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 2012  giugno 03 Domenica calendario

Biografia di Gianrico Tedeschi

• Milano 20 aprile 1920. Attore. Allievo dell’Accademia Silvio d’Amico, tra gli illustri veterani della scena con Albertazzi, Scaccia, Foà, le due Valeri (Franca e Valeria), Anna Proclemer, ha attraversato ogni genere drammatico (dalla commedia musicale a Bernhard) lavorando anche con Visconti e Strehler. Ha fatto parte a lungo dello Stabile di Roma diretto da Squarzina (Il cardinale Lambertini di Testoni e Casa cuore infranto di Shaw), una indimenticabile partecipazione al musical My fair Lady con Delia Scala, le commedie Arlecchino e Sior Todero brontolon ecc.
• «Con l’understatement che è tipico dei veri signori milanesi, Gianrico Tedeschi ha attraversato oltre mezzo secolo di teatro italiano (per non dire del musical e del cinema, dove ha lavorato tra gli altri con Monicelli, Pietrangeli, Salce). Senza gigionerie, con classe misurata, ha affrontato tutti i grandi autori: Pirandello, Cechov, Goldoni, recentemente un memorabile Bernhard (II riformatore del mondo) e Le ultime lune di Furio Bordon» (Carlotta Nicolini). Nel 2007 portò in scena Smemorando, spettacolo composto da gag, canzoni, poesie, frammenti di opere teatrali che mettono insieme i ricordi e le suggestioni di una vita; nel 2008 (per la terza volta dopo le versioni dell’86 e del 90) La rigenerazione di Italo Svevo (regia di Antonio Calenda); nel 2011 interpretò l’industriale Oldfield ne La compagnia degli uomini di Edward Bond, regia di Luca Ronconi (premio come miglior attore agli Ubu). Nel 2013, a 93 anni, ancora sul palcoscenico con Farà giorno, regia di Piero Maccarinelli.
• Anche doppiatore: Walter Matthau, Ward Bond, Charles Boyer ecc.
• «Un grande attore senza i vezzi del mattatore» (Angela Calvini).
• «È la faccia più beffarda del teatro italiano. Quando ti è di fronte sembra che rida. E quando ride davvero sospetti che ti prenda in giro. A 93 anni Gianrico Tedeschi dice che la sua giornata è tempestata di vuoti di memoria: “È come calpestare una gruviera mentre fai la gimkana tra i suoi buchi. Ogni tanto per distrazione ci finisci dentro. E non ti ricordi neppure come si chiamava tua madre. A proposito perché lei è qui? Scherzo, lo so, lo so. L’incontro con il vecchio leone, l’uomo dei mille palcoscenici, dei cofanetti di biscotti e delle minestre concentrate; il sopravvissuto alla crisi del teatro, del cinema, di Carosello”» (Antonio Gnoli) [Rep 26/5/2013].
• «Sono diventato attore grazie, suona strano dirlo, allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Dopo l’8 settembre 1943 venni internato dai tedeschi in un campo di concentramento a Beniaminowo, in Polonia. In quel campo c’erano personaggi come Giovanni Guareschi, il futuro politico Alessandro Natta, professori universitari, artisti, musicisti. E il critico teatrale Roberto Rebora che, vedendomi recitare nel teatrino del campo, mi disse: “Tu devi fare l’attore”». A Beniaminowo interpretò, per i compagni di prigionia, un Enrico IV di Shakespeare, «testo sulla follia in un luogo di follia».
• «Eravamo bambini, io il più piccolo di tre fratelli, quando mio padre ci portava tutte le domeniche ad assistere a una rappresentazione. Nei primi anni fu una tortura. Mi annoiavo, volevo fuggire da quello spazio che mi sembrava opprimente e tornare ai miei giochi. Non c’era verso di scappare. Poi, verso i tredici anni, ho cominciato a capire e a lasciarmi andare a quelle recite. Mi incuriosivo ai gesti degli attori, alle voci. Una volta papà mi portò al dal Verme di Milano a vedere Ermete Zacconi. Recitava ne Gli spettri di Ibsen. Fu una cosa strana. Mi impressionò il verismo. Allora decisi che il teatro sarebbe entrato nella mia vita. Mio padre aveva involontariamente gettato il seme» [Gnoli, cit.].
• «La verità è che noi attori siamo tutti un po’ matti. Seguiamo regole, orari, logiche diverse... Ogni sera nei panni di qualcun altro. E a volte capita che in quei panni ti trovi così bene da pensare che siano davvero i tuoi. Allora non si recita più. Allora si vive e basta» (a Giuseppina Manin) [Cds 3/12/2013].
• Sposato con Marianella Laszlo, padre di Sveva Tedeschi, entrambe attrici. Un’altra figlia, Enrica, che fa la sociologa.
• Vive sul lago d’Orta, vicino Novara.
Un rimpianto? «Neanche uno» (intervistato da Renato Franco).