Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  ottobre 12 Lunedì calendario

Del tutto inatteso, si è svolto ieri il congresso del Partito democra­tico…• Come, “inatteso”? Se era con­vocato da un pezzo?Seneca dice: «Niente arriva co­sì inaspettatamente come la vecchiaia», della cui venuta, tuttavia, ognuno di noi è ben conscio

Del tutto inatteso, si è svolto ieri il congresso del Partito democra­tico…

Come, “inatteso”? Se era con­vocato da un pezzo?
Seneca dice: «Niente arriva co­sì inaspettatamente come la vecchiaia», della cui venuta, tuttavia, ognuno di noi è ben conscio. Allo stesso modo: del congresso democratico s’è tan­to parlato, ma con l’aria che si trattasse di un evento lontano, forse addirittura non troppo probabile. E invece… D’altra parte non si deve neanche chia­marlo congresso. La parola giu­sta è ”convenzione”, perché an­che quelli del Pd, in definitiva, non sapevano bene come ma­neggiare questo oggetto miste­rioso. L’assemblea dei delegati – mille persone riunite all’hotel Marriot di Roma – ha ascoltato tre soli interventi. Quelli dei tre candidati al posto di segre­tario, vale a dire, come si sa, Bersani, Franceschini e Mari­no. All’inizio un messaggio di Prodi, che non s’è fatto vedere e ha esortato a svegliare il Pae­se. Niente prediche dei big, niente D’Alema, niente Fassi­no, niente Franco Marini. Vel­troni non è neanche venuto, ha lasciato un biglietto d’auguri ed è andato da Fazio in tv a par­lare del suo romanzo. Dopo po­che ore era tutto finito.

Se le cose stanno così, che si sono riuniti a fare?
Bisognava certificare che i tre candidati alla segreteria erano quelli e solo quelli. Per far que­sto, nei mesi scorsi si sono svol­ti settemila mini-congressi che hanno coinvolto più o meno mezzo milione di iscritti ed elet­to i mille delegati. Esiste una classifica dei tre candidati: Ber­sani ha avuto il 55,1% dei con­sensi, Franceschini, che è il se­gretario in carica, il 36,9, e Ma­rino – Ignazio Marino, medico chirurgo di fama – il 7.9%. Que­ste percentuali dicono e non di­cono. Il segretario infatti usci­rà dalle primarie che si terran­no il 25 ottobre e in cui voteran­no non solo gli iscritti, ma an­che i simpatizzanti. Qui potreb­be avvenire il ribaltone. E cioè Franceschini, nettamente per­dente in questa specie di primo turno, potrebbe far leva sulle parrocchie democratiche, sem­pre ben radicate nel territorio, e far fuori Bersani. Sarebbe un risultato clamoroso. Quando dico ”parrocchie” intendo pro­prio le parrocchie, cioè la Chie­sa. Non dimentichiamoci che il Pd è il risultato della fusione tra i vecchi democratici di sini­stra (o Ds) - ultimo residuo del vecchio Partito comunista - e la cosiddetta Margherita, la pro­paggine estrema della Dc, per lo meno della Dc che accoglie­va i cattolici di sinistra (l’altra Dc è più o meno finita con Ber­lusconi). La Chiesa tifa per Franceschini, anche se non lo dice, e teme moltissimo Mari­no, che era contrario all’accani­mento con cui si tenne in vita Eluana Englaro. Anche nel di­scorso di ieri Marino ha insisti­to sulla ”laicità” del partito, un termine che, nel resto dello schieramento politico, senza di­stinzioni tra centro-destra e centro-sinistra, fa venire l’orti­caria a tutti.

Quindi stavolta saranno prima­rie vere?
E già. E questo è l’aspetto dav­vero interessante della faccen­da. Non solo: lo strano statuto del Pd - che era stato pensato da Veltroni in funzione del fa­moso ”partito liquido”, cioè partito non rigido, giovane, aperto, e compagnia bella – prevede che se nessuno rag­giunge il 50% dei voti più uno alle primarie di iscritti e simpa­tizzanti, tornino in campo i mil­le delegati scelti dagli iscritti (cioè quelli di ieri) e scelgano loro tra i primi due. Si vede su­bito che in questo caso per Ber­sani è fatta. Quindi in questo match è come se si fossero tira­ti i rigori prima della partita, e una delle due squadre, quella cioè che ne ha segnati di più, potesse giocare per il pareggio.

Che differenza c’è fra Bersani, Franceschini e Marino?
Nei prossimi giorni sentirà tut­ti e tre fare a gara su chi è più antiberlusconiano, perché i simpatizzanti sono uniti soprat­tutto dall’odio per il Cavaliere e faranno ai candidati l’esame del sangue su questo. Per il re­sto: di Marino ho già detto e per gli altri due è soprattutto una questione di alleanze. Ber­sani, che sarebbe il candidato della parte diessina del partito, vuole tirar dalla sua Casini e l’Udc, cioè spingere il Pd verso il centro. Franceschini, che do­vrebbe essere il candidato del­l’ala cattolica, vorrebbe riapri­re a sinistra, cioè rimettersi con Bertinotti o i suoi successori, Diliberto, i Verdi e insomma quella costellazione lì. Strano, no?

I big come si sono schierati?
D’Alema, Epifani, Livia Turco, la Finocchiaro, Reichlin, Filip­po Penati, Nicola Zingaretti, l’ex udc Marco Follini stanno con Bersani. Veltroni, Fassino, Cofferati, Rutelli (che però è in odore di mollare tutto e farsi un partito suo), Morando, la Serracchiani con Franceschini. Bettini, il sindaco di Genova Marta Vincenzi, Beppino Engla­ro, Pietro Ichino, Paola Concia con Marino. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 12/10/2009]