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 2010  aprile 20 Martedì calendario

Cominciamo dal bollettino italiano, che a questo punto vale la pena citare tra virgolette: «Alitalia informa che, in seguito al nuovo stop dell’Enac, fino alle ore 08

Cominciamo dal bollettino italiano, che a questo punto vale la pena citare tra virgolette: «Alitalia informa che, in seguito al nuovo stop dell’Enac, fino alle ore 08.00 di domani martedì 20 aprile (oggi per chi legge – ndr) sono cancellati i voli da e per Milano Linate, Milano Malpensa, Bergamo, Torino, Genova, Verona, Venezia, Trieste, Firenze, Ancona e Bologna. Restano sospesi anche i collegamenti con le città di Londra, Amsterdam, Parigi e Bruxelles fino alla riapertura dei rispettivi aeroporti. Analoghe le disposizioni di Meridiana, che invita a non recarsi in aeroporto e a rivolgersi al call center».

E poi?
E poi non si sa. Le autorità procedono a vista, a seconda degli spostamenti della nuvola.

Dove si sta dirigendo?
Verso sud. Entro stanotte il nostro cielo e quello della Grecia dovrebbero essere completamente coperti dalle ceneri emesse dal vulcano Eyjafjallajokull, il quale tuttavia – secondo quanto comunicano gli scienziati islandesi – starebbe adesso emettendo soprattutto lava, con scarsa presenza d’acqua e molta meno cenere di prima. Consolante, se non fosse che s’è messo a eruttare anche l’Hekla, il vulcano islandese più attivo e temibile, che dal 1979 a oggi è entrato in attività una volta ogni dieci anni. L’ultima, appunto, nel 2000.

Ma quanti vulcani ci sono in Islanda?
Enzo Boschi, il nostro più celebre vulcanologo, ha spiegato che tutta l’Islanda è un vulcano. «L’Islanda altro non è che un tratto di dorsale oceanica emersa in superficie. Le dorsali sono le lunghe fratture sottomarine che separano due zolle terrestri e da cui fuoriesce una grande quantità di magma. In più, l’Islanda si trova in quello che i geologi chiamano un “punto caldo”, da cui il magma fuoriesce da lungo tempo direttamente dal mantello terrestre». Gli scienziati avevano detto subito che l’Hekla sarebbe potuto entrare in azione. Si teme che possa svegliarsi anche il Laki (nella parte meridionale del Paese) che nel 1783 impestò il continente con 120 milioni di tonnellate di biossido di zolfo, ammazzando migliaia di persone in Inghilterra e anche sul Continente. C’è preoccupazione anche per il Grimsvotn, che sorge sotto il più grande ghiacciaio d’Europa, il Vatnajokull. Qui sono possibili modificazioni importanti sul clima e l’ambiente. Lo zolfo riflette la radiazione solare e può creare un effetto serra alla rovescia.

•  Non è un po’ troppo catastrofista? Per il momento tutti questi pericoli non si vedono.
La pensa come lei anche Giovanni Bisignani, il numero uno della Iata, l’associazione che riunisce 230 compagnie aeree. Bisignani dice che la reazione europea alla nuvola è stata esagerata e non suffragata dai fatti. «Dobbiamo superare questa chiusura generale e trovare meccanismi per aprire flessibilmente lo spazio aereo, passo dopo passo». In pratica la Iata vorrebbe dei corridoi in cui far passare il traffico. Ieri, sui cieli italiani, ne sono stati aperti alcuni per un paio d’ore. L’opinione, sempre più diffusa, che il pericolo della nube sia stato esagerato da dirigenti che non vogliono assumersi responsabilità, deve però fare i conti con l’esperienza di quel caccia della Nato che ha volato in mezzo alle nuvole e s’è trovato con dei pezzi di vetro nel motore: la nube, in questo caso, ha effetivamente fatto dei danni. D’altra parte la perdita economica si conta in 250 milioni al giorno, 300 se si considerano anche i mancati ricavi delle compagnie americane. I treni, d’altra parte, sono presi d’assalto e non c’è più neanche un posto, da noi, fino a lunedì prossimo.

L’arrivo della nuvola sul nostro cielo lo oscurerà? Perché dal Nord non è stato segnalato niente, praticamente non l’hanno vista.
Pascal Acot, scienziato e storico dell’ecologia, ha guidato un piccolo aereo da turismo sui Pirenei, con lo scopo di vedere in qualche modo la nube. Ieri ha raccontato ad Antonio Cianciullo che mai la visibilità gli è parsa tanto buona. La nube quindi non si vede. Dice Acot: è chiaro però che attraversarla è rischioso, si dovrà aggirarla o volare al di sotto dei cinquemila metri, una quota però che fa consumare molto carburante e rende quindi il volo assai più costoso. interessante anche il meccanismo scattato nella nostra testa: ognuno di noi, dentro di sé, ritiene «impossibile» che l’eruzione duri oltre un certo limite. Una settimana ci pare anche troppo. Ma l’ultima volta, nel 1821, Eyjafjallajokull eruttò per più di un anno di seguito. Che accadrà se anche stavolta dovesse andare avanti fino al 2011? [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 20/4/2010]