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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Domenico Mancini

• Roma 31 ottobre 1944. Commerciante di colori. Balthus e Renato Guttuso, Giorgio De Chirico e Giulio Turcato, Giorgio Morandi e Mario Schifano, Salvador Dalí e Andy Warhol, Robert Rauschenberg e Cy Twombly: gran parte degli artisti del Novecento sono passati dalla bottega di Domenico Mancini, detto “Memmo”, all’ angolo tra via del Gesù e via del Piè di Marmo a Roma. Oggi, che ha superato la sessantina, Memmo continua a dispensare colori e consigli ai pittori contemporanei che arrivano qui da tutto il mondo. E quasi tutti lo chiamano «maestro». Mimmo Paladino lo ha definito «viaggiatore di alchimie». Perché soltanto lui riesce a creare quelle straordinarie miscele di pigmenti che permettono agli artisti di realizzare i capolavori sulla tela. «Dalí mi ordinava dei pigmenti impastati con l’essenza di lavanda. Ne veniva fuori una pasta cromatica morbida, meravigliosamente setosa». Per Mario Schifano, che «amava gli smalti francesi, come quelli che usava Picasso», Memmo inventò i colori per lavorare su supporti fotografici, paste particolari che acquistavano trasparenza con la luce. «Aveva dieci anni più di me ed eravamo come fratelli. Sperimentavamo insieme». Dei pittori viventi preferisce non parlare: «Sono gelosi, se ne nomino uno e mi dimentico di un altro succede un pandemonio». Però un nome gli scappa: Luciano Ventrone, che fu scoperto da Federico Zeri alla fine degli anni Settanta e oggi è tra gli artisti italiani più quotati all’estero. «Grande conoscitore dei pigmenti. È l’ unico che sa usare i verdi. Abbiamo fatto amicizia da bambini. Ci incontravamo per strada in bicicletta, quando lui faceva il “cascherino” da un vinaio e consegnava le bottiglie e io lavoravo da un fornaio di Trastevere e portavo in giro le pagnotte».
• Nel 2014 l’Archivio Mario Schifano ha pubblicato Patologia della pittura, colloquio tra Mancini e Luca Ronchi.
(Lauretta Colonnelli)