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 2013  marzo 22 Venerdì calendario

I marò tornano in India • Secondo giorno di consultazioni • La morte di Pietro Mennea


India I marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre sono tornati in India: il permesso di rientrare in Italia concesso loro dal tribunale indiano il 23 febbraio scorso per poter votare scadeva proprio oggi. In mezzo c’è stata la crisi diplomatica provocata dall’iniziale decisione del governo italiano di non restituirli alle autorità indiane. Spiega il sottosegretario agli Esteri italiano, Staffan De Mistura: «La parola data da un italiano è sacra: noi eravamo pronti a rispettarla ma avevamo chiesto delle garanzie, in principio quella che non fosse mai contemplata per loro la pena di morte. Ora abbiamo ricevuto le garanzie e sulla base di queste manterremo la nostra parola». In realtà il ministro degli Esteri Terzi una decina di giorni fa aveva dato un’altra motivazione: «Stante la formale instaurazione di una controversia internazionale tra i due Stati», alla scadenza del permesso Latorre e Girone non avrebbero fatto rientro in India, perché «la giurisdizione è italiana». I marò sono partiti ieri sera in aereo, risiederanno nell’ambasciata a New Delhi e avranno libertà di movimento («se vogliono potranno anche andare al ristorante», ha detto Staffan De Mistura). Napolitano li ha chiamati dicendo di apprezzare «il senso di responsabilità».

Consultazioni Le consultazioni al Quirinale ieri sono andate come previsto: Bersani ha chiesto l’incarico come leader del Pd e ha aperto a un esecutivo «sostenuto dalla corresponsabilità di tutte le forze parlamentari» che traghetti il Paese fino alle prossime elezioni; Berlusconi vuole un governo Pd-Pdl; Grillo ha chiesto un governo 5 Stelle (oppure la presidenza del Copasir e della commissione di Vigilanza Rai). [Sull’argomento leggi anche il Fatto del giorno]

Estero Che il Movimento 5 Stelle sia il primo partito non è vero: 8.784.499 contro 8.932.615 del Partito democratico. Solo che il Pd arriva alla cifra grazie ai voti delle circoscrizioni estere che, secondo quelli del M5S, non contano perché «Striscia ha dimostrato che sono truccate» (Severgnini, CdS).

Mennea Pietro Mennea, nato a Barletta il 28 giugno 1952, soprannominato “la freccia del sud”, è morto ieri mattina in una clinica di Roma (nello stesso giorno in cui morì la madre). Da otto mesi lottava contro un tumore. Solo la moglie, Manuela Olivieri, e pochissimi parenti, sapevano della sua malattia. A chi l’aveva cercato nell’ultimo mese, aveva detto: «Ho un po’ di febbre». Oggi camera ardente nel salone d’onore del Coni, domani alle 10 i funerali nella basilica di Santa Sabina, sull’Aventino.

Borsone I coniugi Ottaviani, ex custodi della Scuola di atletica di Formia: «Qui sono passati tanti atleti, qualche campione e un solo fenomeno: Mennea. Per vent’anni, ogni pomeriggio, si presentava in pista con il borsone a tracolla. Quel sentiero prima del boschetto l’ha fatto lui; per 40 minuti almeno si muoveva lentissimo, con le scarpe da ginnastica ai piedi; quando era certo di essersi scaldato bene, calzava le scarpe chiodate; si consultava con il professor Vittori sul lavoro da fare, perché voleva sapere tutto. E cominciava l’allenamento vero. Mai uno stiramento, mai un giorno senza lavoro».

Orologio Terzo dei cinque figli nati da un sarto e una casalinga. Suo padre gli cucì i primi pantaloncini. Studi all’Istituto per ragionieri “Michele Cassandro” di Barletta. Già appassionato di atletica, a 16 anni lo battevano Salvatore Pallamolla e Domenico Gambatesa sulla pista da 50 metri. Al terzo sprint vinse lui, andando così forte da piegare la rete che stava in fondo al rettilineo. Carlo Vittori prese ad allenarlo dopo averlo visto correre nel 1969 ad Ascoli: «Avevo capito che era una forza della natura. Lo conobbi nel 1970, quando il suo allenatore, Mascolo, lo aveva portato a Formia. Era davvero un martello pneumatico. Se per caso arrivavo con cinque minuti di ritardo all’allenamento, si faceva trovare con il dito indice che batteva sull’orologio. E questo accadeva anche dopo dieci anni di attività. Aveva un eccesso di senso della responsabilità; questa era una sua debolezza, che lo spingeva ad andare oltre».

Stradone Leggenda vuole che il quindicenne Pietro, su uno stradone del suo paese, sfidasse in velocità una Porsche color aragosta e un’Alfa Romeo 1750 rossa: e che sui 50 metri fosse riuscito a battere l’una e l’altra (Di Stefano, CdS).

Record/1 Dopo il sesto posto nei 200 e il bronzo nella 4x100 agli Europei di Helsinki a 19 anni, l’esplosione a Milano nel giugno 1972: all’Arena corre i 100 in 10’’ e i 200 in 20’’2 eguagliando due record europei. Non si ferma più: «Ai Giochi di Monaco, dove nasce la stella di Sara Simeoni, vince il bronzo nei 200, alle spalle di Borzov e Black, e ha solo vent’anni. Nel 1973, rischia di doversi fermare per la pubalgia, ma le cure del prof. Boni a Pavia gli consentono di guarire e di ripartire ancora più forte. Il 1974 è l’anno dell’oro europeo nei 200 a Roma, dove vince anche l’argento nei 100 e nella 4x100, e nel 1975 si mette alle spalle il mito di Borzov, perché lo batte in Coppa Europa a Nizza nei 200. Ma non si accontenta mai; è convinto di non essere pronto per i Giochi di Montreal 1976 e vuole rinunciare. Lo spingono a correre, arriva quarto, ma come ha spiegato Vittori “avrebbe dovuto vincere l’oro, perché una settimana dopo, a Viareggio, aveva corso in un tempo inferiore a quello di Quarrie, il campione olimpico”. Batte il giamaicano a Milano, il 2 luglio del 1977 (20’’11), in un’Arena strapiena di gente. (…) Il 1978 è l’anno dei tre ori europei: quello dei 400 al coperto a Milano; quelli dei 100 e dei 200 a Praga, quando corre 10 volte in sei giorni. Proseguono i suoi duelli dialettici con Primo Nebiolo, il presidente, perché Mennea è un super-professionista che non può vivere di sola passione. Il 12 settembre 1979, a Città del Messico, diventa l’uomo più veloce del mondo: il record dei 200, 19’’72, resiste fino al 1996 (Michael Johnson). Un momento di rara e infinita felicità, persino superiore al suo capolavoro, quello dell’oro olimpico di Mosca (28 luglio 1980). Otto mesi dopo annuncia il suo ritiro dalle corse. Ma senza atletica, Mennea non può vivere. Torna a Tirrenia nell’agosto 1982 e si prepara a vincere l’argento della 4x100 e il bronzo nei 200 nella prima edizione del Mondiale, a Helsinki: ha 31 anni. Nel 1984, corre la sua quarta Olimpiade (settimo posto nei 200) e negli States cerca di sapere qualcosa sul doping (“ero andato dal dottor Kerr per capire”), prima di smettere e di ritornare per correre la quinta Olimpiade nel 1988 a Seul, eliminato al secondo turno» (Monti, CdS). Poi inizia un’altra vita: studia e prende quattro lauree (Scienze politiche, Giurisprudenza, Lettere e Scienze motorie); apre uno studio di commercialista e poi di avvocato; si impegna in politica (è nel Parlamento Europeo dal 1999 al 2004); fa il professore universitario; scrive venti libri.

Record/2 Il record del 1979 a Città del Messico sui 200 metri (19’’72) è ancora record europeo.

Voi Con l’allenatore Vittori si sono sempre dati del voi (Audisio, Rep).

Cranio Gianni Brera gli si avvicinò alle Olimpiadi di Monaco del 1972, gli toccò il cranio e sentenziò: «I tuoi avi venivano certamente dalla Mesopotamia». Risposta: «Vedrò di informarmi, per adesso sono fermo a Barletta» (Di Stefano, CdS).

Testa L’allenatore Vittori nel 1976, alla vigilia delle Olimpiadi di Montreal, rivelò a un giornalista: «Ho un peso, devo confidarmi con qualcuno altrimenti il cuore mi scoppia. Domani Pietro non vincerà l’Olimpiade. Perché è innamorato di una velocista finlandese che non lo ricambia, da un mese ha la testa altrove» (Romeo, Sta).

Allenamento Il piano di allenamento di Mennea: almeno 5 ore al giorno per 14 allenamenti settimanali, 350 giorni all’anno, per un totale di 1.750 ore. Prima due ore di lavoro con i pesi al mattino; poi, al pomeriggio, altre tre ore in pista, dando vita a serie interminabili di ripetute alattacide, anche 20 volte i 60 metri divisi in quattro serie da cinque; poi la parte finale, quella lattacida, più tosta, con tre triplette su distanze comprese fra i 150 e i 250 metri. Un totale di 29 “ripetute” (specie di scatti) ad alta velocità, a cui restano da aggiungere i 20 minuti di riscaldamento, anche altre 4 ripetute di 60 metri di corsa balzata prima di iniziare l’allenamento vero e proprio. Gli altri sprinter italiani che si preparavano con lui dopo pochi mesi si arresero, tanto che più volte fu costretto a farsi tirare la volata dall’allenatore in Vespa (Rondelli, CdS).

Vivo Quando il suo allenatore Vittori mostrava ai convegni il piano di lavoro di Mennea il commento più frequente era: «Ma chi ha fatto questo programma è ancora vivo?» (ibidem).

Acqua minerale Stava a Formia pure a Natale e Pasqua. Racconta: «Da solo. Vent’anni ad acqua minerale, e nemmeno gassata, il professor Vittori non voleva». Fortuna che a volte, all’hotel Miramare, organizzavano pranzi di nozze e lui si faceva fuori i resti. Adorava la pasta al forno (Audisio, Rep).

Acciaio Secondo Nazareno Rocky Rocchetti, suo fisioterapista di fiducia fra il 1978 e il 1988, il segreto di Mennea era la capacità di recupero: «Dopo sedute estenuanti, il giorno dopo era subito pronto a lavorare duro di nuovo. Merito di un fisico d’acciaio, ma anche della sua professionalità nella cura del corpo. Tutte le sere finivo di massaggiarlo non prima delle 23. E poi di corsa a letto. Come lui non ne ho visti più» (Rondelli, CdS).

Seta «Pietro aveva muscoli di seta» (Vittori) (Romeo, Sta).

Chili Non pesò mai più di 67 chili (Sisti, Rep).

Mento Piccolo, molto diverso dagli atleti neri che si trovava a sfidare, ricordava lo spavento quando una volta in gara Steve Williams lo superò: «Avevo le sue ginocchia all’altezza del mio mento» (Audisio, Rep).

Bianco e nero Lo presentarono come l’uomo più veloce della terra a Mohammad Alì che sorpreso gli disse: «Ma tu sei bianco». Risposta: «Sì, ma sono nero dentro» (Audisio, Rep).

Panda Al primo appuntamento con la futura moglie, nel ’92, si presentò con una Panda Young 750 bianca con i bordini azzurri (ibidem).

Tormento Non andò mai d’accordo con Livio Berruti e una volta, nel 1979, arrivarono quasi alle mani: «Mennea rinunciò ad andare a correre a Zurigo. In un’intervista al “Giorno” dissi che aveva paura di essere battuto dagli americani. Si offese. Dopo qualche giorno, a Formia, venni fisicamente assalito dal fratello di Mennea, mentre lui mi insultava con la bava alla bocca. Schivai un pugno, poi intervenne Azzaro a separarci. Capii che eravamo rette parallele, destinate a non incontrarci mai». Anni dopo Gianni Minà invitandoli in Rai provò a fargli fare pace: «Mennea in quell’occasione mi regalò una maglia incellophanata, dicendo che era quella dell’Olimpiade di Mosca. A casa, quando la aprii, mi accorsi che non era vero: era una qualsiasi maglia azzurra da gara. Raccontai a un giornalista che non aveva mantenuto la promessa, e quello lo scrisse. Mennea mi querelò». Dice Berruti: «Era chiuso e scontroso. Incredibilmente suscettibile. Io ero Platone, lui Aristotele: agli antipodi. Del tormento ed estasi di Michelangelo, Mennea era solo tormento» (a Gaia Piccardi, CdS).

Benzina «Era sempre atterrito, assaliva se stesso, aveva sensi di colpa che si generavano uno dall’altro, anche per colpa della madre, fervente cattolica. Non gli stava mai bene niente e niente gli bastava, era sempre in cerca di un’immaginaria perfezione. Ma la verità è che era proprio questa la sua magica benzina: la più assoluta dedizione al dovere e alla fatica» (Carlo Vittori suo ex allenatore) (Sisti, Rep).

Cameriere Bolt gli piaceva e lo studiava come se avesse dovuto affrontarlo in gara: «Lo attaccherei all’uscita della curva, il punto dove è più sacrificato, dove si esprime di meno. In curva il corpo si deve piegare su un lato, non puoi aprire il passo, che si accorcia. È un uomo da rettilineo. Ma meglio lui che Michael Johnson che, con tutto il rispetto, correva da cameriere» (Audisio, Rep).

Ferrari «A Sestriere hanno spianato una montagna per fare una pista dove poter battere il mio record. Hanno invitato Michael Johnson e messo in palio una Ferrari, poi mi hanno chiamato per il passaggio di consegne. Ho chiesto: se Johnson non mi batte, la Ferrari la date a me? Dopo due minuti di silenzio hanno risposto no. Allora non sono andato» (Mennea) (ibidem).

Treno Le Ferrovie hanno deciso che il primo Frecciarossa 1000 che martedì uscirà dalla fabbrica Ansaldo Breda si chiamerà Pietro Mennea: va a 400 chilometri orari ed è il treno più veloce d’Europa.

Lavoro «Mennea è stato la dimostrazione vivente che solo il lavoro duro paga» (Eddy Ottoz).

Sogni «La fatica non è mai sprecata. Soffri, ma sogni» (Mennea).

(a cura di Daria Egidi)