtek andandosi a conficcare sotto la vettura, perse il controllo dell’auto e si andò a schiantare ad oltre trecento chilometri all’ora contro il muro (il sabato).

 

Obitorio All’obitorio, quella domenica, due facce: quella quieta di Ratzenberger e quella gonfia e ferita di Senna.

 

Depresso Senna, che dopo quegli incidenti era andato a controllare di persona luoghi e cause, il sabato pomeriggio aveva rinunciato alle prove ed «era molto depresso, aveva un brutto presentimento e voleva rinunciare alla corsa» (la fidanzata Adriana).

Performance «A Senna non potevi nascondere niente. Sapeva leggere le performance. Se aveva un dubbio sul cambio te lo faceva smontare tutto» (un meccanico della Lotus).

 

Dio «La tomba di Senna, la numero 11 al cimitero di Morumby. Cinque vasi di margherite, una bandiera del Brasile, la semplice lapide: “Nulla mi può separare dall'amore di Dio”».

Morire «Credo si possa correre a 300 all'ora limitando il rischio al minimo. Occorre sedersi ad un tavolo insieme ai rappresentanti della federazione e ai costruttori. Bisogna impegnare uomini e soldi nella ricerca del migliore compromesso tra sicurezza e spettacolarità. Nessuno ci ha ordinato di correre in F1, ma non siamo pagati per morire» (Ayrton Senna).

Lucrezia Dell’Arti