27 febbraio 1992
Più che le canzoni, conta la farsa
La Stampa, 27 febbraio 1992
Che overdose di emozioni, ieri sera. Non si capiva più se era «Avanzi», «Fluff», o il Festival. Nella prima gara di eliminazione dopo 13 anni, sono stati bocciati Scialpi, Enzo Pupo Ghinazzi e Formula 3 fra i big; Gianpaolo Bertuzzi, Bracco Di Graci e i Tomato fra i giovani: nessuna grande sorpresa, nessuno scandalo, è soltanto un peccato che sia rimasta Irene Fargo che copia Giuseppe Verdi, Dalla, Ranieri, Puccini, e se ne sia invece andato Bracco; copiava solo Dalla ed è moderno. Enzo Pupo ha vissuto un giorno di gloria, la stessa che la Formula 3 ha battistianamente riesumato; Scialpi scimmiotta Michael Jackson ed è stato castigato.
Ma il bello (della diretta) era accaduto prima. Aveva aperto la gara sanremese un fuorigara, Mario Appignani detto Cavallo Pazzo, persecutore ufficiale di Pippo nelle manifestazioni tv più impegnative, urlando al microfono del forzuto presentatore: «Questo è un Festival truccato, vincerà Fausto Leali». Non aveva finito di dire il nome, che in dieci si sono avventati su di lui tappandogli la bocca e spingendolo indietro a calci, manco fosse l’imprendibile terrorista Carlos. «Penseranno che l’abbia pagato», ha sorriso Pippo riprendendo il controllo anche di se stesso e ricordando l’altro blitz di Appignani alla Mostra di Venezia. Prima dell’inizio della trasmissione, Cavallo Pazzo (che nella giornata di ieri aveva quasi sequestrato Chiambretti e urlato la stessa frase in sala stampa) stava tranquillamente seduto in fila 6 posto 11 ; s’è spostato all’arrivo del legittimo proprietario della sedia, poi s’è elegantemente infilato nella porta laterale di servizio. Nessuno ci ha fatto caso. E Pippo, mentre andava la sigla, al riparo delle telecamere, ha tirato un calcione (di destro) alle quinte: sulle labbra s’è disegnato un inequivocabile «porca puttana».
L’avvento, nel gazebo luminoso, dell’Alba fatale Parietti, con spacco vertiginoso e immediate papere di emozione («Il campionato dura quattro giorni, il Festival quaranta settimane», ha detto: anche lei ha un cuore, sulle gambe), ha segnato il nuovo inizio, certo meno sconvolgente, della lunga serata d’apertura del 42° Festival di Sanremo. In sala, tra gli altri, s’è notato il Mago di Arcella con tutta una corte di pittoresca guapparia che nelle ultimissime edizioni si era dileguata. Un segno di decoro ed eleganza del mondo festivaliero più tipico.
La sfilata dei cantanti è iniziata impeccabile: il buono e bello Fogli in mise dimessa e profilo elegante, applaudito persino dall’orchestra; l’urlante pargolo Bertuzzi senza l’annunciata madrina Lori Del Santo; i bravi Matia Bazar con una emozionatissima Laura Valente; e Bracco Di Graci energica fotocopia di Lucio Dalla: come non amarlo? E mentre Pupo, ormai Enzo Ghinazzi, iniziava la sua nuova carriera a tempo di gospel, Jo Squillo che egli stava sostituendo, sulla porta del teatro, bardata come da copione, cantava su di un piccolo registratore la propria canzone squalificata al popolo plaudente in strada. Mancava soltanto Oreste Lionello vestito da Andreotti.
Ma la farsa ha assunto tinte più forti quando nella notte l’onesto Ippoliti ha raccontato di aver visto nel pomeriggio alle 18, mentre montava il proprio spezzone di talk show, apparire sul televisore a bassa frequenza l’immagine di Cavallo Pazzo che saliva su di un palcoscenico, mentre una voce fuori scena diceva: vai più piano. Tutto preparato, dunque? L’ufficio stampa Rai, Giancarlo Leone ha smentito all’istante. A volte in scena, come capita anche per Crème Caramel, c’è troppa gente.
C’è da chiedersi che cosa serva al gran Barnum della musica questo Festival. È diventato davvero un circo. Tutto è Ippoliti, Cavallo Pazzo, Jo Squillo, persino Pupo: la logica ferrea della comunicazione televisiva si sta imponendo alla vecchia macchina canzonettiera e la sta divorando dall’interno. Con le potenzialità attuali del mercato, la discografia, un tempo padrona del Festival, potrebbe vendere di tutto, invece è diventata una comparsa. La gara, poi, fa male alla qualità dei cantanti e delle canzoni, ma ora è arrivata anche la farsa, che fa bene all’audience televisiva: interessi contrapposti, che una sintesi del divino Hegel (sì, proprio lui) non basterebbe a far coincidere. Speranzosi, i discografici continuano a distribuire schede e cassette dei cantanti in gara, pretendono si giudichi l’opera omnia, un album, invece che una sola delle 42 canzoni in gara. Una schizofrenia totale, se si pensa che il Festival è ormai quella commedia dell’Arte stigmatizzata da Carlo Goldoni.
Le facce che passano sul teleschermo sono davvero tante. Fra cavalli pazzi, padrini, madrine, testimonial, concorrenti da soli o in gruppo o in forzato duo, nel pittoresco gazebo Liberty dell’Ariston ieri sera c’è stato un grande via vai, che padre Pippo ha controllato con ammirevole e implacabile precisione e cortesia. Meno male che c’è lui. Gira la testa a pensare cos’avrebbero combinato con una confusione simile di violenze, volti e nomi, l’anno scorso, Edwige Fenech e Andrea Occhipinti; e la parte di spettacolo involontario si mostra in tono decisamente minore rispetto al ’91 e spunta soprattutto nei collegamenti esterni: quello con la sede di Torino, fin dalle prove di ieri ha rivelato un nuovo talento alla Piero Dadone di «Cuore», tal Stefano Magagnoli, che ci ha lasciati di stucco. Una promessa.
Ma chi li sceglierà, questi ragazzi? È una domanda che al Festival è preferibile cominciare a non porsi. Tira, fra tutti, un’aria da non-ne-possiamo-più, che spiega i mille corvi, cattivi o più spesso teneri, di questa rassegna. C’è quasi da spaventarsi: è come se tutti pensassero che l’anno prossimo il Festival potrebbe essere gestito come minimo dallo stesso Cavallo Pazzo. […]
Marinella Venegoni