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 2010  luglio 24 Sabato calendario

Berlusconi ha commentato la decisione della Fiat di andare a costruire la L.0 in Serbia con queste parole: «In una libera economia ed in un libero stato un gruppo industriale è libero di collocare dove è più conveniente la propria produzione

Berlusconi ha commentato la decisione della Fiat di andare a costruire la L.0 in Serbia con queste parole: «In una libera economia ed in un libero stato un gruppo industriale è libero di collocare dove è più conveniente la propria produzione. Mi auguro però che questo non accada a scapito dell’Italia e degli addetti a cui la Fiat offre il lavoro».

Non si voleva riaprire una trattiva?
Sì, il ministro del Welfare, Sacconi, ha convocato le parti per mercoledì prossimo, ore 10, nella sede della Regione Piemonte. Sacconi aveva detto: «Non ho capito. La produzione in Serbia era prima destinata a Mirafiori?». La risposta è sì. Sacconi ha aggiunto: «Tra le organizzazioni firmatarie di Pomigliano d’Arco e la Fiat il dialogo non si è interrotto e confido anche nella Cgil». Maroni ha quasi imprecato: «Fiat in Serbia? Non sta né in cielo né in terra». Il sindaco Chiamparino ha fatto sapere di aver parlato con Marchionne: «A Marchionne ho chiesto che si possa affrontare il nodo Mirafiori e mi è sembrato di trovare da parte sua ampia disponibilità e volontà di non pregiudicare quella ’T’ che nell’acronimo Fiat rimanda a Torino. Dico questo senza indulgere a facili ottimismi».

Ma, volendo, il governo può impedire alla Fiat di andare a fare le macchine in Sebia?
Direi proprio di no. Il governo avrebbe avuto un qualche diritto di parola con gli incentivi o simili. Fiat adesso dallo Stato non prende un euro.

E tutti i soldi ricevuti in passato?
La gratitudine non è di questo mondo, specie quando si parla di business. Del resto, il discorso di Marchionne è stato molto chiaro: se si vuole che la fabbrica resti in piedi bisogna, primo: produrre e vendere sei milioni di pezzi l’anno (non ci siamo ancora), secondo: garantirsi margini sul prodotto, terzo: cercare alleanze, quarto: avere come punto di riferimento il mondo. Se si guardano i numeri, si vede che la Fiat si sta trasformando, e anche piuttosto rapidamente, in un’azienda mondiale. La 500 prodotta in Messico sta andando molto forte in Brasile e negli Stati Uniti. La Uno costruita a Belo Horizonte piace ai brasiliani al punto che la Fiat resta leader di quel mercato con una quota del 23,3% delle vendite e ha rintuzzato bene l’attacco di Gm e Volkswagen. I camion, buco nero del passato, hanno portato molto fatturato dai paesi emergenti, Cina compresa. Il mercato europeo, e in particolare quello italiano, suona una musica completamente diversa. Nel primo semestre Fiat ha perso il 20,6% e controlla adesso solo il 7,4% del mercato. In generale sul nostro continente le vendite di auto a giugno sono calate del 6,2%. Per esempio: Germania: -32,3, Italia -19,1, Francia -1,3. Non è un caso che l’annuncio dello spin off e della Serbia – l’annuncio di cui abbiamo parlato l’altro giorno – sia stato dato da un consiglio d’amministrazione riunito a Auburn Hills, negli Stati Uniti. La Chrysler ha dato, al processo di internazionalizzazione dell’azienda, il colpo decisivo.

Okay, ma questa L.0 non si poteva fare a Torino?
In Serbia ci sono alcuni vantaggi molto concreti. Intanto le autorità di Belgrado hanno messo sul piatto un contributo di 250 milioni che uniti ai 350 di Fiat e ai 400 della Bei (Banca Europea degli Investimenti) fanno un miliardo di euro a disposizione. Inoltre, come ha spiegato Giorgio Airaudo, responsabile nazionale Fiom per il settore auto, «in base all´accordo firmato due anni fa dal governo di Belgrado e dal Lingotto, lo Stato paga la bonifica dello stabilimento e cede la proprietà alla Fiat. La bonifica è costosa. La fabbrica, la vecchia linea produttiva della Zastava, è stata bombardata dagli aerei Nato nel ‘99, durante la guerra che divise l’ex Jugoslavia. Nell’area sono disperse 370 tonnellate di diossine e altri veleni. Dei 2.600 ex dipendenti della vecchia Zastava la Fiat ne ha assunti solo 1.000 lasciando gli altri a libro paga dello Stato serbo fino a quando la salita produttiva del nuovo modello non consentirà nuove assunzioni. Per ogni dipendente assunto la Fiat, in base all´accordo, riceve 10.000 euro di finanziamento pubblico. Inoltre per dieci anni il Lingotto non pagherà tasse né al governo di Belgrado né al comune di Kragijevac».

Capisco. Allora perché inizialmente era stato comunicato che la L.0 si sarebbe costruita a Mirafiori?
Credo che Marchionne stesse fortemente puntando a un risultato positivo del referendum di Pomigliano. Che invece, dal punto di vista del Lingotto, non è andato bene: quasi 4 no su 10 e quasi 5 no su 10 da quelli del montaggio. La Fiat, che in questo momento è forte, vuole un sindacato totalmente al suo fianco, senza se e senza ma. Come il sindacato americano, la Uaw, che non cessa per un minuto di tessere le sue lodi. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 24/7/2010]