10 maggio 1863
Il ministro Manna elogia il referendum
• La relazione del ministro di
Agricoltura, industria e commercio, Giovanni Manna, al re nell’udienza del 10
maggio 1863 sui risultati del censimento della popolazione del Regno al 31
dicembre 1861.
Sire,
Uno dei primi atti di una nazione è quello di affermare se stessa.
Epperò con acconcio pensiero i consiglieri della Corona, non appena costituito
il Regno, sottoponevano alla sanzione del Parlamento e alla firma di V. M. una
legge colla quale ordinavasi il generale rilievo dellapopolazione. Quest’operazione diventava
tanto più opportuna in quanto che il numero degli abitanti erasi fin allora
desunto, quasi in tutte le parti d’Italia, dalle note dello stato civile, e
quindi con metodi difettivi come quelli che in breve giro d’anni lasciano
introdurre gravi alterazioni dipendenti dallo spostamento degli abitanti e da altre mutazioni, che non si
possono accertare se non col mezzo dì un’anagrafe contemporanea e nominativa.
Angusto era il termine prefisso ai lavori preparatorii del censimento, difficili
le circostanze nelle quali esso doveva compiersi. Tuttavia non è immodestia il
dichiarare come tutti, amministrati e amministratori, abbiano fatto il debito
loro, e come in tempo breve a sì grand’uopo e con spesa affatto modica siasi
potuto mandare ad effetto un’operazione nuova per la maggior parte delle
provincie de1 Regno, e ad ogni modo, ardua e delicata quant’altra mai.
A guarentigia di sua esattezza stanno lo spontaneo e sollecito concorso della
cittadinanza, l’intelligente ed attiva cooperazione delle magistrature provinciali
e municipali, ma più che altra cosa la saviezza della legge che tracciò le basi
del lavoro, ordinandolo dietro l’esperienza e l’esempio delle più colte nazioni
d’Europa, e le ultime e più sicure conclusioni della scienza statistica, senza
dimenticare le minute e pratiche necessità della nostra
nostra amministrazione. La copiosa suppellettile poi de’ fatti raccolti,
sottoposta al sindacato della Direzione di statistica,
non ha cifra o notizia che non sia passata al cribro di più riscontri
tutti minuziosi e pazientissimi.
Nell’assoggettare adunque all’esame di V. M. i risultamenti di questa
statistica della popolazione, io ho la ferma fiducia che, come niun lavoro
analogo è stato compiuto fin qui contemporaneamente sopra tanta estensione di
terra italiana, così niuna anagrafe pregressa può contendere coll’attuale in
significazione ed importanza.
Gli ultimi stati della popolazione raccolti per cura delle Amministrazioni
cadute ad epoche diverse, ma ad ogni modo poco discoste da noi, davano alle
regioni onde ora componesi il Regno d’Italia la cifra di 21.601.126 abitanti.
Al 1° gennaio 1862 la popolazione di fatto delle 59 provincie del Regno toccava
la cifra di 21.776.953. Nell’intervallo
adunque fra i rilievi ufficiali anteriori e quello ordinato da V. M. v’ha un
accrescimento di 175.827 abitanti o dello 0,81 per cento.
Ove la popolazione fosse cresciuta in ragione degli aumenti annui
medii, determinati dal confronto dei vari censimenti, essa doveva essere al
31 dicembre 1861 di 22.234.859 abitanti.
Ma anche i risultati conseguiti ponno ritenersi come soddisfacenti,
ove si faccia ragione alle gravi circostanze occorse durante il grande atto
del nostro rinnovamento, la guerra cioè e le subite mutazioni politiche ed amministrative
Non è dubbio che al ritorno delle condizioni normali, rotti i claustri
regionali, che prima facevano angusta la patria agli Italiani, agevolati i commerci
e le comunicazioni, e quindi data la facoltà alla popolazione dì adagiarsi dove
più le faccia grado, questa si espanderà, moltiplicherà se stessa, e in pochi
anni conseguirà una ragione di incremento anche superiore a quella, già notevole,
che prima ne segnava il progresso. (…)