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 2013  marzo 21 Giovedì calendario

Napolitano ha cominciato le consultazioni per la formazione del governo, un rito che concluderà stasera dopo l’incontro-clou con Bersani

Napolitano ha cominciato le consultazioni per la formazione del governo, un rito che concluderà stasera dopo l’incontro-clou con Bersani. Ieri sono stati ricevuti i nuovi presidenti di Camera e Senato – Laura Boldrini e Pietro Grasso: si sono spostati a piedi – i gruppi minori e, in chiusura, Mario Monti. Oggi tocca ai grandi, cioè Grillo con i due capigruppo (ore 9.30), poi Berlusconi e i suoi (compresa la Lega, ore 10.30), infine nel pomeriggio il segretario del Partito democratico con i sue due capigruppo Speranza e Zanda.

Da quello che ho capito non c’è in sostanza niente di nuovo.
I pezzi sono tutti sulla scacchiera e crediamo di conoscere tutte le mosse possibili. Ma forse abbiamo torto. Bersani ci ha preso d’infilata con i nomi dei presidenti di Camera e Senato, gettando lo scompiglio nelle file dei cinquestelle. Non è detto che non abbia pensato a quelche mossa del cavallo anche per questo giro. Senza mosse del cavallo, d’altra parte, sembra difficile uscirne.  

Riassumiamo i termini della questione per come appaiono in questo momento.
Il Partito democratico ha diritto a tentare per primo di creare un governo perché ha la maggioranza assoluta alla Camera e la maggioranza relativa al Senato. Sulla carta sono possibili sostanzialmente due sole combinazioni per dominare anche il Senato: o accordarsi col Pdl, cioè con Berlusconi, o accordarsi con il Movimento 5 Stelle, cioè con Grillo. Berlusconi ci starebbe, ma un’intesa di questo genere ripugna, almeno ufficialmente, ai democratici. Ripugna certamente alla loro base, ripugna forse un po’ meno a una parte del vertice. Ma in ogni caso, questa strada, a cui Berlusconi sarebbe favorevole, non è percorribile. Bersani, mentre il partito lo sta a guardare per metterlo eventualmente arrosto, vorrebbe trovare i voti che gli mancano nel Movimento 5 Stelle. Confida di essere abbastanza nuovo nel programma, sa che il 70 per cento dei grillini vengono da sinistra, ha visto, con la vicenda Grasso, che lì in mezzo si può far breccia. E tuttavia proprio la vicenda Grasso potrebbe aver tolto al Pd qualunque possibilità: la reazione al tradimento è stata molto dura, ha ricompattato i fedelissimi del genovese e fugato almeno all’apparenza ogni possibilità di nuovi drammi e nuove deviazioni. Tutti i senatori stellati dicono come un sol uomo che non daranno la fiducia a nessun governo che non sia un governo cinquestelle. Il quale, naturalmente, non ha i numeri per far da solo.  

Grillo salirà le scale del Quirinale in persona?
Forse ci sarà anche Casaleggio. In genere il Capo dello Stato consulta i gruppi, cioè gente eletta, ma se riceve cittadini qualunque – come tecnicamente sono i due capi del M5S - non si può parlare di sfregio a una qualche regola. Le consultazioni, semplicemente, sono un’invenzione del tempo dei tempi, una pratica extracostituzionale. Come abbiamo già detto una volta, l’articolo 92, al secondo comma, recita semplicemente: «Il presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri». Punto e basta. Quindi, volendo, le stesse consultazioni sono in qualche modo fuori legge. Napolitano, volendo, avrebbe potuto, una volta conosciuto il risultato delle elezioni, pronunciare un nome, ricevere una lista di ministri e aspettare poi che le Camere gli dessero o non gli dessero la fiducia. Tra l’altro, in questa circostanza, sarebbe forse stata la mossa più astuta.  

Che hanno detto ieri le delegazioni al Quirinale?
Tutto come previsto. Boldrini-Grasso chiedono un governo con urgenza (hanno ragione, ma la dichiarazione ha lo stesso un sapore bersaniano). Per il gruppo Misto la capogruppo De Petris (che è di Sel) ha chiesto che l’incarico vada a Bersani, «però con innovazioni nel metodo, nelle persone e nella qualità» (qualunque cosa significhi). Vendola è d’accordo: il cambiamento pare un bene in sé. Pisicchio (Centro democratico): «Un governo di scopo», idem quelli della Val d’Aosta, eccetera eccetera. Tutti gli altri hanno più o meno cantato sulla stessa musica. Quelli di Lista civica, capeggiati da Mario Mauro, hanno invece sollecitato «un governo solido con i principali partiti», che è la linea Monti fin dalla salita in campo. Monti non s’è fatto vedere per evitare conflitti con la sua carica di premier. Ma sappiamo che è furibondo: ha tentato manovre imbarazzanti per prendersi la presidenza del Senato o il Quirinale, e i giornali lo hanno scritto. La cosa, purtroppo, lo indigna.  

È possibile che Bersani, per ottenere l’incarico e tentare poi di spuntare la fiducia, si faccia più grillino di quello che è?
È possibile, e un poco lo abbiamo già visto. Ancora ieri il segretario ha ribadito che presenterà a Napolitano i suoi otto punti. Ma è possibile, la politica è in definitiva proprio questo, l’arte del possibile.