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 2010  settembre 01 Mercoledì calendario

Dopo quella di Messina, c’è un’altra brutta storia di personale sanitario che litiga. A Roma, Policlinico Casilino, un bambino, di nome Jacopo, nato apparentemente senza problemi, è morto dopo due giorni di vita

Dopo quella di Messina, c’è un’altra brutta storia di personale sanitario che litiga. A Roma, Policlinico Casilino, un bambino, di nome Jacopo, nato apparentemente senza problemi, è morto dopo due giorni di vita. I medici l’avevano messo in incubatrice perché era venuto al mondo con due settimane d’anticipo. Il padre: «Aveva problemi respiratori, la mattina dopo ci hanno detto che durante la notte si era tolto il tubo da solo». A vuoto anche il tentativo di trasferirlo in una struttura ospedaliera più attrezzata (Bambin Gesù o Umberto I). Il padre: «Se c’è qualcuno che ha sbagliato paghi».

A che punto è avvenuto il litigio?
Poco prima del parto. Si sarebbero presi a male parole, senza passare ai cazzotti come a Messina, due ostetriche e un medico. Ragione della litigata: la modalità di intervento. Il padre dice: «Le due donne volevano tagliare subito, ma il medico non ha voluto». Probabilmente il litigio non ha avuto influenza sulla tragedia successiva. Però medici che si prendono a pugni o a parolacce sono quanto di più scoraggiante. A Messina insistono che la scazzottata in sala operatoria non ha avuto conseguenze: alla donna – secondo i medici – sarebbe stato tolto l’utero in ogni caso. E il bambino, che molto probabilmente non recupererà mai del tutto, avrebbe in ogni caso avuto problemi. Sembra un fatto accertato però che il ritardo di un’ora e mezza sia stato provocato dal litigio. L’interesse privato dei medici in questione – interesse di potere e di soldi – ha giocato una parte decisiva nello scontro. È venuta fuori tanta invidia, un odio che si è giocato sulla pelle della puerpera e del bambino.

La questione sta tutta nel cesareo?
Nel caso di Messina non solo. Il medico giovane sentiva la paziente come cosa sua e voleva seguirla in sala operatoria a prescindere. La responsabilità in sala operatoria – a quanto ci hanno spiegato da quando il caso è scoppiato – è però del medico di guardia. Mi pare che ci sia anche un’evidente mancanza di direzione. Del resto, ci sono stati sospensioni e licenziamenti, ci sono indagini della Procura sia a Messina che a Roma.

Però esiste una questione relativa ai parti cesarei, no? In Italia se ne farebbero troppi…
Nel 1981 i parti cesarei in Italia, come risulta dal censimento di quell’anno, erano l’11 per cento del totale. Una cifra persino inferiore a quella che pretende l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che raccomanda di non scendere sotto al 15%. Poi è cominciata l’era dei Drg – Diagnosi related group – inventati negli ospedali Usa. La logica è questa: non ti rimborso più in base ai giorni di degenza, ma ti do una cifra fissa per ogni ricoverato. Ammettendo però che, se sorgono complicazioni, ti riconoscerò un di più prefissato. L’intervento chirurgico è naturalmente sempre un “di più”. Ricorda lo scandalo della clinica Sant’Anna? Dalle intercettazioni telefoniche sembrava di capire che i medici tendessero a un ipertrattamento, in modo da farsi rimborsare più soldi. Una nascita naturale senza complicazioni rende, in base al tariffario nazionale, 1.489,46 euro più 307 euro per ogni giorno di ricovero. Il cesareo vale quasi mille euro in più (2.359,69) e più del doppio (3.371) in caso di complicazioni. Ergo: adesso il 38% dei parti avviene con cesareo.

Non si potrebbe eliminare questo Drg?
Veronesi lo difende, «ha azzerato i ricoveri inutili e cancellato il concetto di ospedali come “parcheggio” per malati cronici». Ed è infatti vero che le giornate di degenza sono scese mediamente dai 7,2 giorni del 1997 ai 6,7 di adesso. Lo stesso Veronesi però avverte del pericolo che «gli ospedali trattino i pazienti più sulla base della convenienza economica che su quello che serve per garantire la guarigione».

Come si fa a esser certi che i cesarei sono troppi? Che dietro ci sia un qualche imbroglio?
I numeri parlano chiaro. Intanto c’è il confronto con gli altri paesi: Olanda, 13% di cesarei; Francia, 20%; Gran Bretagna, 23%; Germania, 24%; Stati Uniti, 32%; Italia, 38%. Poi, all’interno di queste percentuali, c’è il solito, disperante divario tra Nord e Sud. Tutte le regioni sono ampiamente sopra il 15% raccomandato dall’Oms. Ma il Friuli (il più virtuoso) sta al 23,77, la Lombardia al 28,71, il Piemonte al 31,55. Mentre Basilicata, Puglia, Molise, Campania, Sicilia sono oltre il 45%. La Sicilia sta al 53,14. La Campania addirittura al 62,24. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 1/9/2010]