23 luglio 1981
Tags : Roberto Peci
Clemenza per Roberto Peci?
• Alle
17.45 un donna telefona a Radio Popolare e annuncia la liberazione
dell’ingegner Sandrucci a Milano, in via Martiri Oscuri. Vanno, ma non si trova
nulla: era un depistaggio. Davvero Sandrucci è libero, ma è stato lasciato tra
Sesto San Giovanni e Milano, in via Adriano 81, davanti al vecchio ingresso
della Magneti Marelli. Intontito col cloroformio ma in buone condizioni, è sul
sedile posteriore di una Alfa Romeo Giulia bianca (risultata rubata con targa
falsa). Rasato, le mani legate, indossa una tuta da operaio con lo stemma
dell’Alfa Romeo, gli occhi sono coperti da cerotti, ha dei batuffoli di cotone
nelle orecchie e gli occhiali da sole. Nell’auto un’agenda, un ombrello una
carta geografica, un nastro con canzoni, una bomboletta spray. A Roma si trova
un volantino firmato Brigata XXVIII marzo: «Noi riteniamo che nei confronti di
Roberto Peci, che ha riconosciuto i propri misfatti e ha fatto autocritica di
fronte a tutto il proletariato, si possa applicare la tradizionale clemenza
rivoluzionaria».
•
«Siamo
qui che aspettiamo, sospesi tra la condanna a morte delle Br e quell’accenno di
clemenza. Noi, tutto quello che potevamo fare lo abbiamo fatto. Adesso non
abbiamo più forze né possibilità, siamo svuotati di tutto, facciamo fatica
anche a sperare». [Ida Peci a Ezio Mauro, La Stampa 24/7/1981]