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 2008  maggio 13 Martedì calendario

Il ministro della Funzione pubblica non ha portafoglio, ma è molto importante: governa su tre milioni e mezzo di statali

Il ministro della Funzione pubblica non ha portafoglio, ma è molto importante: governa su tre milioni e mezzo di statali. Ai tempi di Prodi, questo incarico era andato a Luigi Nicolais, diessino, napoletano, chimico di professione. Nicolais voleva buttare fuori uno statale su tre. Fu facilmente neutralizzato. Adesso il ministro della Funzione pubblica è Renato Brunetta, forzista, economista, piccolino di statura, assai vivace. andato al Forum della Pubblica Amministrazione e ha pronunciato questa frase: «I dipendenti fannulloni vanno semplicemente licenziati». Poi è andato a Porta a porta, ha ripetuto il concetto e ha aggiunto: «Non è possibile che non ci sia neanche un licenziamento e neanche la cassa integrazione». Brunetta spara a zero da sabato scorso, quando si fece intervistare dalla Stampa e spiegò che in due-tre anni metterà gli italiani in grado di interagire con la Pubblica amministrazione attraverso internet. Aggiunse: i sindacati non riusciranno a rubarmi più del 10m per cento del mio tempo, che per il 90 per cento sarà interamente dedicato alla soluzione dei problemi.

• Lei ci crede?
Alla buona fede del ministro sì. Al fatto che effettivamente si possa far qualcosa... beh, è difficile. Intanto c’è An, il partito più statalista che ci sia. Poi ci sono naturalmente i sindacati, che adesso lasciano parlare, ma si preparano a mettersi di traverso come hanno sempre fatto. I sindacati, nell’organizzazione dello Stato, non sono dei semplici difensori dei diritti dei lavoratori: hanno spessissimo una funzione direttiva, cioè i capi degli uffici non possono introdurre cambiamenti o migliorie senza discuterne prima con loro. Poi ci sono i giudici del lavoro e i medici che rilasciano i certificati: due formidabili alleati degli assenteisti, che hanno dalla loro parte, oltre tutto, le leggi (compresa quella della privacy). Poi c’è la stessa organizzazione della Pubblica amministrazione: non si contano gli uffici dove nessuno fa niente perché non c’è niente da fare. Infine, come si può cambiar tutto senza allearsi con quelli che la Pubblica amministrazione la fanno funzionare? A questi non si tratta solo di dare degli incentivi economici, che pure ci vogliono. C’è anche bisogno di una motivazione morale. La motivazione si trasmette facendo sapere a queste persone che lo Stato si è accorto di loro, che lo Stato è consapevole di quanto siano preziose e che lo Stato creerà le condizioni perché le loro fatiche siano compensate. Chi però può trasmettere credibilmente un messaggio simile?

Quanti saranno poi questi eroi della Pubblica amministrazione?
Si dice che gli statali si dividono in tre classi: gli eroi che si sono caricati e si caricano tutto sulle loro spalle; quelli che fanno il minimo indispensabile; quelli che non fanno assolutamente nulla o perché assenti o perché, se presenti, si imboscano subito da qualche parte.

Ma questa storia dell’assenteismo o del fannullonismo è poi vera? Non sarà un’esagerazione leghista o simili? Perché poi i sindacati negano sempre.
Non scherziamo. Qualunque cosa dicano i sindacalisti - che sono parte in causa e tra i primi responsabili dello sfascio -, i dati di qualunque fonte sono incontrovertibili. Parlo dei dati Istat o di quelli della Ragioneria: l’assenteismo reale nella pubblica amministrazione – cioè al netto di ferie, scioperi e assenze non retribuite – è pari a 40 giorni lavorativi medi l’anno. Le donne fanno più assenze degli uomini, la stragrande maggioranza dei certificati medici sta sotto la settimana, insomma tutti i numeri dicono che si tratta troppo spesso di malcostume o di malafede. Ogni tanti i giornali si occupano di qualche caso abnorme: il professor M che mancava da scuola l’80 per cento del tempo e non si è ancora riusciti a licenziare, i dipendenti ospedalieri di Perugia che si facevano registrare l’ingresso da amici compiacenti a cui avevano prestato il badge e che, dopo essere stati addirittura arrestati, vennero reintegrati nel posto di lavoro.

• Brunetta sembra intenzionato a colpire.
Ho paura della foga con cui è partito. Bisogna ragionare bene prima di muoversi e introdurre intanto piccoli cambiamenti ficcanti. Oggi il medico fiscale è scelto dal lavoratore. Perché non farlo scegliere, invece, dall’azienda? I tornelli agli ingressi vanno resi attivi anche per le uscite. Eccetera.

• E sull’organizzazione?
Prima di procedere, io farei una sperimentazione in una zona ristretta: sei mesi di lavoro, applicando criteri e regole totalmente nuovi. Si verifica, si corregge e poi si estende il metodo su scala nazionale. Gettarsi in questa guerra alla cieca e senza un piano dettagliato su come neutralizzare il nemico nelle varie fasi della battaglia mi pare invece molto perdente. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 13/5/2008]