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 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Daniele De Rossi

• Ostia (Roma) 24 luglio 1983. Calciatore. Centrocampista della Roma e della Nazionale. Ha sempre giocato nella Roma (oltre 300 presenze in Serie A, sesto posto assoluto tra i calciatori giallorossi). Prima partita in Serie A il 25 gennaio 2003 a Como. «Un’altra maglia italiana? Non esiste. In Italia, al massimo, potrei andare all’Ostia Mare…».
• In Nazionale ha collezionato finora 116 presenze e 18 reti. Esordio, con gol, il 4 settembre 2004 contro la Norvegia (vittoria italiana per 2-1). Campione europeo under 21, medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene (2004), campione del mondo 2006: titolare nel primo match col Ghana e nel secondo con gli Stati Uniti, fu espulso e perse il posto rientrando giusto nella finale contro la Francia, quando giocò uno spezzone di partita e, soprattutto, realizzò uno dei rigori decisivi. Agli Europei 2008 ha segnato su punizione il gol del 2-0 contro la Francia e fallito uno dei rigori che ci sono costati l’eliminazione ai quarti di finale contro la Spagna poi vincitrice del titolo. Ai mondiali del 2010 segnò un gol nella partita d’esordio contro il Paraguay, finita 1-1. Vicecampione d’Europa nel 2012. «Lo dico subito: a me scoccia arrivare secondo, anche perché mi è capitato un po’ di volte. C’è stata una sola squadra che ci è stata superiore: la Spagna. Io, però, sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto. Abbiamo ridato la nazionale agli italiani, abbiamo dimostrato che non c’è soltanto il calcioscommesse».
• Il 9 aprile 2008 all’Old Trafford aveva fallito sullo 0 a 0 il rigore che avrebbe potuto riaprire la sfida col Manchester United valida per i quarti di finale della Champions League. «Cambierei subito la vittoria del Mondiale con una Champions League vinta con la Roma. Il giorno della finale, vedendo l’atmosfera che c’era, dissi agli altri: “Pensa che bello se stessi per giocare una finale di Champions con la Roma”. Mi guardarono tutti come un matto. Ma non ci posso far niente, è così».
• «Da bambino sognavo lo scudetto. Ci stavo dentro a quel sogno, era a mia misura, mi sembrava possibile. Poi è finita che ho vinto il Mondiale e che lo scudetto sto ancora ad aspettarlo».
• Dopo mesi di indiscrezioni su una sua possibile partenza da Roma, a febbraio 2012 ha rinnovato il contratto con i giallorossi fino al 2017 per circa 5,5 milioni netti a stagione più bonus (il calciatore italiano più pagato in Serie A). «Cinque mesi fa ho fatto una scelta. Anzi, forse l’ho fatta trent’anni fa e l’ho riconfermata cinque mesi fa. Allora nevicava, ora fanno 40 gradi e non è cambiato nulla» (a Luca Valdiserri nell’agosto 2012).
• Arrivato sulla panchina della Roma Zeman nell’estate 2012, fu messo di nuovo in discussione (il Boemo gli preferiva Tachtsidis), con conseguenti nuove voci di cessione. Nella stagione successiva, con l’arrivo di Rudi Garcia, decise di restare, rifiutando una proposta del Manchester United arrivata dopo la prima giornata di campionato. «Essere un giocatore della Roma e non fare felici i tifosi, non mettere tutti d’accordo come quasi sempre è stato, per me era un peso abbastanza schiacciante. C’erano tante cose che non andavano, ma forse ce n’era una ancora più grande, che non andava bene a me: non potevo pensare che la mia ultima partita con la maglia della Roma fosse quella (la finale di Coppa Italia persa con la Lazio il 26 maggio 2013, ndr). Quella era la cosa che non riuscivo a mandare giù: mi potevo immaginare in qualsiasi squadra del mondo, ad alzare qualsiasi trofeo, ma pensare che io avevo giocato l’ultima partita con la maglia della Roma in un derby perso in finale era la fine della storia d’amore più grande che io conosca tra un calciatore e una squadra. Ma era la fine sbagliata».
• «Gattuso vestito da Armani» (un giornale spagnolo dopo averlo ammirato al Bernabeu il 5 marzo 2008, Roma-Real Madrid 2-1 nel ritorno degli ottavi di Champions League).
• «La maggior parte delle cose che ho, le ho a Roma: i miei amici, i miei conoscenti, la famiglia della mia compagna, il mio avvocato, il mio notaio... Ma se posso restare lontano dal centro di Roma non posso restare lontano da Ostia a lungo. Il mare mi manca troppo. Noi Lidensi viviamo lì, il mare è fondamentale, come ti giri lo vedi, lo senti, lo respiri... l’inverno il mare è mosso, c’è la schiuma, le spiagge sono deserte. In questo momento dell’anno il mare ci appartiene veramente».
• «È cresciuto sulla spiaggia, bagni Sporting Beach, che, a dispetto dell’etichetta esotica, risultano ubicati sul lungomare di Ostia. Qui, con la nonna e la zia alla cassa, il figlio di Alberto, allenatore della Primavera romanista, ha trascorso ore, giorni e anni a calciare il pallone» (Alberto Costa).
• Alberto De Rossi (9 settembre 1957) giocò in C (libero) con Livorno, Lucchese, Siena. Daniele spesso assiste alle partite della squadra primavera, tifosissimo. «Lo scorso inverno, il padre dovette alzarsi dalla panchina per andare a calmare il figlio che, sul 4-1 contro il Milan, urlava aggrappato alla recinzione. “Danie’, stiamo vincendo… Calmati, che figura mi fai fare?”» (Fabrizio Roncone).
• «Il mio primo ricordo? Non c’è il pallone, ma la casa di Livorno, città dove papà giocava. E il primo stadio che ricordo è proprio quello di Livorno, da piccolo mi sembrava il Maracanà. È un ricordo felice» (a Chiara Gamberale).
• Da piccolo faceva il centravanti: «Ero pigro, avevo meno voglia di correre». Enrico Currò: «L’inizio da attaccante gli è servito per affinare la tecnica e per pensare al gol. Ha sempre giocato nella Roma e lì vorrebbe restare, lui che vive a Ostia e non si immagina da un’altra parte: “Il mare mi mancherebbe troppo. Voglio restare”».
• «Giocherei tutte le partite e per 90 minuti. Quando sto fuori per infortunio sono un tormento. In vacanza conto i giorni. Ho sentito tanti giocatori dire: smetto presto e mi godo i soldi. All’inizio la pensavo anch’io così. Poi vedo che cambiano idea e, pian piano, lo sto facendo pure io. Ne conosco uno solo che l’ha detto e l’ha fatto: Hide Nakata. Altra categoria. Altra testa».
• Il 18 maggio 2006 aveva sposato Tamara Pisnoli, ex ballerina di Sarabanda che gli aveva già dato la figlia Gaia (16 luglio 2005). Separato dal 2009.
• L’ex suocero Massimo Pisnoli, 48 anni, qualche precedente per furto e rapina, è stato trovato morto il 13 agosto 2008 nei pressi della stazione ferroviaria di Campoleone, vicino a Latina, ucciso con due colpi di fucile (uno alla schiena, l’altro in bocca), il corpo in avanzato stato di decomposizione.
• «Tanta gente ha parlato di mio suocero con superficialità. Nessuno si è reso conto che si parlava di una persona morta e in quel modo violento. Io so quello che mio suocero poteva aver fatto nella vita, ma per tanti sembrava quasi si fosse meritato una fine del genere, e questo è assurdo. L’affetto che mi lega a lui non cambierà, così come non mi pento di avergli dedicato la doppietta che ho fatto in nazionale alla Georgia, anche se questo mi è costato le critiche di un sindacato di polizia».
• Ora è legato all’attrice italo-inglese Sarah Felberbaum, da cui ha avuto una figlia, Olivia (14 febbraio 2014). «Lei è geloso di Sarah e del suo lavoro? “So che è un lavoro, ma evito di andare sul set. Lei me lo ha chiesto: vieni a vedere come è, si gira una scena spinta e poi, allo stop, ci si rimette a parlare dei figli o del tempo. Lo capisco, ma anche se non lo vedo è lo stesso”» (a Valdiserri).
• Lei ha raccontato che la prima volta che l’ha incontrato non sapeva chi fosse. «Sapeva vagamente che esisteva un calciatore De Rossi, ma se mi avesse incontrato per strada non mi avrebbe riconosciuto. Per lei il calcio era, al massimo, Totti e Buffon. E suo padre, simpaticissimo, che viene allo stadio con il cuscino da mettere sopra al seggiolino, non sapeva nemmeno chi fosse Totti. Ci siamo incontrati, per caso, in un ristorante e Francesco ci ha salutato. È il capitano, hanno detto tutti. E il padre di Sarah: il capitano di che cosa?».
• Ha vissuto per un periodo a Campo de’ Fiori: «Volevo provare l’esperienza di vivere in centro ed è indimenticabile. Il profumo del mercato, i ragazzi dei banchi, il fornaio. Nessuno rompe le scatole, nessuno si impiccia, ma poi è normale: mi guardano come avrei guardato io da ragazzino un calciatore che veniva ad abitare vicino casa» (ad Alberto Piccinini). Ora è tornato a vivere a Ostia, sul mare.
• Per più di due stagioni ha giocato indossando una maglia con una manica lunga e una corta (se la faceva da solo, sforbiciando la sottomaglia): pare che una volta in Champions con la Roma, gli strapparono la divisa e lui giocò una gara strepitosa. Ha smesso con l’inizio della stagione 2013/2014.
• Avrebbe tanto voluto studiare legge e diventare un giudice.
• Soprannominato Capitan Futuro: «Non ho fretta di cambiarlo, penso ci sarà un momento giusto in cui erediterò questa fascia, ora un capitano c’è».
• In passato gli sono state attribuite simpatie di estrema destra, ma non è così. «Le persone del mio liceo erano dei ragazzi per lo più di sinistra. Io ero con loro, ma non ero come loro. Scrutavo, osservavo, ascoltavo, cercavo anch’io di comprendere qual era la mia identità ma ero meno interessato alla politica. Nella mia scuola c’erano sempre delle autogestioni, dei blocchi, delle occupazioni e devo dire che non ero di quelli che si piantavano con le bandiere ma piuttosto di quelli che ne approfittano per restare a casa a dormire»
• «Sono un moderato. Confesso che a votare non vado mai. So che è sbagliato, i miei genitori si arrabbiano pure, però non mi riconosco in nessun partito. Avere valori come l’ordine o la famiglia è forse di destra? Dovrebbero essere i valori di tutti» (ad Aldo Cazzullo).