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 2012  agosto 29 Mercoledì calendario

Il governo studia il ricorso sulla fecondazione

• Scrive la Calabrò (Cds) che il ricorso dello Stato italiano alla sentenza della Corte europea sembra scontato. «Il governo normalmente sostiene le sue leggi davanti alle Corti europee, soprattutto dopo una decisione di primo grado. Il ricorso, in questo caso, sembra essere in qualche modo facilitato, a una prima lettura, dalla motivazione della sentenza (in tutto quindici pagine) che conterrebbe due debolezze giuridiche indipendenti dal “contenuto” della decisione. Se cioè sia giusto o meno – ribaltando quello che stabilisce la legge 40 – far accedere una coppia alla diagnosi preimpianto. La prima “debolezza” della sentenza deriva dal fatto che la legge 40 è stata giudicata “incoerente” in quanto contraddittoria con un’altra legge italiana, la legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza. Cioè ci sarebbe un’evidente irragionevolezza perché si vieta la diagnosi preimpianto e invece una volta impiantato l’embrione malato, un’altra legge dello Stato permetterebbe alla coppia, secondo i giudici europei, di accedere a un aborto terapeutico. In realtà, però, la legge 194 consente questo tipo di aborto (dopo 90 giorni di gravidanza), solo a determinate condizioni, cioè se quella malattia costituisce un “grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna” e dopo un iter di verifica ben preciso: cioè permette l’aborto terapeutico non per il solo fatto che l’embrione è malato. (…) Ma c’è anche un altro problema, di tipo procedurale. La Corte di Strasburgo è infatti una Corte di ultima istanza, cui si può accedere solo dopo aver esperito tutti gradi di giudizio all’interno del Paese europeo di cui i ricorrenti sono cittadini. In questo caso invece la coppia si è rivolta alla Corte direttamente, saltando i giudici nazionali, chiedendo l’intervento di un “giudice sovranazionale”. Questo potrebbe inficiare alla radice la decisione. Perché in materia di diritti umani questo precedente creerebbe di fatto una sostanziosa “cessione di sovranità”».