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 1987  febbraio 06 Venerdì calendario

E alla fine balenò un seno

La Stampa, 6 febbraio 1987

Sanremo. La serata era oramai finita, la gente col vestito buono aveva lasciato l’Ariston. Al Palarock, dove il Festival numero 37 ha raccolto i divi della musica giovane, musi lunghi. Se i «grandi» spendono settecentomila lire come status symbol, i ragazzi non ne scuciono trentamila per sentire gli artisti cantare in playback.

Alle spalle del presentatore Carlo Massarini lo spettacolo è deprimente, fischi elettronici misteriosi, le sedie inesorabilmente vuote, manca persino un monitor. Fuori dalla Tenda regalano i biglietti ma i ragazzi sono a casa, per vedere lo spettacolo in tv.

Lo show comincia con la musica piana degli «Eighth wonder», l’ottava meraviglia, guidati dalla dolce Patsy Kensit, diciotto anni, segno del Pesci.

La blonda artista canta la sua canzone, non è certo sublime, ma ci sa fare. D’improvviso la sua tunica leggera cede, la scollatura scivola, il seno fa capolino in tutte le case d’Italia.

La sala stampa dei giornalisti accreditati esplode come la curva di uno stadio «Nuda, nuda». «Alè hò», «Ancora, di nuovo». Un reporter di mezza età grida con i pugni chiusi.

Le telecamere seguono Patsy che continua a cantare con il braccio destro irrigidito lungo il corpo per tenere su il vestito. La vocina si fa più esile, gli occhi della ragazza guardano attorno cercando un aiuto che, in diretta, non può venire.

«È il primo seno di Sanremo», precisa un giornalista veterano. C’è chi ricorda l’ardente Shirley Bassey, la cui scollatura cedeva durante gli acuti, Patty Pravo minimizza: «È successo anche a me di restare seminuda in scena, non lo si fa certo apposta, ma questi ragazzi qui non inventano niente».

In questo prudentissimo Sanremo è arrivata così, grazie a Patsy, la trasgressione. C’era stata Anna Oxa inguainata nel raso che la faceva nuda, c’era stata la maternità sadomaso della Bertè. Quest’anno niente, tranne la dolcissima sollecitudine della bella Romina nel contrastare la crescita zero del nostro pigro Paese.

Finito il nastro del playback, Patsy Kensit ha raccolto al volo un gran fascio di garofani e l’ha stretto al seno, finalmente tirando un sospiro di sollievo. Al colpo di scena finale ci ha pensato Massarini, impeccabile nel suo inglese: «May I introduce to you Mr. Baudo?», posso presentarle Baudo, Patsy è confusa, il mazzo cade, lei tende la mano, dimentica il vestito e stavolta balenano le sue spalle gracili, nel tripudio dei guardoni dell’etere.

Ieri Patsy s’è presentata, stretta in una mini nero, a parlare di quello che le sta a cuore, la musica. L’incidente del vestito? «Avrei voluto morire, è stato così imbarazzante, chiedo scusa a tutti», bisbiglia cortese.

g.r.