Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  agosto 03 Domenica calendario

Fervono le discussioni in famiglia sul fatto che tornano i grembiuli a scuola, gli esami di riparazione e soprattutto il sette in condotta

Fervono le discussioni in famiglia sul fatto che tornano i grembiuli a scuola, gli esami di riparazione e soprattutto il sette in condotta...

Sul sette in condotta ho sentito due giudizi. Primo: «Era ora». Secondo: « un ritorno al passato, i problemi sono ben altri».
Sì, per esempio la scrittrice Sivlia Pingitore, 24 anni e già autrice di un romanzo intitolato Via di Ripetta 218, ambientato nel Liceo artistico di Roma (che sta appunto in via di Ripetta): «Sembra che l’Italia non abbia voglia di avere ragazzi istruiti. Invece di andare avanti si torna indietro: queste misure distolgono l’attenzione dai veri problemi della scuola, si giudica la condotta, si discute di introdurre il grembiule mentre si tagliano i fondi alla scuola pubblica. Bocciare per la condotta è l’ultima delle soluzioni e non restituirà alla scuola autorità: ai bulli, quelli veri, non importa perdere l’anno».

Come! «Bocciare per la condotta»?
Beh sì. Il disegno di legge prevede che se uno prende cinque in condotta (“cinque”, non “sette”) non sia ammesso all’anno successivo, anche se ha 8 e 9 in tutte le materie. Ho detto “disegno di legge”: significa che c’è il sì del governo, ma non quello delle Camere. Ne sentiremo di tutti i colori prima dell’approvazione finale e non è detto che il Parlamento metta in mare la stessa barca che ha costruito il ministro. Sul grembiule poi non c’è nessuna decisione generale, ma solo la possibilità per gli istituti di adottare, se credono, la divisa. La ministra ha avuto la cattiva idea di citare uno stilista che sarebbe pronto a disegnare il prototipo del costume scolastico nazionale. E mi cascano le braccia, naturalmente. L’unico senso del grembiule è di introdurre una nota di eguaglianza, di semplicità, di sobrietà in un universo pieno di colori falsi e di stili pacchiani. Mi viene in mente Roberto Capucci, il quale, stigmatizzando il nostro modo di vestire – griffato e proprio per questo sciatto e caciarone – esaltava la divisa blu imposta ai cinesi da Mao come un esempio di rigore ed eleganza. Infine, anche sull’esame a settembre, non c’è il progetto di reintrodurlo: si continuerà col sistema dei debiti e dei corsi di recupero, facendo cominciare le lezioni un po’ più tardi (il 10 settembre) e facendole finire il 9 giugno.

Secondo me la Pingitore ha ragione in questo: non è che col cinque in condotta i ragazzi diventeranno più colti.
Neanche più ignoranti, però. Domando, a lei e alla Pingitore: si può imparare senza studiare? Si può imparare senza stare attenti? Si può imparare senza star concentrati? Perché nelle biblioteche di tutto il mondo (comprese quelle italiane) vige la regola del silenzio assoluto? Qual è la pre-condizione per imparare qualcosa? Come mai il problema della disciplina e della rigorosa osservanza delle regole stabilite è così stringente nelle squadre di calcio? Una società calcistica che non applicasse al suo interno il “cinque in condotta” vincerebbe lo stesso? Mi ricordo qualcosa di fascinosamente in-disciplinato con il Cagliari di Scopigno e magari il ministro Berlinguer, quando decise che la condotta non poteva influenzare il profitto, pensava a quella squadra. Forse Gigi Riva potrebbe raccontarci qualcosa sulla creatività eccezionale di quel gruppo. Ma la scuola è un’istituzione di massa che non può essere progettata su docenti eccezionali e su studenti eccezionali. Deve essere costruita invece ipotizzando scolari e insegnanti di livello medio se non addirittura medio-basso. l’unico modo per aiutare i meno dotati o gli svogliati o gli incoscienti a tirar fuori qualcosa da se stessi. Nel mondo reale, la disciplina serve. E ha un contenuto educativo in sé. Quindi serve due volte.

In che senso «ha un contenuto educativo in sé»?
Faccio parlare Innocente Pessina, il preside del Berchet di Milano, uno che ha punito gli studenti villani mandandoli a fare volontariato: «Il voto di comportamento è uno strumento tecnico ma anche educativo. La condotta è una materia come le altre, anzi vale forse più delle altre. Almeno per chi pensa che la scuola non debba solo insegnare il greco, ma anche il rispetto, i valori civili, il controllo di sé».

A proposito, ho visto che vogliono insegnare anche la Costituzione.
E l’Educazione civiva. Trentatrè ore l’anno, anche poche, guardi. Che i ragazzi (e i genitori) capiscano di vivere in una comunità, che questa comunità ha delle regole e che queste regole sono il risultato di un processo storico... Che lo capiscano e che per capirlo abbiano la buona creanza di stare zitti ad ascoltare. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 3/8/2008]