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 2013  gennaio 18 Venerdì calendario

Corona «Sorvegliato speciale»

La Stampa, domenica 8 luglio 2012
Bello è ancora bello. Ma «dannato» forse non lo è più. «È un’immagine che mi ero costruito, che mi ha reso molto ma che adesso non credo mi appartenga più». Ha un’altra voce. E anche un altro atteggiamento: il Fabrizio Corona delle paparazzate, delle camicie aperte fino all’ombelico, delle guasconate che hanno mandato in sollucchero migliaia di ragazze e su tutte le furie decine di giudici, forse è davvero scomparso. «Mi sto curando» ammette con umiltà. «E sì, sono molto, molto cambiato: per due anni sono stato completamente pazzo, esagerato. Un coglione. E adesso tento di aiutarmi con qualche pillola, sotto controllo medico, che limiti la mia esuberanza. Ma non è per gli psicofarmaci che dico queste cose. È merito di una donna in gamba come Belen che mi ha fatto cambiare e, soprattutto, di mio figlio».

Non più «dannato» dunque. Ma condannato sì, e a pene ineluttabili che appena diverranno definitive gli potrebbero spalancare le porte del carcere per una decina di anni. Nel frattempo, da un mese, è diventato un «sorvegliato speciale»: obbligo di firma, di rientro a casa entro orari stabiliti, di frequentazioni «pulite». Una vita «normale» per gente qualsiasi. «Infernale» per uno dalla vita spericolata come Corona. «Non so cosa deciderà la Cassazione ma non fuggirò, se dovrò entrare in prigione lo farò a testa alta. Lo devo a mio figlio che ha dieci anni: non potrei mai allontanarmi da lui, immaginarmi una vita lontano da lui». «Sono vecchio», dice. E ha appena 38 anni.

Il «sorvegliato speciale» Corona, accusato e talvolta condannato per reati che vanno dalla resistenza a pubblico ufficiale, alla bancarotta, alla violazione degli obblighi famigliari, alla dichiarazione infedele dei redditi, fino all’associazione per delinquere finalizzata alla prostituzione, passando per la spendita di monete false, l’estorsione, la minaccia, la diffamazione, la truffa, le armi e la ricettazione, non è però uno sconfitto. «Ho rimesso in piedi una grande agenzia con 30 dipendenti con cui facciamo due giornali nostri e quattro in editing; poi ho un’agenzia di comunicazione con grandi clienti e sono riuscito a tenere in piedi anche la vecchia agenzia di gossip. Gestisco tre marchi di abbigliamento: uno è quello della «farfallina», che abbiamo lanciato con Belen a Sanremo... Già, anche quella storia era stata studiata a tavolino... Ho un mio portale, «social channel punto it» che ho lanciato pubblicando in esclusiva le foto di Belen con il suo nuovo fidanzato...».
Business is business: alla vecchia religione, Corona non rinuncia mai.

Ma chi è davvero quest’uomo? «A parte uno completamente pazzo, che appena uscito di prigione si era messo a frequentare balordi di ogni genere, credo di non essere né buono né cattivo: sono uno che non ha mai pensato a divertirsi ma solo a lavorare, nel bene e nel male. Mi faccio un mazzo così, ho avuto tante idee geniali. Ora sto facendo un nuovo progetto con lo scienziato Maurizio Mian che si è comprato recentemente il 51 per cento dell’Unità: si tratta di un reality con 5 ragazzi a cui verrà fornito un budget consistente per vedere come riusciranno a realizzare i loro sogni anche in tempi di crisi come questo». Inarrestabile. «Io fino al 2007 ero totalmente incensurato. Avevo un’azienda che fatturava 8 milioni di euro all’anno. Poi sono finito nei guai per una vicenda, quella dei ritiri delle foto, che sto pagando solo io. Mi sono ritrovato improvvisamente povero, così ho deciso di inventarmi un personaggio trash che ho dovuto cavalcare... Cosa dovevo fare? Mettermi a rubare?».

E la guida senza patente, i soldi falsi, la corruzione della guardia carceraria, le estorsioni? «La verità è che pago il fatto di essere stato il più grosso guascone e coglione che esista. Ora è tutto più difficile, devo chiedere permessi per fare qualsiasi cosa. Ma non vivo di proventi illeciti, non frequento mafiosi. Credo che un po’ di accanimento nei miei confronti ci sia stato. Prendi la vicenda di Trezeguet (un’estorsione per delle foto, ndr): mi hanno aumentato la pena in Appello anche se Trezeguet aveva rinunciato a costituirsi parte civile. Si è mai vista una cosa del genere? Comunque è andata così. Lavoro fin che posso anche se ogni tanto invece di tornare a casa presto piacerebbe anche a me rimanere fuori per una pizza. Non mi sottraggo agli obblighi. Penso a mio figlio».
Paolo Colonnello