Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  agosto 29 Mercoledì calendario

I minatori sardi  e la minaccia dell’esplosivo

• I minatori della Carbosulcis hanno passato la terza notte sotto terra. Ieri sera, verso le 20.30, hanno fatto esplodere una piccola carica di dinamite, come avvertimento: «Abbiamo 694 chili di dinamite, 1.221 detonatori. Sappiamo come si usa», ha detto uno di loro sorridendo, senza dare il nome. Scrive Serra (Cds): «Parlano invece i rappresentanti sindacali, che non hanno gradito le note dei ministri dello Sviluppo e dell’Ambiente. Corrado Passera, sugli investimenti nel Sulcis: “È nostra intenzione perseguire l’attuazione di strategie e investimenti finalizzati a riconvertire le produzioni esistenti, ove sia possibile farlo, e favorire la creazione in tempi adeguati di iniziative durature di sviluppo sostenibile. Il piano per lo sviluppo del Sulcis, proposto da Regione e Provincia e ora all’esame delle strutture tecniche del ministero, è una buona base di partenza”. Corrado Clini, sul progetto di cattura e stoccaggio di anidride carbonica nei pozzi e la produzione di metano, al quale tengono i minatori per il rilancio, è stato però pessimista: “È un progetto innovativo a tecnologie avanzate che ha bisogno di dati economici di riscontro, al momento in Europa ce n’è uno solo. Nel Sulcis il contesto non sembra essere favorevole allo sviluppo di un’iniziativa di questo tipo”. A lui risponde subito Luigi Manca, Rsu: “Il progetto è fattibile eccome e la presenza dello zolfo non è un problema. Si stanno spendendo soldi nelle rinnovabili, nel fotovoltaico, che richiedono anche costi molto alti”».

• Meletti di Rep è sceso sotto terra tra i minatori del Sulcis: «Il pozzo principale parte da 100 metri sopra il livello del mare e scende a meno 373. Nell’ascensore sembra di essere dentro un vecchio treno che precipita lentamente. Ferro ovunque, cigolii, rumori provocati da cascate invisibili d’acqua. Quattro, cinque minuti che sembrano eterni. Poi la porta viene aperta ed ecco il presidio, con minatori e tecnici attorno a un tavolone con bottiglie d’acqua minerale e un cesto di pesche. “Non siamo qui solo per occupare, ma anche per controllare la miniera, che è una cosa viva”. Le macchine sono ferme, c’è lo sciopero, ma la polvere nera piano piano macchia le tute e i volti. “Debbono dire sì – ripete Stefano Meletti – al nostro sogno nel cassetto: continuare a fare i minatori e ridurre l’inquinamento. Sì, la miniera è in perdita, perché l’Enel ci compra soltanto 300.000 tonnellate di carbone all’anno. Con un milione di tonnellate saremmo in pareggio. Noi vogliamo un futuro. Noi che accettiamo di vivere sottoterra non accettiamo palliativi. Non possono dirci state a casa che tanto vi mettiamo in cassa integrazione. Non è questa la risposta attesa da noi, dalle nostre mogli e dai nostri figli”».