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 2012  giugno 03 Domenica calendario

Biografia di Simona Vinci

• Milano 6 marzo 1970. Scrittrice. Vincitrice del Premio Campiello 2016 con La prima verità (Einaudi Stile Libero). «Scrivere è, per me, come respirare. Non mi diverte, è una necessità».
• «Dal primo libro che la rivelò Dei bambini non si sa niente (Einaudi 1997, Premio Elsa Morante opera prima), fino ai racconti di In tutti i sensi come l’amore (Einaudi 1999) o al romanzo Come prima delle madri (Einaudi 2004), c’è un filo che lega tutti i libri di Simona Vinci. “Quando ne finisco uno, mi sembra sempre che quello successivo parta da dove si era chiuso l’altro”» (Silvana Mazzocchi).
• «Nel 1997, col romanzo Dei bambini non si sa niente, è stata soprattutto un “caso”. Una vena consistente soprattutto nell’evocare, esplorare, sezionare sino al dettaglio un universo di grande durezza, ma insieme anche un mondo di sofferta tenerezza, ricorrendo a una scrittura non monocorde, di forte paratassi che, nei punti di maggior intensità, si faceva (e si fa) secca e scarnificata; a dare, per converso, spessore al lato oscuro della violenza e dell’uomo. Un universo mortuario, di dolore e sopraffazione, attraversato da immagini crude e crudeli» (Ermanno Paccagnini).
• Nel 2007 Strada provinciale 3 (Einaudi). Lei ha vissuto fino al 2006 a Budrio (Bologna) in una grande casa affacciata su quella strada, che collega Modena a Ravenna. «I personaggi del mio libro sono tutti veri, li ho incontrati, li ho fotografati. La vecchia dell’Est con la fisarmonica la vedo ancora, spesso il giorno prende il treno e va a Bologna (...) Osservo la realtà che mi circonda. Oggi siamo informati di tutto, poi non sappiamo perché stanno scavando vicino a casa nostra, chi sono le persone che incontriamo, come vivono. Questo non mi va» (a Ranieri Polese).
• «Scritto in otto anni, La prima verità, a metà tra narrativa classica, auto e docu-fiction, sfiora a tratti la sperimentazione con salti spazio-temporali e differenti piani narrativi. Al centro del libro c’è comunque un altro tema scomodo: la chiusura dei manicomi e gli scandali legati alla follia. La malattia mentale e il passato oscuro degli ospedali psichiatrici vengono narrati in un viaggio ideale tra Budrio, dove la Vinci vive attualmente, e l’isola di Leros, oggi meta turistica, ma dal 1958 agli anni Novanta manicomio-lager, che ha ospitato fino a 1000 persone» (Stefania Vitulli).
• «Aveva partecipato al Campiello due volte, nel 1999 con In tutti i sensi come l’amore e nel 2003 con Come prima delle madri, sfiorando la vittoria senza però riuscire a conquistare il podio. Stavolta ce l’ha fatta, con uno dei suoi libri più elaborati, in cui la prosa si mescola ai versi, ma sul dolore non c’è sconto. Voleva raccontare i folli, le persone rinchiuse nei manicomi, quelli che nessuno vede. Ora che La prima verità ha vinto la cinquantaquattresima edizione del Campiello, la scrittrice, si rilassa e spiega l’importanza di un romanzo che ha toccato la sua vita personale in profondità, forse più di altri scritti nel passato: “Sono maturata. Quando ho finito di scrivere ero diversa. In mezzo ci sono stati tanti traslochi, è arrivato un figlio. Venivo da un periodo difficile”. Un periodo lungo, iniziato molto tempo prima, quando stava lavorando a Strada provinciale 3, uscito nel 2007: “Quel romanzo non ha avuto molto successo, ma la protagonista, la donna che viaggiava da sola lungo una strada provinciale, ero io. Stavo attraversando un grande momento di incertezza sulla mia identità. Non potevo più continuare a vivere in quel modo. Soffrivo di attacchi di panico, ero un po’ anoressica. Clinicamente mi era stata diagnosticata una depressione ansiosa reattiva”» (Raffaella De Santis).
• Un figlio, Ettore, nato nel maggio 2012.