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 1991  febbraio 01 Venerdì calendario

Noi siamo l’alternativa

La Repubblica, venerdì 1° febbraio 1991
Occhetto è arrivato al traguardo. Sopra un minuscolo podio verde come la fronda della quercia, sullo sfondo di un palcoscenico rosso come il vecchio cuore del Pci, espone la cultura di governo del suo Pds. L’obiettivo dichiarato è quello di rompere il patto di potere che governa il Paese. Ma poiché il nuovo partito nasce nel cuore di una tempesta, nel dramma di uno dei momenti più inquietanti dalla fine della seconda guerra mondiale, la cultura che Occhetto espone agli ex comunisti è soprattutto la cultura di chi chiede l’immediato cessate il fuoco, una tregua, subito, una tregua unilaterale, insieme al ritiro del contingente italiano. Così, il nuovo partito nasce sotto la spinta della ricerca di una posizione sul Golfo che tenga insieme Ingrao e Napolitano: ecco perché il segretario aggiunge un lungo passo all’ultimo momento, e sulla scia del documento dei ministri degli Esteri americano e sovietico, chiede al governo italiano di sostenere in tutte le sedi internazionali l’impegno alla cessazione delle ostilità se l’Iraq si ritira dal Kuwait. Nasce, il Pds, sotto questa guerra che incalza, all’insegna della pace che chiedono ad Occhetto quelli del vecchio e del nuovo partito. E dunque c’è un senso di precarietà, di provvisorietà forse non evitabile. Accanto alla grande fatica spesa a rivendicare quella posizione, c’è il sacrificio di altri temi importanti, molto attesi, dentro e fuori dal Pds. Il papa citato due volte Il mondo cattolico, così sensibile al tema della pace, serve ad Occhetto da cerniera per gli esterni: è a loro, soprattutto, che si rivolge il ventesimo congresso, ultimo del Pci, primo del Pds. Sono i cattolici gli invitati d’onore al battesimo del nuovo partito: due volte Occhetto cita direttamente il Papa, e poi sollecita lo specifico contributo di un’area culturale e politica dei cattolici dentro l’articolato pluralismo del Pds. È superata la stagione del dialogo, adesso c’è la stagione di una collaborazione con cittadini che si riconoscono sui principi, sui valori, su un impegno politico e sociale. Cosa rimane per gli altri, per quelli che un anno fa erano stati individuati come possibili compagni di strada? La regia del ventesimo congresso ha già cancellato con un colpo di spugna i famosi spazi riservati al potente Comitato Centrale: dove sono finiti i 350 signori che un tempo costituivano una potente nomenklatura? Impossibile individuarli, ma lassù, sui banchi della presidenza, compaiono i leader della sinistra indipendente, i Rodotà e i Bassanini, siedono i segretari regionali, i rappresentanti dei delegati esterni come Simona Dalla Chiesa e Paolo Flores D’Arcais. Ci sono i giovani della sinistra giovanile. Chiome bionde e volti senza rughe, attenti alle parole del segretario, rigidi quando l’Internazionale commuove non solo gli anziani. Emozionati, anch’essi, quando alla fine Occhetto promette a tutti, in un testamento ideale da capo del Pci che muore: Noi porteremo Gramsci con noi, nel nuovo partito cui diamo vita, lo porteremo nelle nostre menti e nei nostri cuori, e non solo per il suo grande pensiero, ma per le sofferenze che egli patì, per la volontà che mai l’abbandonò di lottare e di combattere per la liberazione umana.... E con quattro insieme finali, Achille Occhetto chiama a raccolta i suoi compagni vecchi e nuovi: Insieme, dunque, per unire la sinistra, insieme per un ricambio delle classi dirigenti, insieme per determinare l’alternativa, insieme nella prospettiva della libertà e del socialismo. È vero, Occhetto pronuncia con maggiore disinvoltura di un tempo, quella parola socialismo che Craxi voleva entrasse a far parte del nuovo nome, la pronuncia molte volte, come a rassicurare il segretario del Psi dall’altra parte della sala. Ma gli invitati non cattolici al battesimo del Pds ricevono un’attenzione che giudicano secondaria. Troppo poco per i socialisti: a cui Occhetto chiede di riflettere criticamente sull’ultimo decennio, a cui concede una neutralità di fondo, rispetto agli Usa (Noi politicamente non siamo pregiudizialmente né antiamericani né filoamericani). Domanda a Craxi di abbandonare i sospetti, di prendere sul serio i nostri propositi e quindi, di venire a vedere le carte dell’alternativa. Dice: Non è certo la parola socialismo a dividerci. Al contrario, la prospettiva socialista ci unisce, o meglio, dovrebbe unirci. Si tratta di trovare un tragitto programmatico e politico verso l’alternativa, di verificare alcune opzioni fondamentali. Non ci deve esser nessuno che attende l’altro sulla riva del fiume.... Il terreno comune può esser quello di una convenzione programmatica che veda protagoniste tutte le forze della sinistra per discutere e definire un programma per l’alternativa. Può essere quello della progressiva riduzione della conflittualità a sinistra, di una riduzione della concorrenza elettorale, basata su una riforma che comporti la presentazione davanti agli elettori di un programma, di una maggioranza e di un governo del Paese. Si potrà determinare nel corso del tempo dice Occhetto a Craxi una distinzione tra l’articolazione della sinistra in partiti e movimenti diversi e una maggiore convergenza unitaria sul terreno della rappresentanza istituzionale. In questa proposta qualcuno vede l’offerta addirittura di una presidenza per Craxi (Quirinale o Palazzo Chigi?) in cambio di una promessa di alternativa. Ma questo non basta al Psi: che tra una riga e l’altra delle poche che avanzano al discorso sulla guerra, vede riproporsi la riforma che piace alla Dc, col cittadino che sceglie chi lo governa insieme a chi lo rappresenta. Rivedere l’Onu La Dc, nella strategia del Pds, è cortesemente invitata a farsi da parte, nel senso che non c’è la volontà di arrivare a una sua delegittimazione democratica, anche perché non tutta la Dc è cattiva e perché anche dall’opposizione la Dc sarebbe chiamata a svolgere una funzione nazionale e democratica. La Dc è dunque invitata a favorire l’alternativa e a non fare terra bruciata. Gli altri partiti non esistono, o esistono solo i repubblicani di La Malfa che incarnano l’avversario sul fronte dell’impegno nel Golfo. Non è vero, dice Occhetto, che è giusta la cultura di governo del Pri, mentre quella del Pds volge al passato, trascinando verso pericolosi salti nel buio le prospettiva di alternativa. Il segretario condanna Saddam, lo accusa di condotta criminale e odiosa, ma altrimenti andava combattuto, è stato un grave errore politico la scelta delle armi, e bisogna riconoscere che tra i pacifisti prevale una posizione di condanna dell’Iraq. Per Israele, una solidarietà appena strappata, quanto ai rischi che corre la Turchia, un avvertimento: non si può giustificare un obbligo automatico di assistenza da parte della Nato. Centrale è l’Europa, ripete Occhetto, e anche in questo è significativa la posizione di Papa Wojtyla che va in questa direzione. L’Onu va rivista, bisogna superare il diritto di veto, rivedere il Consiglio di sicurezza, limitare l’uso della forza da parte dell’Onu, e insieme smilitarizzare la Nato. Sbaglia chi dice che la posizione sulla pace del Pds ha fatto venir meno le ragioni della svolta, perché è stato mandato in frantumi il progetto secondo cui il nuovo partito nasceva per sbloccare il sistema. La premessa, togliere di mezzo il Pci per andare subito al governo, non è mai stata, in nessun momento, la motivazione che ci ha spinto a un processo così complesso e travagliato. Il nuovo partito che Occhetto fa scendere in campo è, per il segretario, un partito profondamente diverso rispetto a tutti quelli sorti all’interno della tradizione comunista, ed è compito del ventesimo congresso definirne principi, caratteristiche organizzative, e di vita interna. Aperto davvero all’esterno, ma forte del principio di maggioranza: Il problema conclude Occhetto non è quello di avere più partiti in uno stesso partito, ma di garantire una effettiva articolazione in rapporto alla società. Per governare il Paese, insomma, bisogna prima di tutto, saper governare se stessi.
Sandra Bonsanti