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 2009  ottobre 03 Sabato calendario

Ci sono posti dove la pioggia ha effetti non troppo diversi da quelli del terremoto. Tra questi, la Sici­lia orientale e in particolare il Mes­sinese dove tre ore di pioggia inten­sa giovedì pomeriggio hanno pro­vocato frane e ondate di fango, quindi crollo delle case, blocco di autostrade, morti e feriti

Ci sono posti dove la pioggia ha effetti non troppo diversi da quelli del terremoto. Tra questi, la Sici­lia orientale e in particolare il Mes­sinese dove tre ore di pioggia inten­sa giovedì pomeriggio hanno pro­vocato frane e ondate di fango, quindi crollo delle case, blocco di autostrade, morti e feriti. Per l’esattezza, 20 morti e 400 feriti, numeri destinati ad aumentare perché le persone che non si trova­no sono ancora molte.

Colpa della speculazione edili­zia?
Colpa della speculazione edilizia, come hanno detto ieri un po’ tutti. Un territorio attraversato da undici fiumi è stato squilibrato con tonnellate di cemento armato destinate a palazzine e villette. Quando è arrivato il momento, il sistema non ha resistito alle sollecitazioni. Un’anteprima di quel che è accaduto ieri s’era avuto nel 2007: il paese di Giampilieri, battuto per 50 minuti dalla pioggia, era stato devastato da una frana, ma senza che ci fossero morti. Amministratori saggi avrebbero preso l’episodio come un allarme e fatto qualcosa. E in effetti qualcosa è stato fatto: si sono prodotti studi di molte pagine e sono anche stati stanziati prima 11 milioni e poi 900 mila euro, con i quali si sarebbe dovuto mettere in sicu­rezza l’area. Ma è stata impiega­ta una parte minima di quella somma e s’è fatto pochissimo, come s’è visto ancora ieri: un ter­razzamento a monte della via Palombara, dove infatti i danni sono limitati. E basta. Del resto un rapporto di qualche giorno fa mostrava che almeno un quin­to dei soldi stanziati dai ministe­ri restano inutilizzati perché gli enti locali sono pigri oppure per­ché non sanno come fare, soprat­tutto perché le procedure per ac­cedere ai fondi sono talmente farraginose che a un certo pun­to si rinuncia. Sa quanti soldi stanziati sono lì a disposizione e non si riescono a prendere? No­vanta miliardi di euro.

Mamma mia. Esattamente, qua­li sono le zone colpite nel Messi­nese?
Come ho già detto, Giampilie­ri, a 20 chilometri dal capoluo­go, è il paese più martoriato. In genere è devastata la zona co­stiera a sud della città, Scaletta Marina, Briga, Giampilieri, Sca­letta Zanclea. Sono 3 chilome­tri quadrati e mezzo. A Giampi­lieri è successo quello che è suc­cesso perché ha ceduto uno co­stone di roccia.

La situazione è in via di miglio­ramento?
La Protezione civile è intervenu­ta subito con 500 uomini, stava monitorando la situazione dal­l’altro ieri. Poi: vigili del fuoco, 118, aeronautica, capitaneria di porto, molti volontari che scava­no con le mani nel fango per rag­giungere gli infelici che sono ri­masti sotto. Da Pisa è arrivata una squadra esperta nella ricer­ca dei dispersi. Per esempio, Giu­seppe De Luca. Era uscito col fi­glio di 7 anni, poi è arrivato il nu­bifragio e s’è messo in salvo, ma la sua casa, dove erano rimaste la moglie e la figlia di 4 anni, è stata spazzata via. Lui è due gior­ni che vaga chiamando dispera­tamente moglie e figlia. A Scalet­ta sono venuti giù gli ultimi due piani di una palazzina. Un’altra donna, arrivata a Messina via mare, ha detto che «a un tratto tutto ha cominciato a muoversi e mi sono trovata con la casa sbalzata. Ancora non so cosa sia successo. So solo che mi sono tro­vata sommersa dalle macerie. La casa dove abito si è inclinata su un lato». Questa donna è arri­vata a Messina via mare perché treni e autostrade sono isolati. In particolare, la Messina-Cata­nia (A18), la statale 114 e il tratto ferroviario Giampileri-Scaletta. L’unico altro modo per raggiun­gere i luoghi della sciagura è an­dare a piedi.

Il premier Silvio Berlusconi è già arrivato sul posto?
Fino a questo momento, no. C’è però una dichiarazione di Napolitano piuttosto dura. «O c’è un piano serio, che preferi­sca agli investimenti in opere faraoniche la messa in sicurez­za del Paese oppure si potran­no avere altre sciagure». chia­ra l’allusione al Ponte sullo Stretto, che ieri è stato attacca­to anche da molte organizza­zioni ambientaliste. Il presiden­te della Repubblica si rifaceva a una dichiarazione di Bertola­so, piuttosto sconsolata: «Più di questo non potevamo fare: o si fa una grande opera di messa in sicurezza di tutto il territorio nazionale o queste tragedie so­no destinate a ripetersi».

Perché non ci decidiamo, una buona volta?
Si ricorda il caso del tetto crol­lato in una scuola di Rivoli, con la morte di un povero stu­dente che stava seduto pro­prio là sotto? Si scoprì allora che il 60% di tutti gli edifici che ospitano istituti superiori avrebbero bisogno di interven­ti, cioè appunto di messe in si­curezza. Si tratta più o meno di 40 mila scuole. Era più o me­no un anno fa. Lei ha notizia di qualche intervento? Di qual­che stanziamento arrivato ef­fettivamente nelle mani di chi potrebbe intervenire? Adesso c’è anche la crisi e i soldi che abbiamo dilapidato nell’epo­ca delle vacche grasse non ci sono più. Purtroppo ci ricor­diamo di questi problemi quando crollano le case al­l’Aquila o interi paesi finisco­no sommersi dal fango. E ce ne scordiamo subito dopo. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 3/10/2009]