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 2013  luglio 10 Mercoledì calendario

Appunti sulla vita di Ayrton Senna


San Paolo (Brasile), 21 marzo 1960 – Bologna, 1º maggio 1994) tre volte Campione del mondo di Formula 1 nel 1988, 1990 e 1991. Ayrton Senna da Silva, nato nel quartiere di Santana, a nord di San Paolo, che da piccolo giocava a montare e smontare le macchinine e che, a 4 anni, già guidava il kart che papà Milton gli aveva costruito nel garage.  La mamma, donna Neide ha origini napoletane. Ayrton è il secondo di tre figli: ha una sorella maggiore Viviane e un fratello minore Leonardo. In famiglia lo chiamavano Beco.

Tutto «La cosa importante è vincere tutto, sempre» (Ayrton Senna).  

Disastro «All’inizio non sapeva guidarlo il Kart, proprio non ne era capace. Era un disastro. Poi ho cominciato a insegnarli i segreti. Si impegnava più degli altri. Voleva venire tutti i giorni. L’allenamento era la sua scuola. Fuori dalla pista era pacato, tranquillo. Ma una volta sceso in pista si trasformava. Fuori era un Santo, dentro era un diavolo» (Lucio Pascual, detto Tche, primo allenatore di Ayrton). 

Uno «Avevo otto anni quando mio padre mi ha comprato il primo vero go-kart. Era il mio giocattolo preferito. Stavo bene solo quando ero seduto lì dentro e mi allenavo il più possibile». Ayrton partecipa a otto anni alla sua prima corsa non ufficiale: «La maggior parte degli altri concorrenti ne avevano 15, 18 o anche 20. Le posizioni venivano determinate sulla griglia tramite un sorteggio. Mettevano dei pezzetti di carta con su scritti dei numeri in un casco. Poiché ero il più giovane, fui il primo a estrarre. Ho preso il numero uno» (Ayrton Senna).

Leggero «Ero piccolo e leggero, ed è questo il motivo per cui il mio go-kart era il più veloce di tutti. Grazie a questo vantaggio, rimasi in testa per molti giri. Erano più veloci di me in curva, ma sui rettilinei andavo in testa, grazie al mio peso lieve» (Ayrton Senna).

Pioggia/1 «C’era uno con cui Senna faceva le gare che lo aveva battuto sotto la pioggia e lo prese in giro: “Sarai pure bravo sull’asciutto, ma sul bagnato...”. Lui si arrabbiò così tanto da allenarsi in tutte le giornate di pioggia. Quello che ha imparato guidando il kart con la pioggia, gli è servito in F1» (Lucio Pascual, detto Tche, primo allenatore di Ayrton). 

Pioggia/2 «Era furioso, era pazzo di rabbia per aver perso una gara a causa della pioggia. Dopo quella volta ogni volta che iniziava a piovere usciva di casa, montava sul kart e se ne andava in giro fino a che non faceva buio. Continuò a fare così ogni volta che pioveva tornando a casa grondante acqua fino a che non imparò ad avere il controllo totale della situazione» (la sorella Vivianne Senna).

Correre/1 Ayrton amava correre, con qualsiasi cosa: kart, macchine, moto d’acqua, elicottero, aereo. Spingeva sempre al limite. Alla fine dell’84 ebbe una paralisi facciale. Per colpa della tensione, di un nervo infiammato. Metà del suo viso smise di muoversi. Per curarsi chiamò il fisioterapista Haruo Nishimura lo stesso di Joao Batista Figureido, allora presidente della Repubblica. Emanuela Audisio la Repubblica, 29/04/2004]

Correre/2 Correva almeno 10 km tutti i giorni ed era in grado di percorrere 22 km in 90 minuti. [Emanuela Audisio la Repubblica, 29/04/2004]

Gara Il 1° marzo 1981 corse la sua prima gara in monoposto partecipando "una tantum" all’apertura del campionato P&O e concludendo in quinta posizione, a otto secondi dal vincitore. Una settimana più tardi partecipò alla prima gara del campionato Townsend Thoresen a Thruxton e arrivò terzo. La terza gara fu disputata sotto la pioggia, Ayrton si lasciò tutti dietro e conquistò la sua prima vittoria in monoposto. Le condizioni meteo avverse gli permisero di sfruttare al massimo la sua sensibilità di guida. Iniziato a vincere nessuno riuscì più a fermarlo, fu il primo pilota a vincere entrambi i campionati al debutto. Aveva letteralmente dominato la categoria.

Gp Il 25 marzo 1984 Ayrton partecipava a un Gran Premio per la prima volta. Sulla griglia di partenza però l’abitacolo si allagò di benzina, e all’ottavo giro finì la sua prima corsa.

Carriera Montecarlo, Estoril, Interlagos, Suzuka, Imola. In queste 5 piste è riassumibile la carriera di Senna. Montecarlo, 3 giugno 1984: il giovane Ayrton, 5 GP disputati, sfiora la vittoria. Sotto un diluvio la sua modesta Toleman-Hart vola, ma il direttore di corsa, il belga Jacky Ickx, tra mille polemiche sospende la gara prima che Ayrton possa completare la sua rincorsa alla McLaren di Prost. L’anno dopo passa alla Lotus e a fine campionato è 4o, ottenendo la prima vittoria della carriera nel GP del Portogallo, sotto un diluvio senza precedenti: «Era la mia seconda gara con la Lotus, la mia prima pole. Durante il warm-up, quando non era ancora iniziato a piovere, scoppiò il motore. Fu un incidente improvviso, violento, che mise fuori uso la scatola del cambio e parte delle sospensioni. Occorreva rimettere in sesto l’intera parte posteriore della macchina, nelle poche ore rimaste a disposizione prima della partenza. Saltai fuori dalla macchina e, poiché non c’era motivo di tornare ai box per prendere la macchina di riserva, mi arrampicai su un’altura a lato della pista e attesi la fine delle prove. Ero frustrato». E poi la pioggia: «A complicare la situazione ci si mise proprio una fortissima pioggia che in breve allagò la pista. Gli organizzatori ci avevano dato dieci minuti extra di warm-up per consentirci di abituarci. Mi sentivo smarrito in quelle condizioni... perché non avevo la minima idea di come la macchina avrebbe reagito di fronte a tutta quell’acqua, passando dall’asciutto al bagnato con i serbatoi pieni. Ecco perché lasciai i box con la sensazione di guidare su delle uova. Lentamente, con il timore di perdere il controllo della macchina, e perfino di non partire. Poi venne dato il via, sentii che la macchina era... normale, e partii." E poi vinse, partendo dalla pole, restando in testa per tutti i 67 giri e segnando il giro più veloce. Quando la macchina si fermò, saltò fuori e baciò il padre: «Paura? Tanta, praticamente ad ogni curva. Sempre con la paura di uscire di pista sotto la pioggia. Ad ogni giro avevo una piccola crisi. Non volevo adagiarmi sugli allori.» A Suzuka, nel 1988 passa alla McLaren e si aggiudica il titolo con una gara di anticipo. L’anno seguente, sempre lì, perde il titolo nel famoso scontro col francese all’ultima chicane, ma nel 1990 si vendica, sbattendo fuori la Ferrari del «Professore» alla prima curva. Sulla stessa pista vince anche il terzo titolo, nel 1991, anno a cui è legata la vicenda di Interlagos. Fino ad allora Ayrton non aveva mai vinto in casa. Ci riesce in una gara durissima dove il brasiliano, microfonato sotto il casco per l’occasione, riesce a trionfare nonostante negli ultimi giri il cambio della sua McLaren sia bloccato in sesta marcia. Sul traguardo le grida di gioia ma anche di dolore fanno il giro del mondo. Ayrton, esausto, deve essere estratto dall’auto. Nel novembre 1993 Ayrton conquista l’ultima vittoria della carriera ad Adelaide. Sul podio avviene anche la rappacificazione con Prost, che ha da poco annunciato il ritiro dalle corse, lasciando la Williams proprio al brasiliano. Ma il 1994 inizia male: con due ritiri in Brasile e ad Aida, in Giappone. Come nelle gare precedenti, anche a Imola Senna ottiene la pole, la numero 65, record battuto solo da Schumacher nel 2006. [Davide Marchi, la Gazzetta della Sport 14/3/2013; Daniel Piza Riders n.19]

Cosa «Ho assistito a una cosa che non avevo mai visto e che nessuno aveva fatto prima in una macchina da corsa. Era come se Senna avesse quattro mani e quattro gambe. Frenò, scalò la marcia, girò il volante e accelerò. La macchina sembrò muoversi su un filo. Il tutto durò forse due secondi. La macchina si tuffò nella curva con una padronanza che mi fece spalancare gli occhi. Ayrton aveva premuto tutto l’acceleratore e aveva ripreso la pista. Senza perdere la pressione del turbo. Quando tornai nel box della Lotus e dissi: “Ho appena visto una cosa...”. “Lo so” mi rispose il direttore Warr» (John Watson, che aveva sostituito Lauda alla McLaren, e che vide Senna passargli accanto alle prove di qualificazione per Brands Hatch). [Emanuela Audisio la Repubblica, 29/04/2004]

Vigilanza Daniel Piza, scrittore brasiliano autore di L’Eletto, biografia di Senna: «Senna possedeva un’intensità fuori dal comune: viveva in uno stato di vigilanza assoluta prima, durante e dopo la corsa, la sua capacità di concentrazione era talmente elevata che persino i meccanici erano colpiti dalla quantità di aggiustamenti che riusciva a percepire con il suo computer mentale, dalla sua ossessione nel voler analizzare ogni numero, ogni minima variazione. Da questo punto di vista Senna è stato un idolo sportivo diverso da quelli che il Brasile era solito coltivare. Era un tecnico e non un intuitivo, sapeva improvvisare e giocare, ma partendo da progetti pensati con rigore». [Daniel Piza, Riders n. 19 Aprile 2009]

Diavolo «Quello non era solo un errore di guida. Era la conseguenza di una lotta interiore che mi paralizzava e mi rendeva vulnerabile. Avevo un’apertura verso Dio ed un’altra verso il diavolo. Ma Dio stava lì ad aspettarmi» (A Montecarlo quando urtò contro il guard-rail prima del tunnel). [Emanuela Audisio la Repubblica, 29/04/2004]

Ondulazioni Senna, solito percorrere le piste a piedi per verificarne le ondulazioni. [Daniel Piza - Riders n. 19 Aprile 2009]

Performance «A Senna non potevi nascondere niente. Sapeva leggere le performance. Se aveva un dubbio sul cambio te lo faceva smontare tutto» (un meccanico della Lotus). [Emanuela Audisio la Repubblica, 29/04/2004]

Curva «Sapeva in quale curva consumava più combustibile» (un meccanico della Lotus) [Emanuela Audisio la Repubblica, 29/04/2004]

Secondo «Il secondo posto? È il primo degli ultimi» (A) [Daniel Piza - Riders n. 19 Aprile 2009]

Presidente Fu dopo la vittoria di Suzuka che Senna sfilò sulla pista con la bandiera del Brasile per commemorare Tancredo Neves, primo presidente eletto dalla gente dopo tanti anni di dittatura, ma morto prima di poter esercitare il suo mandato. [Emanuela Audisio la Repubblica, 29/04/2004] lanciando di fatto una moda, e confermando la sua fama gloriosa, da San Paolo all’estremo Oriente. [Daniel Piza - Riders n. 19 Aprile 2009]

Vittoria «Dedico questa vittoria a chi mi ha fatto perdere il mondiale ’89... Le corse sono fatte così, a volte finiscono subito dopo il via, a volte a sei giri dalla fine» (Ayrton Senna, Giappone 1990).

Autografo «Avevo cinque anni, ero a Isla Bela, al mare, giù in Brasile. Vedo Senna. Resto a bocca aperta. Mio padre mi aveva già fatto una testa così, che Senna era il migliore, che sarebbe diventato il più grande di tutti, forse anche più di Pelè. Mi avvicino con in mano un pezzetto di carta e una penna. Senna è in compagnia di una donna. Mi guardano. Soprattutto lui aveva uno sguardo antipatico. Non parla, non si avvicina e soprattutto non fa nemmeno il gesto di prendere carta e penna per farmi l’autografo. Dura tutto pochi secondi, ma per me sono ore drammatiche. Alla fine lei mi dice, scusa piccolo caro, ma sai, a lui non piacciono i bambini. E se ne vanno. Per me fu una specie di lutto» (il brasiliano Felipe Massa). [Enrico Sisti, la Repubblica 1/8/2005]

Amori/1 R. «La prima volta? Avevo 13 anni. Con uno dei miei cugini, che all’epoca aveva 20 anni, andammo in un club di San Paolo. Ero troppo piccolo e non mi lasciarono entrare. Così aspettavo sulla porta, guardando gli altri. Improvvisamente, ecco arrivare una donna enorme, davvero enorme. E subito dopo mio cugino uscì a braccetto con lei. Ecco come andò. (...) Era bionda. Una prostituta. (…) A 13 anni è difficile per un ragazzo trovare una ragazza con cui avere un relazione: le 15enni preferiscono i 18enni. Quindi non avevo scelta».

Amori/2 Senna, divorziato dopo un breve matrimonio con Lilian Vasconcellos nell’81 («Era un’amica d’infanzia. Quando ho cominciato a correre in Europa ci siamo trasferiti lì. Devo dire che cucinava molto bene… (...) Non è andata come mi aspettavo e a marzo, nel 1982, ho deciso di cominciare una nuova vita, tornare in Europa e divorziare»; «Amava più i meccanici di me»), erano stati attribuiti altri due grandi amori: quello con la modella Marjorie Andrade e quello con l’intrattenitrice televisiva Xuxa (. «Solo una volta ho voluto un figlio con qualcuno. E quel qualcuno era Xuxa»). Ma pare fossero frutto di un’operazione di marketing. Poi avrebbe avuto un legame con un’altra modella, Marcella Prado, ex ragazza-copertina di Playboy. Si vocifera che dalla relazione sarebbe nata una bambina, Victoria, ma Senna non l’ha mai riconosciuta come figlia e la madre non ha mai insistito. In passato Senna è stato legato anche alla moglie di Gullit, Cristina Pensa.

Amori/3 «Solo Dio sa quando è l’ora del matrimonio. Vi sono certe cose che puoi programmare, sulle quali eserciti un dominio totale o quasi. Su altre il dominio è solo parziale. Molto dell’amore che ho per quello che faccio è dedicato alla F1. Nessuna donna è riuscita a superarlo». La sua ultima fidanzata è stata la modella brasiliana Adriana Galisteu.

Amori/3 Grande rimpianto di Carol Alt: «Mi diceva che Dio sempre con lui... Era bellissimo e positivo il mio Ayrton, con la sua passione sfrenata per la vita, per la guida, per il suo lavoro, e anche per le donne. Viveva di grandi emozioni, aveva la testa dura e ciò che voleva doveva ottenerlo, ma era un uomo giusto, generoso e soprattutto forte, con un fascino incredibile… Anche se l’abbiamo vissuta in clandestinità per me la nostra storia è stata molto seria e importante. Ci siamo incontrati nel 1990 a Milano, entrambi ospiti a una sfilata di Gianni Versace: io ero sposata, anche se il mio matrimonio era in crisi, lui aveva una donna ufficiale. Ma tra noi l’intesa è nata subito, quella sera stessa. È durata per quattro anni, nei quali ci siamo rincorsi in ogni angolo del mondo, in mezzo a lunghe telefonate intercontinentali, tra aeroporti, autodromi e posti tranquilli dove stare insieme, lontano dai giornalisti e dai nostri sensi di colpa. Facevamo anche dei progetti e prima o poi saremmo usciti allo scoperto».

Fisico Viveva nel lusso, ma sapeva allenarsi e sudare nella sua villa da sogno di Angra dos Reis. In dieci anni di carriera Ayrton Senna si allenò tanto da trasformare completamente il suo fisico: peso da 58 a 70 kg, torace da 86,4 a 101,4 cm, cosce da 44,6 a 51,6, circonferenza braccia da 23,2 a 34,6. La frequenza cardiaca media di un pilota durante una gara di F1 è di 190 battiti al minuto, il fuoriclasse brasiliano scese fino a 150. [Emanuela Audisio, la Repubblica 29/4/2004]

Privilegiato «Sono un privilegiato, ho sempre avuto una vita molto bella. Ma tutto quello che ho ottenuto dalla vita l’ho guadagnato con l’impegno e il desiderio fortissimo di raggiungere i miei obbiettivi, di vincere, nella vita, non come pilota. Perciò lasciate che vi dica che chiunque voi siate nella vita, sia che siate al livello più basso, o al più alto, dovete avere una grande forza e una grande determinazione e dovete affrontare qualsiasi cosa con grande amore e fede in Dio e un giorno raggiungerete i vostri obbiettivi e avrete successo».

Beneficenza Due mesi prima di morire, Ayrton Senna aveva espresso il desiderio di realizzare un istituto che aiutasse i bambini meno fortunati, in Brasile e in tutto il mondo, sviluppando un progetto umanitario a cui destinare una percentuale dei profitti derivanti dalla rivista Senninha. Il tragico incidente di Imola gli impedì di realizzare il suo sogno. Dopo la sua morte, la famiglia Senna ha deciso di donare alla Fondazione anche tutti i profitti derivanti dalla sua immagine, oltre alle royalties che derivano dalla vendita dei prodotti contraddistinti dai marchi Senna e Senninha. Che Ayrton fosse dedito a opere di beneficenza era notorio in tutto il mondo della formula 1. [Cds 5/12/1996]

Poesia Davide Marchi su Gazzetta: «Senna non era il pilota che portava l’auto al traguardo, con lui la corsa era poesia, sinfonia, irripetibile, diversa dalla precedente e dalla successiva. Il suo privato si è fondato sulla riservatezza, sulla lontananza dalla mondanità, sulla beneficenza mai strombazzata, sulla generosità di un uomo che era nato ricco, con corse e classe era divenuto potentissimo, ma che era rimasto legato ai valori veri». [Davide Marchi, la Gazzetta della Sport 14/3/2013]