1 novembre 1911
Tags : Il colonialismo italiano
Gavotti racconta del primo bombardamento aereo
• «Ho
deciso di tentare oggi di lanciare delle bombe dall’aeroplano. È la prima volta
che si tenta una cosa di questo genere e se riesco sarò contento di essere il
primo. Appena è chiaro sono nel campo. Faccio uscire il mio apparecchio. Vicino
al seggiolino ho inchiodato una cassettina di cuoio; la fascio internamente di
ovatta e vi adagio sopra le bombe con precauzione. Queste bombette sono sferiche e pesano circa un chilo e
mezzo. Nella cassetta ne ho tre; l’altra la metto
nella tasca della giubba di cuoio. In un’altra tasca ho una piccola scatoletta
di cartone con entro quattro detonatori al
fulminato di mercurio. Parto felicemente e mi
dirigo subito verso il mare.
• Arrivo fin sopra la “Sicilia” ancorata a ovest di
Tripoli dirimpetto all’oasi di Gurgi, poi torno indietro, passo sopra la “Brin”,
la “Saint Bon”, la “Filiberto” sui piroscafi ancorati in rada. Quando ho
raggiunto 700 metri mi dirigo verso l’interno. Oltrepasso la linea dei nostri
avamposti situata sul limitare dell’oasi e mi inoltro sul deserto in direzione
di Ain Zara, altra piccola oasi dove avevo visto nei giorni precedenti gli
accampamenti nemici (circa 2000 uomini). Dopo non molto tempo scorgo
perfettamente la massa scura dell’oasi che si avvicina rapidamente. Con una
mano tengo il volante, coll’altra sciolgo il corregile che tien chiuso il
coperchio della scatola; estraggo una bomba, la poso sulle ginocchia. Cambio
mano al volante e con quella libera estraggo un detonatore dalla scatoletta e
lo metto in bocca. Richiudo la scatoletta; metto il detonatore nella bomba e
guardo abbasso. Sono pronto. Circa un chilometro mi separa dall’oasi. Già vedo
perfettamente le tende arabe. Vedo due accampamenti vicino a una casa quadrata
bianca, uno di circa 200 uomini e l’altro di circa 50.
• Poco prima di esservi
sopra afferro la bomba colla mano destra; coi denti strappo la chiavetta
di
sicurezza e butto la bomba fuori dall’ala. Riesco a seguirla coll’occhio
per
pochi secondi poi scompare. Dopo un momento vedo proprio in mezzo al
piccolo
attendamento una nuvoletta scura. Io veramente avevo mirato il grande ma
sono
stato fortunato lo stesso; ho colpito giusto. Ripasso parecchie volte e
lancio
altre due bombe di cui però non riesco a constatare l’effetto. Me ne
rimane una
ancora che lancio più tardi sull’oasi stessa di Tripoli. Scendo molto
contento
del risultato ottenuto. Vado subito alla divisione a riferire e poi dal
Governatore gen. Caneva. Tutti si dimostrano assai soddisfatti». (La
lettera
datata 1 novembre è stata scritta da Giulio Gavotti a suo padre. È stata
resa pubblica da Paolo De Vecchi, nipote dell’aviatore). [Paolo de
Vecchi, Aerostoria]